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Notizie dalla Diocesi

Chiesa e Università per un nuovo umanesimo

considerazioni all'inizio di un nuovo anno accademico

Anche come Ufficio Diocesano Cultura e Università riteniamo opportuno unire la nostra voce ecclesiale a quella di tanti altri che, anche all’inizio del nuovo anno accademico, dedicano la loro attenzione all’urgenza del rinnovamento dell’università. Facendo ciò ci poniamo nel contesto del progetto. “La Chiesa e l’Università per un nuovo umanesimo in Europa” portato avanti unitariamente dalle Chiese europee, dal Giubileo del 2000 ad oggi, in ripetuti incontri di docenti e studenti universitari. In altri momenti ci siamo già occupati, e continueremo a farlo, dei problemi della qualità dello studio e della ricerca universitaria, come dei problemi dei contenuti e delle forme del sapere universitario e dei rapporti ragione e fede all’interno dell’università laica. Ora, insieme a molti altri, ci fermiamo su due problemi urgenti che meritano una riflessione e una libera discussione per l’incidenza rilevante che essi hanno nel rinnovamento auspicato dell’università: l’accesso alle facoltà universitarie a numero chiuso; il proliferare dei corsi. E’ vero che, in nome della loro fede cristiana, i cattolici non hanno una tesi e una proposta propria da sostenere e proporre unitariamente su questi problemi; ma è altrettanto vero che, ispirandosi ai valori evangelici, possono dare contributi preziosi in dialogo con tutti.

Prima di tutto entriamo in dialogo con Roberto Perotti, che, su Il Sole 24 ORE  del 12 settembre, si è fermato sulla situazione connessa alle facoltà universitarie a numero chiuso con un articolo in prima pagina dal titolo fortemente critico: “Con i quiz paralleli strada chiusa per i talenti”. E subito viene posto il problema: “Siamo tutti d’accordo che per tornare a crescere è necessario investire in capitale umano; ma ugualmente importante è anche che i talenti siano allocati nel modo migliore…E’ per questo che i test di ammissione che si stanno svolgendo in tutta Italia sono di importanza capitale: essi dovrebbero assicurare che gli studenti più portati a fare i medici vengano ammessi a Medicina, e i migliori fra di essi nelle facoltà migliori. Ma il sistema attuale sembra fatto apposta per ottenere l’effetto opposto”. In questa sede, nel quadro di un libero contributo alla discussione, esprimiamo tre osservazioni. Prima di tutto riteniamo positivo che Perotti abbia risollevato il problema in questi giorni, perché riteniamo che il problema esiste oggettivamente e deve essere sollevato e discusso in piena libertà. Ciò al di là di espressioni un po’ forti usate dall’autore. Inoltre ci sembra positivo il tentativo di fare proposte alternative, rimanendo nel quadro del sistema delle facoltà a numero chiuso. E ,nel quadro delle proposte alternative da lui avanzate, l’ultima ci sembra piuttosto valida. Essa è così formulata dall’autore: “Come ora, lo stesso test viene amministrato in tutte le università (o in altre sedi opportune, non importa) lo stesso giorno; ma la classifica è nazionale, non più specifica di ogni università. Lo studente con il miglior risultato in Italia sceglie dove andare, quindi il secondo e così via, fino a quando ogni università ha esaurito i propri posti. Questo sistema è più efficiente, perché elimina l’enorme spreco di talenti; non conta dove si fa il test, conta solo quanto si è bravi”. Forse potrebbero sorgere delle difficoltà nel gestire concretamente questo sistema, ma discuterne è più che opportuno.    

Per il problema del proliferare dei corsi universitari entriamo in dialogo con Enrico Lenzi, che sulla rivista delle ACLI Azione sociale (n.4,2009) è intervenuto con un ampio e documentato studio dal titolo provocatorio: “Università: a chi servono tanti corsi?”. Lenzi sintetizza la sua analisi critica in questi termini: “Il sistema universitario italiano dal 2001 ha raddoppiato le sue dimensioni e la sua diffusione territoriale. Non sono buoni però i dati sulla qualità generale degli atenei e sul collocamento professionale dei laureati italiani. Un’esplosione di offerta formativa cui il ministero ha pensato di porre un limite, stabilendo nuovi criteri per i finanziamenti”. Anche nelle nostre Marche e nella nostra Fermo il problema merita di essere discusso, affinché il futuro delle nostre realtà universitarie sia degno del ruolo fondamentale che devono svolgere nella società.

 

Mons. Duilio Bonifazi

direttore Ufficio  diocesano Cultura, Università, Scuola

 

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