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In ascolto di don Milani
Data pubblicazione : 20/12/2018
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Riviviamo, in questo commento di Francesco Sandroni, l'incontro del 30 Novembre con il prof. Federico Ruozzi, curatore dell'opera omnia del sacerdote di Barbiana

In occasione delle celebrazioni del cinquantesimo anno dalla scomparse di don Lorenzo Milani il Centro Culturale San Rocco ha organizzato venerdì 30 novembre un incontro con Federico Ruozzi, ricercatore di storia del cristianesimo all’Università di Modena e Reggio Emilia e curatore del volume “Tutte le opere” di don Lorenzo Milani (Mondadori). In occasione dell’incontro è stata anche proiettato nella Sala San Rocco il film-documentario “Barbiana ‘65” di Alessandro d’Alessandro.
La sala, inaspettatamente gremita di gente di ogni età, dai più attempati testimoni degli anni ’60 a giovanissimi ragazzi presenti forse per colmare alcune curiosità su un personaggio ancora presente nel panorama culturale italiano, ha ascoltato un’interessante ricostruzione storica da parte del dott. Ruozzi, ricostruzione che ha avuto il compito di demitizzare la figura di don Milani, troppo spesso tirato per la giacca da varie direzioni ma nessuna delle quali lo rappresenta veramente. Il parroco di Barbiana, già mentre era in vita e ancor di più dopo la sua morte, è stato dipinto come uno dei simboli del ’68 nonostante sia morto l’anno precedente, un precursore del Concilio Vaticano II nonostante siano assenti suoi commenti sia ai documenti del concilio che alle discussioni teologiche, un innovatore pedagogista ma anche un affossatore della scuola italiana, un prete anarchico e comunista ma anche troppo sicuro di sé e autoritario. Insomma una figura storica che va sicuramente ricalibrata se la si vuole conoscere sul serio.
Ruozzi ha impostato la sua ricostruzione sulla complessità del personaggio ma anche sulla sua “anomalia” nel panorama ecclesiale italiano, non solo dell’epoca. Figlio di una ricca famiglia borghese fiorentina con tradizioni ebraiche, imparentato e frequentatore di potenti personaggi di mezza Europa, decide, inaspettatamente, di entrare in seminario e farsi prete. La famiglia stupita si consola sperando che almeno diventerà cardinale. Invece no. Lorenzo Milani non ha intenzione di essere un prete qualsiasi. La sua avversione totale alle condizioni economiche e sociali della famiglia di provenienza, ma non gli affetti personali, lo porteranno a una dedizione totale al Vangelo e alla Chiesa, al Vangelo dei poveri e alla chiesa che si mette a servizio del Vangelo e dei poveri. Le scelte che ha fatto nella sua vita, come la scuola popolare a San Donato di Calenzano o l’apertura della scuola parrocchiale a Barbiana sono semplicemente frutto del suo tentativo di vivere il Vangelo, di essere prete a servizio degli ultimi. Non c’entra nulla la pedagogia o la riforma del sistema scolastico, che verranno inevitabilmente coinvolti quando pedagogia e scuola saranno ostacoli al tentativo di migliorare le condizioni umane e sociali dei suoi ragazzi, come la “Lettera a una professoressa” testimonia, ma incidentali nel suo percorso umano ed ecclesiale. Lo stesso si può dire dell’obiezione di coscienza al servizio militare: Milani non è mai stato un professionista dell’anti-militarismo ma quando le condizioni lo necessitano non esita a prendere posizione a favore di coloro che nelle guerre muoiono e soffrono senza aver deciso di farle e contro la logica dell’obbedienza che accomuna soldati e sudditi di ogni paese.
La visione del film, poi, ha suggellato quanto detto dal dott. Ruozzi con le parole stesse di don Lorenzo Milani. Il film, per chi non lo conoscesse, è un raro se non unico documento filmato nel quale Lorenzo Milani nella sua Barbiana, parla, spiega e, addirittura, recita in prima persona. Lui e i ragazzi della sua scuola sono i protagonisti assoluti del film, nella lettura del giornale, negli esercizi di scrittura collettiva. Evidenti sono le difficoltà logistiche e fisiche della permanenza in un posto dimenticato dalla civiltà come Barbiana, dove ancora oggi si fa difficoltà ad arrivarci con l’automobile. Ma evidenti sono anche le difficili condizioni di salute che già nel 1965 affliggevano il parroco di Barbiana e che da lì a poco lo avrebbero portato alla morte, avvenuta nel giugno del 1967. Difficoltà, però, che non lo faranno arretrare di un passo da quella dedizione assoluta al Vangelo e ai suoi ragazzi che è stata la cifra della sua vita.

 

Francesco Sandroni

 

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