Centro San Rocco - Interventi

Benvenuti nell'era della personalizzazione
Data pubblicazione : 29/01/2016
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Una riflessione su come il web, da mondo globale e luogo di libertà, si stia trasformando in un microcosmo che ci cuce addosso un vestito su misura, diventando così un limite al nostro desiderio di imparare. - di Luca Alici

Nel lontano 1977 Richard Sennett, nel suo grandioso e profetico affresco intitolato Il declino dell’uomo pubblico, afferma che ci troviamo nel mezzo di un serio restringimento del concetto di comunità, che diviene insieme un rifiuto della società e un progressivo barricarsi all’interno della propria terra, della propria città, del proprio quartiere, della propria casa o del proprio io. Solidarietà e socievolezza stanno insieme solo quando le maglie si fanno strette e simili, riducendosi a ciò che è mio, che mi è vicino (la mia famiglia, la mia casa, le persone immigrate che lavorano per me). Nel 2011, a distanza di quasi 35 anni, Eli Pariser, nel suo strepitoso e folgorante viaggio al centro della “Terra on line” intitolato Il filtro: quello che internet ci nasconde, sostiene che siamo entrati nell’epoca della personalizzazione, ovvero in un mondo in cui la globalità del web finisce per avere dimensioni ad personam, visto che attorno ad ognuno di noi si sta costruendo un mondo che lascia sempre meno spazio a punti di vista differenti e che ci confeziona su misura una realtà in cui tutti la pensano come me. La rivoluzione pionieristica della rete finisce per tradire le sue promesse libertarie e per anestetizzare un confronto, un dialogo, un incontro tra diversi, assolutizzando quello tra identici. Morale della favola? Sennett ci aveva visto lungo, ma addirittura non abbastanza. Il cerchio ora si chiude e quel restringimento della comunità diventa la bolla dei filtri nella quale internet ci ha immerso.

Tutto inizia notando qualcosa di sconvolgente nell’uso oramai onnipervasivo che facciamo dei motori di ricerca: si pensa che ricercando su Google tutti ottengano gli stessi risultati. Ma dal dicembre 2009 non è più così: Google, scrive Pariser, non è più uguale per tutti, perché ognuno vede i risultati che è stato deciso siano più adatti a lui, ciò che un algoritmo ha deciso ci possa confermare nelle nostre idee, nei nostri piaceri, nelle nostre convinzioni. Inizia l’epoca della personalizzazione che, come scrive l’ex amministratore delegato di Google, Eric Schmidt, dovrà culminare in un codice che indovina quello che sto per scrivere. Si è così innescato un circolo senza fine, che dai motori di ricerca si è innervato a tutto il mondo della rete (da Amazon a Netflix, solo per citare due colossi tra gli altri): a monte ha la costruzione della rilevanza (ciò che è importante per me), a valle la distruzione della diversità (ciò che è lontano da me), in mezzo una mole enorme di dati (che oggi costituiscono la mole dei Big Data). Scrive Pariser, in uno degli esempi più folgoranti di un testo difficilmente riassumibile: «se leggiamo un libro su Kindle, le informazioni sulle frasi che evidenziamo, le pagine che giriamo e se leggiamo tutto o saltiamo qua e là tornano ai server di Amazon e possono essere usate per capire quali altri libri ci possono piacere». La costruzione della rilevanza di ciò che ci piace, ennesima dimostrazione della logica onnipervasiva del “tutto intorno a me”, attiva però un paradosso che pare ingovernabile: «gli algoritmi che si occupano della personalizzazione hanno bisogno di dati. Ma più dati hanno, più i filtri devono essere sofisticati per organizzarli».

La bolla dei filtri, interposta tra la mia ricerca e i suoi risultati, non stimola più ad imparare quello che non sappiamo, limita il nostro orizzonte delle soluzioni e alimenta un approccio più passivo all’acquisizione di informazioni: ne nasce quello che Pariser chiama il “circolo vizioso dell’io” che genera “una teoria sbagliata su di me”: «l’io di Google e quello di Facebook non sono la stessa persona. C’è una bella differenza tra “sei quello che clicchi” e “sei quello che condividi”». E le conseguenza diventano immediatamente politiche.

Ma non si può svelare tutto. Il resto è affidato alla lettura di una grande opera, che tra l’altro si lega fortemente alla vita del Centro culturale San Rocco e alle sue iniziative. Presentata infatti da Piercarlo Maggiolini, nel suo intervento alla Scuola di politica del 2014 - ciclo dedicato alle domande sollevate dal web -, amplia l’orizzonte di quell’ecologia integrale a cui l’ultimo ciclo di incontri sull’enciclica di Papa Francesco ha inevitabilmente fatto cenno. Pariser infatti chiude così: «per salvare il nostro ambiente digitale da se stesso, alla fine avremo bisogno di un nuovo movimento ambientalista: i cittadini di questo spazio che tutti stiamo costruendo dovranno allearsi per proteggere i suoi aspetti positivi». Se l’ambiente digitale sarà uno dei posti dove vivremo sempre più la nostra vita, il richiamo all’integralità di un approccio ecologico non può allora che finire anche e inevitabilmente per coinvolgere persino il web.

 

Luca Alici

 

Il testo

E. Pariser, Il filtro. Quello che internet ci nasconde, IlSaggiatore 2012.

 

Per approfondire

https://www.ted.com/talks/eli_pariser_beware_online_filter_bubbles?language=it

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