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Sillabario del tempo. Storie di paesaggi e di cibi
Data pubblicazione : 08/12/2016
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Sabato 17 Dicembre alle ore 17.30 sarà presentato il libro della prof.ssa Guglielmina Rogante

Sabato 17 dicembre 2016 alle ore 17,30 presso la sala di lettura della Biblioteca Civica “Romolo Spezioli”, piazza del Popolo n° 63, Fermo il Centro culturale San Rocco in collaborazione con altre realtà, presenterà il  libro “Sillabario del tempo storie di paesaggi e di cibi” della prof.ssa Guglielmina Rogante.

 

Nel libro l’Autrice compie una personale e poetica “ricerca del tempo perduto” con la volontà di rileggere il proprio tempo e quello della propria terra, usi e costumi lontani, tradizioni perdute, luoghi ormai trasformati dallo scorrere degli anni, ma evocati con affettuosa memoria.

In questo quadro un ruolo importante rivestono i cibi raccontati e diremmo assaporati nel loro significato più profondo e vitale. Ma non è un libro di gastronomia: il cibo è qui un mezzo per narrare una storia e un’atmosfera, segno di condivisione e di dono agli altri, elemento conviviale per eccellenza, mai fine a se stesso.

 

Guglielmina Rogante è nata a Grottazzolina (Fermo). Ha vissuto a lungo a Milano e attualmente abita a Fermo. Autrice di numerosi saggi critici su poeti e narratori contemporanei, collabora con il Centro di ricerca “Letteratura e cultura dell’Italia unita” dell’Università Cattolica di Milano. Sillabario del tempo. Storie di paesaggi e di cibi è il suo libro di esordio narrativo, con cui scioglie un debito verso la propria terra e la sua civiltà.

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PRESENTAZIONE

Il piccolo grande libro di Guglielmina Rogante mi ha tenuto compagnia per tutto il mese di agosto nella mia casa di campagna, immersa nel verde delle colline brianzole, ai margini di un bosco di castagni. La cornice agreste e lo scorrere tranquillo del mio tempo me l’hanno reso particolarmente piacevole e in qualche modo i nostri ritmi si sono affiancati e accordati insieme.

Un centinaio di pagine, che raccolgono racconti scritti in tempi diversi e qui distribuiti in otto sezioni, corredati da due saggi, di Giuseppe Langella e di Tommaso Lucchetti. Completano il volumetto la riproduzione di un’acquaforte di Domenico Pupilli e la bella copertina ideata e realizzata da Maddalena Blandino.

Lungo le pagine  la Rogante compie una personale e poetica “ricerca del tempo perduto” (non a caso il bel saggio di Lucchetti inizia nel nome di Proust), ma il termine scelto per il titolo, “sillabario”, evoca altre suggestioni. Sillabare, in definitiva, vuol dire leggere, con lentezza e attenzione, come facevamo nel tempo favoloso dell’infanzia, quando abbiamo imparato a decifrare i segni della scrittura e della vita.

Questo è il filo che lega i racconti: la volontà di rileggere il proprio tempo e quello della propria terra, usi e costumi lontani, tradizioni perdute, luoghi ormai trasformati dallo scorrere degli anni, ma evocati con affettuosa memoria.

In questo quadro un ruolo importante rivestono i cibi (cinque delle otto sezioni sono a loro dedicate), raccontati e diremmo assaporati nel loro significato più profondo e vitale. Ma non è un libro di gastronomia: il cibo, moderna nota di grande richiamo, qui è un mezzo per narrare una storia e un’atmosfera, segno di condivisione e di dono agli altri, elemento conviviale per eccellenza, mai fine a se stesso. Certo, alcune ricette sono fruibili e appetibili, preziosi suggerimenti per chi ama cucinare, ma anch’esse, come tutto il resto, subiscono qui una sorta di trasfigurazione. Perché questi racconti sono soprattutto opera di pensiero. Memoria e rielaborazione, dunque, a testimonianza di come possano convivere e intrecciarsi pratica quotidiana e lavoro intellettuale.

Quello che rende bello il libro, infatti, sono i rapidi e arguti commenti gettati qua e là nel bel mezzo di una descrizione, le inserzioni “filosofiche” che si mescolano ai ricordi; insomma, quel tono lieve e pensoso con cui la presentazione di un piatto popolare si innalza fino a diventare riflessione etica. Ne risulta una visione piena e armonica dell’intera realtà: corrispondenza tra vita delle piante e degli ortaggi, delle cose e degli uomini. Ed è un dato che viene, in fondo, dall’antica saggezza contadina, ma anche dalla cultura letteraria di Guglielmina Rogante, studiosa del nostro Novecento, prima ancora che scrittrice di racconti. Del resto Sillabario del tempo è introdotto dai versi di Mario Luzi che affermano l’alto valore vitale della memoria.

Di tale cultura e di tale studio è testimonianza anche il linguaggio, che utilizza a volte vocaboli inusuali e precisi, termini botanici che molto sarebbero piaciuti a Pascoli.

Giuseppe Langella nel suo brillante saggio accosta a ragione il sapore delle pagine della Rogante a quello che si ritrova in altre più note di autori quali Gozzano, Cecchi., fino a Gadda. Ad essi aggiungerei i nomi di Bacchelli e della Ginzburg. Di Bacchelli a tratti ricorda lo stile, classico e pieno, e ne ripete l’attenzione per un calendario agricolo radicato nella tradizione popolare, a cui si fa esplicito riferimento nel capitoletto Il pane e i giorni. Della Ginzburg, invece, a me pare ricordare Le piccole virtù, libro particolarmente caro all’autrice e che forse le ha suggerito questa armonia tra memoria e riflessione.

L’ultima parte del libro è dedicata alle case: quella rurale dell’infanzia e dell’adolescenza, quella milanese degli anni universitari e del primo formarsi della famiglia; e infine quella siciliana, immersa nella campagna ragusana. Non c’è quella di Fermo, perché è quella del tempo presente, della realtà, non ancora trasfigurata dalla memoria, e quindi non oggetto di poesia, perché, come diceva Leopardi, solo ciò che è lontano nel tempo e nello spazio può divenire poetico.

Lasciamo il libro arricchiti da alcuni segreti di cucina, ma ancor più da tante memorie di cose scomparse che sembrano chiudere il cerchio perfetto del tempo. Quello perduto è stato narrato e così restituito in poesia, e diviene pertanto un tempo ritrovato. Come i “mastrici” della casa di campagna, le pianticelle protagoniste del più breve tra i racconti della raccolta, di cui racchiude il più profondo significato, quasi centro ideale di essa, preziosa perla nel cuore delle affascinanti pagine di questo rinnovato, personale Sillabario del tempo.

 

Claudia Masotti

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