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Giovedì 21 febbraio don Armando Matteo chiuderà il breve ciclo di incontri intitolato «In piazza con la teologia» promosso dal centro culturale San Rocco. Si è trattato del tentativo di far uscire la teologia dalla sua sfera “privata” o puramente ecclesiale per farla dialogare nello spazio pubblico con i temi della contemporaneità, appunto “in piazza”. Dopo Brunetto Salvarani e Luca Diotallevi, Armando Matteo propone una riflessione su “Il Dio mite”, recente saggio di teologia fondamentale nel quale l’autore mette a tema il rapporto tra cristianesimo e postmoderno. Matteo è conosciuto prevalentemente per aver descritto con efficacia la disaffezione del mondo giovanile verso la fede («La prima generazione incredula») e per avere suggerito al mondo educativo una serie di sfide da cogliere con coraggio («L’adulto che ci manca»). Ne «Il Dio mite» propone una lettura del paradigma della mitezza, quanto mai attuale nel panorama sociale odierno: «Il compito del teologo – scrive Matteo – è lo sforzo continuo di pensare e dire ciò che è capitato con Gesù - cioè con l’evento Gesù - in modo che tale novità sia sempre più a disposizione della generazione cui appartiene il teologo stesso, in vista di una possibile decisione di fede; e viceversa: il compito del teologo coincide pure con lo sforzo continuo di pensare e dire che cosa di nuovo porta con sé l’avvento della generazione cui egli appartiene per meglio lasciare emergere quanto è capitato con Gesù». Riprendendo le intuizioni del teologo benedettino Elmar Salmann, Armando Matteo traccia le coordinate di una teologia che sappia tornare a navigare in mare aperto e che accolga il compito specifico del nostro tempo, quello di dire Dio nella postmodernità, di lasciarne emergere la mite e feconda presenza in mezzo al travaglio di un mondo spesso frastornato dalle sue stesse conquiste e dalla sua stessa potenza.