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Notizie dalle parrocchie

La Parrocchia di San Domenico celebra la figura di S.E.Mons. Augusto Curi

S.E.Mons. Augusto CuriPubblichiamo il ricordo del pronipote Cesare

Sono Cesare Curi pronipote di “zio Don Augusto”, cosi come usualmente lo chiamiamo all’interno della famiglia Curi. Ho ricevuto da Don Emilio, che ringrazio vivamente per l’interessamento mostrato nello studio della figura dell’Arcivescovo e per l’idea della celebrazione di questa ricorrenza, l’incarico di illustrare la vita e la figura di Monsignor Augusto Curi.

Nacque a Servigliano 140 anni fa da Geremia e Virginia Graziaplena, nativa di Montegranaro, primo di sette figli: 4 femmine e 3 maschi:

- Rosa, presto vedova Tarani, morta nel secondo dopoguerra, è l’unica di cui ho qualche ricordo in quanto vivevamo nella stessa casa qui a Fermo, quella sita qui accanto a San Michele, tra Via Francesco Sforza e Via Regina Amalasunta dove sono nato e vivo tuttora.

- Adele, sposata Fedeli, famiglia della quale non ho da tempo notizie e quindi non sono in grado di fornire informazioni.

- Anna, sposata Pennacchietti, famiglia residente in Piemonte con cui sono in continuo contatto, in special modo con i cugini Fabrizio ed Anna, figli di Mario cugino caro a mio padre perché suo coetaneo il quale è stato stimato neuropsichiatra a Torino.

- Cesare, mio nonno e dal quale ho ricevuto il nome, padre di Geremia (in famiglia Nini), ingegnere che negli ultimi anni di vita professionale fu Capo dell’Ufficio Tecnico del Comune e che qui è rappresentato dalla figlia Anna Rosa, di Lamberto avvocato mio padre e di Maria Pia sposata in Fermo con l’ avvocato Palma.

- Maria Igina, nubile visse sempre al seguito del fratello Monsignore come governante nonché valida aiutante in tutte le attività di beneficenza.

- Raimondo, con le cui nipoti Gina e Anna Maria, figlie di Renato, farmaciste come il padre a Milano, mi incontro ogni anno a Porto San Giorgio dove vengono a trascorrere le vacanze estive.

 

Augusto Curi ricevette a 11 anni la Prima Comunione in Servigliano dall’Arc. fermano Malagola e nel novembre dello stesso anno 1881 fu ammesso al Seminario di Fermo.

Venne consacrato sacerdote nel 1894 (a 24 anni), divenne vicesegretario del Cardinale Malagola e cancelliere sostituto della Curia Arcivescovile.

Nel 1895 ottenne l’amministrazione della Parrocchia di Santa Caterina.

Svolse e vinse il concorso per Parroco a Montottone nel 1897, ma fu trattenuto a Fermo dall’Arc. Papiri, che lo nominò Priore della Insigne Collegiata di San Michele Arcangelo, e quindi di questa Chiesa che oggi lo celebra, dove restò fino al 1912 ( per 15 anni quindi). Riacquistò i beni della Collegiata, fondò una fiorente Cassa Rurale e collaborò alla fondazione della “Voce delle Marche”.

Nel 1912 fu nominato dall’Arc. Castelli docente di Teologia Morale, Teologia Pastorale e Diritto Canonico nel seminario di Fermo, docenza che tenne fino al 1918.

Fu probabilmente in questo periodo che la famiglia Curi si trasferì a Fermo da Servigliano.

Nel 1917 fu nominato dal Papa Benedetto XV suo cameriere segreto sopranumerario

Il 23 dicembre 1918 lo stesso Papa lo nominò Vescovo delle diocesi di Cagli e Pergola, oggi fuse in quella di Fano dove è Vescovo Mons. Trasarti, noto ai Fermani.

Fu consacrato Vescovo il 25 marzo 1919 dall’Arc. Castelli; entrò a Cagli il primo febbraio 1920, accolto da diversi facinorosi al canto di “bandiera rossa”. E’ notorio che gli anni del primo dopoguerra furono anni turbolenti di scontri politici tra “leghe rosse” e “leghe bianche”, nonché anni che fecero sorgere contro il caos anarchico la reazione dello squadrismo fascista. L’entroterra pesarese era inoltre molto depresso economicamente. Il Vescovo Curi si adoperò in tutti i modi per alleviare le sofferenze della popolazione andando personalmente a portare materiale conforto anche e proprio alle famiglie di coloro che lo avevano cosi male accolto acquistandone simpatia e riconoscenza. In internet si legge una scheda che riassume il suo Episcopato a Cagli e Pergola: “Fu dotto,zelante,signorile e forbito oratore. Lasciò la Diocesi il 16 agosto 1925”.

Nel 1925, il 5 maggio, Pio XI lo nominò Arcivescovo di Bari dove entrò il 18 ottobre quale:”Arcivescovo di Bari e Canosa, Primate di Puglia, Barone di Bitritto”:

Era solito dire: “più che di eroi della forza, più che di dotti, di scienziati, il mondo ha bisogno di uomini buoni e di anime generose”. Il suo segretario diceva:” ha le mani bucate per la carità”.

Da parte di coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo vengono evidenziate, in tutte le pubblicazioni che lo riguardano, le caratteristiche principali del suo episcopato la bontà e la generosità.

Ma importantissima fu una sua altra qualità : la diplomazia. Furono quelli degli anni trenta gli anni in cui il Fascismo consolidava il potere totalitario e voleva estendere il monopolio della cultura su tutti gli aspetti della vita scontrandosi cosi con le organizzazioni cattoliche.

Monsignor Curi facilitato anche dal suo tratto gentile e signorile nonché dal suo elegante aspetto fisico, riuscì ad ingraziarsi le Autorità Civili, ma anche ad essere accolto in ogni ambiente con ammirazione e rispetto. Curò in particolare i rapporti con il Ministro dei Lavori Pubblici, Di Crollalanza, di nobile famiglia pugliese, la cui sorella Gemma era presidente dell’Azione Cattolica, e quindi a limitare al minimo i danni alle organizzazioni cattoliche.Il tutto rimanendo sempre fedele esecutore delle direttive del Papa. La collaborazione con le autorità civili sortì diversi concreti risultati:il risanamento del quartiere di San Nicola (dove allora le fogne erano a cielo aperto) e il restauro della chiesa; nel 1930 contribuì fattivamente al successo della prima Fiera del Levante, oggi divenuta importantissima; nello stesso anno , l’otto settembre, consacrò la nuova Chiesa di San Giuseppe nel quartiere della nuova Bari che era privo di Parrocchia.

Rimase nel contempo sempre legato alla sua terra: in particolare riuscì ad ottenere dalle Autorità Civili Centrali che venisse ristabilita a Fermo la sede del Tribunale.

Mori a Bari il 28 marzo 1933 a soli 63 anni e volle essere sepolto nella Chiesa di San Giuseppe a lui tanto cara. La città di Bari volle intitolargli il largo antistante la Chiesa e la Via che vi si immette.

Ricorrendo l’8 settembre prossimo l’ottantesimo anniversario della consacrazione della chiesa abbiamo intenzione noi familiari di recarci a Bari per partecipare alla cerimonia della ricorrenza. Don Emilio pensa di poter organizzare l’anno prossimo una gita a Bari allo stesso modo come quest’anno è stata fatta quella a Siena.

Chi lo desidera può al termine della Santa Messa prendere “La Voce delle Marche” all’interno della quale troverà pubblicato il testo della omelia in occasione del Trigesimo dalla sua morte.

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