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In 80.000, provenienti da tutte le regioni italiane ed anche dall'estero
ROMA, domenica, 13 giugno 2010 (ZENIT.org).- Sono partiti sabato 12 giugno dopo la Messa, alle 22.10, dietro la croce. Pellegrini di tutti i tipi, ragazzi, adulti e anziani, provenienti da tutta Italia, dalla Sicilia al Veneto, e da oltre confine: Svizzera, Germania, Francia, Inghilterra.
Sono i pellegrini che per 28 chilometri, pregando e cantando le lodi a Maria hanno aderito al 32° pellegrinaggio a piedi, da Macerata fino al santuario di Loreto.
Hanno raccontato gli organizzatori che ognuno dei pellegrini aveva una domanda nel cuore e tante intenzioni di preghiera affidate dagli amici, dai genitori, dai figli.
Ce n'erano trenta provenienti da San Donà di Piave, arrivati dopo sette ore di pullman e che domenica mattina, visitata la Santa Casa, hanno ripreso subito la corriera per tornare a casa, dopo aver pregato per la salute, il lavoro, la pace in famiglia dei propri cari.
Nell’omelia il Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, ha salutato i pellegrini dicendo che il pellegrinaggio è una metafora della vita: “arriverà il momento questa notte in cui vi sentirete stanchi, vi faranno male i piedi (…) ma ricordatevi di quello che diceva sant’Agostino: 'ti dolgono i piedi perché … hai percorso duri sentieri. Ma il Verbo di Dio è venuto a guarire anche gli storpi. Ecco, dici, io ho i piedi sani, ma non riesco a vedere la via. Ebbene, egli ha illuminato anche i ciechi'”.
Il pellegrinaggio Macerata-Loreto è nato nel 1978, anno dell'elezione di Giovanni Paolo II.
A idearlo e proporlo è stato un giovane insegnante di religione di Macerata, don Giancarlo Vecerrica, oggi Vescovo di Fabriano-Matelica, come gesto di ringraziamento alla Madonna, riprendendo un'antica tradizione mariana perduta da lungo tempo.
E' il pellegrinaggio a piedi con il più alto numero di partecipanti in Italia (65.000 fedeli in una occasione). Nel 1993 anche Giovanni Paolo II vi ha partecipato.
Nell’omelia prima della partenza, il Cardinale Carlo Caffarra ha spiegato ai pellegrini che è “l’amore di Gesù che salva la peccatrice, converte il cuore del fariseo, e schioda Pietro dal suo tradimento. Le lacrime della peccatrice e quelle di Pietro sgorgano nel momento in cui si sentono amati dal Signore”.
“Il fariseo – ha precisato l’Arcivescovo di Bologna - non comprende che proprio per il fatto che Cristo è ‘un profeta’, guarda quella donna non definendola, costringendola e identificandola con ciò che fa e ha fatto, ma come persona che ha alla fine un solo bisogno: amare ed essere amata. È questo sguardo di Gesù che rigenera l’io perché lo colloca nella sua verità”.
“L’atto divino del perdono – ha sottolineato il porporato - cambia l’io alla radice perché chi vedendosi amato, diventa capace di corrispondere all’amore, diventa capace di amare”.
In conclusione il Cardinale Caffarra ha affermato che “Cristo è tutto. È la via; è la meta; è la forza che ci fa camminare”.
di Antonio Gaspari
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