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Il messaggio della CEI per la conclusione dell'Anno Sacerdotale.
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ROMA, martedì, 8 giugno 2010 (ZENIT.org).- Un invito alla conversione e un sentimento di profonda gratitudine sono i due aspetti che emergono nel messaggio che la Conferenza episcopale italiana ha rivolto ai presbiteri, in vista della prossima chiusura dell’Anno sacerdotale che si terrà l'11 giugno.
“Il nostro primo pensiero è sempre per voi, e lo è stato ancora di più in questi mesi”, scrivono i presuli italiani nel messaggio diffuso l'8 giugno.
“Incalzati da accuse generalizzate, che hanno prodotto amarezza e dolore e gettato il sospetto su tutti, abbiamo pregato e invitato a pregare per voi – si legge ancora nel testo –. Non sono mancate occasioni di ascolto e di dialogo per condividere la grazia e la benedizione del ministero ordinato”.
“Ora, tutti insieme vogliamo esprimervi la nostra cordiale stima e vicinanza, ispirata dalla comune responsabilità ecclesiale”, continuano.
“Noi siamo fieri di voi! Il bene che offrite alle nostre comunità nell’esercizio ordinario del ministero è incalcolabile e, insieme ai fedeli, noi ve ne siamo grati”.
Poi una parola di invito alla conversione e penitenza: “La vocazione alla santità ci spinge a non rassegnarci alle fragilità e al peccato”.
L’appello accorato di Gesù “venite a me!... rimanete in me!... seguitemi!” è “un imperativo per tutti”, aggiungono i Vescovi italiani. “Questa irresistibile sollecitazione ci commuove e ci spinge ad andare avanti, ci aiuta a non adagiarci sulle comodità, a non lasciarci distogliere dall’essenziale, a non rassegnarci a ciò che è solo abituale nel ministero”.
“La Chiesa ci affida il Vangelo che illumina i nostri passi, corregge le nostre derive, ispira i pensieri e i sentimenti del cuore e sostiene il desiderio di bene presente nell’animo di ciascuno. Accogliamo con gioia la sua parola di speranza e di verità, desiderosi di lasciarci educare da lui”.
Il Signore, si legge ancora nel messaggio, “non ci ha promesso una vita facile, ma una presenza che non verrà mai meno. Senza di lui siamo nulla e non possiamo fare niente; dimorando in lui i nostri frutti saranno abbondanti e duraturi”.
“La sua compagnia non ci mette al sicuro dagli attacchi del maligno – sottolineano i presuli - né ci rende impeccabili, ma ci assicura che il male non avrà mai l’ultima parola, perché chi si fa carico del proprio peccato può sempre rialzarsi e riprendere il cammino”.
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