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Il sinodo dei vescovi e la cura pastorale dei divorziati risposati
Data pubblicazione : 31/12/2015
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Proponiamo un commento alla Relatio Synodi, con una riflessione sulle problematiche ancora aperte e i possibili scenari futuri - di don Enrico Brancozzi

Il documento finale del recente sinodo dei vescovi è un testo molto ampio e complesso, che tuttavia non ha saputo offrire elementi di riflessione nuovi rispetto alla questione centrale per la quale l’assise vaticana era stato convocata da papa Francesco, ossia la situazione delle persone divorziate che hanno contratto nuove nozze. Per fronteggiare le pressioni della stampa, che tendeva a banalizzare gli esiti della discussione su questo indirizzo problematico, gli organi ufficiali della Santa Sede hanno ripetuto per oltre un anno che il sinodo non si sarebbe occupato solo della comunione ai divorziati risposati, della loro ammissione ai sacramenti e della loro partecipazione alla vita ecclesiale, ma che avrebbe contribuito a rimettere la famiglia al centro dell’azione pastorale della Chiesa. Il tema dei divorziati era e doveva rimanere dunque solo uno dei capitoli secondari. Probabilmente non si voleva gonfiare il sinodo di attese eccessive perché era chiaro fin dal primo istante che non si sarebbe trattato di un cammino lineare e che la contrarietà a modificare la disciplina della Chiesa su questo argomento era forte. In effetti, la relatio synodi è passata per un solo voto di scarto, nonostante sia un testo molto debole su questo punto, che non ha saputo andare oltre un generico compromesso. Il citatissimo e “rivoluzionario” numero 85, in realtà, è un passaggio che permette ai “contrari” di poter dire che la dottrina non è cambiata, e ai “favorevoli” che la Chiesa apre ai divorziati risposati. Il risultato sarà che l’invocato discernimento del foro interno consentirà ai critici di continuare ad esserlo, perché formalmente non è cambiato nulla, mentre ai possibilisti di continuare a fare quello che facevano prima, ma con meno timore di essere accusati di lassismo. Il punto è che una buona parte dell’assemblea sinodale non è stata dello stesso avviso né di papa Francesco, né di Benedetto XVI, che quando era Prefetto della Congregazione della Fede e poi da papa aveva posto il problema cruciale in materia, e cioè la validità del matrimonio in assenza di fede.

Per cogliere la continuità della relatio synodi è sufficiente rileggere qualche passaggio del magistero di Giovanni Paolo II. Wojtyla, il 25 ottobre 1980, a conclusione del V sinodo dei vescovi, scriveva: «I padri sinodali inoltre […] esortano i pastori e tutta la comunità cristiana perché aiutino questi fratelli e sorelle a non sentirsi separati dalla Chiesa, non solo, ma in virtù del battesimo essi possono e devono partecipare alla vita della Chiesa pregando, ascoltando la parola, assistendo alla celebrazione eucaristica della comunità e promuovendo la carità e la giustizia». Qualcosa di simile si dice anche in Familiaris consortio: «La Chiesa, infatti, istituita per condurre a salvezza tutti gli uomini e soprattutto i battezzati, non può abbandonare a se stessi coloro che – già congiunti col vincolo matrimoniale sacramentale – hanno cercato di passare a nuove nozze. Perciò si sforzerà, senza stancarsi, di mettere a loro disposizione i suoi mezzi di salvezza» (FC 84). È in questo testo che Giovanni Paolo II invitava i pastori a fare in modo «con sollecita carità» che i divorziati non si considerino separati dalla Chiesa e che il loro itinerario spirituale, proprio perché segnato dalla sofferenza, possa trovare un sostegno ricco di misericordia e di amore. Infine: «Sappiano tuttavia, questi uomini e queste donne, che la Chiesa li ama, non è lontana da loro e soffre della loro situazione. I divorziati risposati sono e rimangono suoi membri, perché hanno ricevuto il battesimo e conservano la fede cristiana» (Giovanni Paolo II alla XIII assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, del 24 gennaio 1997).

Da questi brevi stralci si evince con facilità che il sinodo non sia andato molto oltre l’esistente. In realtà, occorreva più coraggio per dire senza paura che la questione dei divorziati risposati era «la» sofferenza maggiore della Chiesa sottoposta all’attenzione dell’assemblea, perché un discorso credibile sulla famiglia poteva e doveva iniziare dalle situazioni di criticità del tempo presente. Vedremo se l’esortazione postsinodale del papa si limiterà a recepire le indicazioni dei padri oppure se egli intenderà procedere motu proprio come in occasione della semplificazione del processo canonico.

 

 

Enrico Brancozzi

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