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Centro San Rocco - Interventi
Con questo primo contributo di Luca Romanelli si apre un ciclo di articoli in preparazione al prossimo Sinodo sui giovani. E' intenzione del Centro San Rocco pubblicare prossimamente anche le riflessioni che perverranno in redazione da parte dei lettori
“Voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l’ha”, canta Vasco Rossi. E tutti vorremmo trovarlo questo senso, specie i giovani tra noi, nell’immaginare il loro progetto di vita.
Tutto congiura contro: la cultura occidentale, da Nietzsche in poi, “ha abolito il sopra e il sotto”, la tecnica ci seduce e abbandona con le sue conquiste eccitanti ma provvisorie, il consumismo con illusorie scariche di adrenalina e piacere. Per i millennials, la generazione più educata della storia dell’umanità, una dolorosa condizione di smarrimento nasce dall’inaudita precarietà del futuro, pericolosamente in bilico tra opportunità e fallimento.
La Chiesa diocesana si prepara a un Sinodo sui giovani e meno male: che almeno ci si metta di fronte all’impotenza, all’ inadeguatezza dell’iniziazione cristiana e della pastorale giovanile, di tradizioni e linguaggi irrigiditi. San Rocco vuole umilmente accompagnare questo cammino, con una serie di iniziative di ascolto. Questo ciclo di articoli che qui inizia vuole esserne parte. Vorremmo ricevere e pubblicare i vostri contributi (mandateli per favore a info@lucaromanelli.it), a partire da queste povere note e le riflessioni di alcuni educatori che proporremo nelle prossime settimane.
Provo quindi a suggerire tre tracce, partendo dall’esplorazione di alcune dimensioni, non ancora esplicitamente religiose, che possono costituire i presupposti di un nuovo dialogo nella Chiesa.
La prima è quella del senso. Kung la chiama “fiducia di fondo”, che l’esistenza non sia una vana successione di apparenze ma contenga o nasconda un fondamento stabile. La domanda è: quanta disponibilità verso questa ipotesi esiste oggi nei giovani? In quali forme?
La seconda riguarda l’atteggiamento verso il mistero, ossia la possibilità che il cosmo, la vita individuale e sociale siano alimentati da dimensioni inconoscibili ed imprevedibili, la cui alterità impone non solo timore ma anche tensione all’indicibile e al trascendente. Quanta di questa “saggezza” possiamo intravedere nel mondo giovanile?
Infine il dono. Molti sperimentano la gioia del donarsi, specie quando si supera la gratificazione immediata dell’altrui riconoscenza e ci si inoltra nel riconoscimento dell’”altro” come immagine del lato inesplorato di sé. Che spazio trovano oggi queste esperienze di “uscita” o quanto prevale invece la reclusione in relazioni rassicuranti ed identitarie?
La vicenda di Gesù di Nazaret si potrebbe leggere come irruzione di un Senso (nel deserto, al battesimo sul Giordano), l’urgenza di un dono (l’annuncio irruento del Regno e i miracoli) e l’accettazione sofferta di un mistero, il proprio sacrificio. Ripercorrerla può essere per ognuno una via per dirsi di nuovo cristiani.
Luca Romanelli, 27 Novembre 2017