Centro San Rocco - Interventi

La Chiesa e i "Millennials": una frattura profonda
Data pubblicazione : 15/02/2016
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La comunità cristiana ha oggi davanti a sé una sfida ineludibile. - di Luca Romanelli

Mundus senescit, il mondo invecchia. Se si prova ad osservare i millennials,  la generazione che compiuto 15 anni negli anni 2000, questo è il primo dato che salta gli occhi. Si tratta oramai di una minoranza, specie in Occidente. La sua quota della popolazione, ovunque al sopra del 25% nel 1950, si è ristretta, in Europa specialmente, fino a sfiorare il 15.

Alcuni parlano di una minoranza oppressa affetta da una precarietà permanente. I tassi di disoccupazione giovanile hanno raggiunto record storici, come quelli dei “NIIT”, i giovani che non studiano o lavorano. I costi crescenti del sistema educativo, specie di elite, acuiscono le disparità tra le giovani star che cambiano il mondo, alla Mark Zuckerberg di Facebook, e quelli che saltano con fatica da un contratto a termine ad un altro. La creazione di famiglie stabili e la procreazione sono sempre meno frequenti e slittano verso la soglia dei 40 anni. Nei paesi OCSE, un terzo dei figli nasce oggi fuori dal matrimonio, contro l’11% del 1987.

Eppure si tratta della generazione con il livello culturale più alto nella storia dell’umanità, la prima che sfrutta a pieno l’accesso universale alle informazioni fornito dalla rete,  la più mobile grazie alla globalizzazione, la meno costretta dai dictat degli adulti e delle convenzioni sociali, specie in campo affettivo e sessuale. Il web ha allargato a dismisura le opportunità di relazione e di definizione della propria identità, fuori dai circoli familiari e comunitari. Ha creato un mondo simbolico affollato ed affascinante, che può indurre creatività ma anche un’alienante narcisismo.

Questo mix di incertezze ed opportunità inaudite ha un profondo impatto antropologico, che la Chiesa fa molta, molta fatica a cogliere, specie in Italia. Dieci anni fa, al Convegno Ecclesiale di Verona, la gerarchia celebrava con un poco di narcisismo, la “Chiesa di Popolo” che (ovviamente) presiedeva. Ma quale “popolo”? Forse quello del morente boom economico precedente all’esplodere dirompente della globalizzazione, che si sperava ancora di accompagnare, se non dirigere,  con un ben amministrato ciclo educativo e sacramentale: catechismo-sacramenti-matrimonio-messadelladomenica-pietàpopolare-estrema unzione.

In quel popolo oggi i giovani non ci sono più: la Cresima è diventata la cerimonia dell’addio alla fede per la stragrande maggioranza di loro. Gli schematismi dottrinali e scolastici, specie in campo affettivo e sessuale, risultano sempre più insopportabili. La sfiducia crescente nell’establishment (la percentuale di giovani che vota è la più bassa tra le classi di età) travolge anche l’autorità religiosa, ed il glamour mediatico delle Giornate Mondiali delle Gioventù non basta.

Non affrontare questa sfida significa condannare ad un futuro di consunzione la comunità cristiana.

Una via alternativa l’ha indicata Francesco, fin dalla sua Evangelium Gaudium: una Verità che si fa carne, la “decostruzione” di pratiche e schemi mentali oramai funzionali solo al potere degli adulti (meglio sarebbe dire una quasi-gerontocrazia), il mettere il caldo abbraccio della carità e della condivisione al centro dell’annuncio.

 

 

Luca Romanelli – 5 Febbraio 2016

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