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Notizie dalla Chiesa

Comunicatori del reale che navigano nel digitale

Una nuova piattaforma multimediale a supporto del nuovo Corso ANICEC Una nuova piattaforma multimediale a supporto del nuovo Corso ANICEC (per Animatori della Cultura e Comunicazione), che sarà presentato domani a Milano

Da una parte c’è il potenziamento del­­l’offerta formativa online: nuova piat­taforma multimediale per seguire le lezioni anche su smartphone e tablet, inte­grazione costante con i due social network più popolati (Facebook e Twitter), utilizzo assiduo di Skype per stimolare il confronto tra studenti. Dall’altra c’è un maggior ricor­so agli incontri in presenza per la condivi­sione dei saperi e delle esperienze: gli ap­puntamenti saranno due (non più uno co­me in passato) e verranno organizzati nel 2014 a Milano e a Roma.
La valorizzazione della sinergia tra la dimen­sione digitale e quella reale è uno dei punti di forza del corso Anicec 2013, promosso dal­l’Ufficio nazionale per le comunicazioni so­ciali della Cei insieme all’Università Cattoli­ca e rivolto agli animatori della cultura e del­la comunicazione. La proposta si riorganizza nel segno dell’interattività e di un’imposta­zione sempre più partecipativa. Non a caso domani sarà possibile seguire il lancio uffi­ciale dell’edizione 2013 del corso (nato sulla scia del Direttorio Cei del 2004 Comunica­zione e missione ) sia dal vivo, partecipando alla tavola rotonda «La formazione a distan­za sui media e la comunicazione» in pro­gramma a Milano dalle 15 alle 17 all’Univer­sità Cattolica, sia in streaming sul sito www.anicec.it.
L’obiettivo è quello di formare persone in gra­do di muoversi nel mondo dei media con competenza e che, allo stesso tempo, siano ca­paci di «contagiare» gli altri nelle rispettive comunità. L’appuntamento di domani rap­presenta un’occasione preziosa proprio per discutere di quali siano i percorsi e gli stru­menti più efficaci per raggiungere tale finalità. Si confronteranno sul tema Franco Anelli, ret­tore dell’ateneo, il vescovo Claudio Giuliodo­ri, assistente ecclesiastico generale della Cat­tolica, Francesco Botturi, prorettore con de­lega alla cultura, monsignor Domenico Pom­pili, direttore dell’Ufficio nazionale per le co­municazioni sociali della Cei, monsignor Da­rio Edoardo Viganò, direttore generale del Centro televisivo vaticano, don Ivan Maffeis, presidente della Fondazione ente dello spet­tacolo, e i docenti dell’ateneo Chiara Giac­cardi, Ruggero Eugeni e Armando Fumagal­li, esperti nei vari ambiti della comunicazio­ne. Nel corso dell’evento, inoltre, verranno di­stribuiti i diplomi a coloro che hanno fre­quentato il corso Anicec 2012.
E proprio i consigli dei partecipanti alle pas­sate edizioni hanno contribuito a perfezio­nare il corso: «Per rispondere meglio alle di­verse esigenze degli studenti – spiega Giac­cardi, responsabile scientifica – quest’anno abbiamo diviso le lezioni in una parte gene­rale, rivolta a chi non possiede competenze di base, e in una sezione avanzata per coloro che necessitano di approfondimenti». Un’altra pa­rola chiave è flessibilità: «Ci si potrà iscrivere sul sito dell’Anicec in ogni momento dell’an­no – aggiunge Giaccardi –. E, particolare non indifferente in tempi di crisi, anche i costi si sono ridotti del 50 per cento, con ulteriori a­gevolazioni per i gruppi di tre o più persone».
 
L'intervista a Mons. Pompili
Per «evangelizzare l’anima dell’Europa» occorre «il contributo delle comunicazioni sociali». Nel tema dell’incontro tra i vescovi responsabili del settore negli episcopati d’Europa, concluso domenica a Barcellona, c’è la chiave per rileggere a 50 anni di di­stanza il decreto conciliare Inter mirifica (4 dicembre 1963) col quale il Vaticano II aprì un dialogo fiducioso ma non ingenuo con i media.
Protagonista al vertice europeo insieme al presidente della Commissione episcopale monsignor Claudio Giu­liodori, il direttore dell’Ufficio nazionale comunica­zioni sociali monsignor Domenico Pompili apre quel profetico testo e trova le coordinate per i futuri anima­tori della comunicazione che usciran­no dal rinnovato corso Anicec.
«L’ In­ter mirifica – spiega – sosteneva che l’ingegno umano, con l’aiuto di Dio, trae dal creato cose meravigliose. Que­st’alleanza è la condizione perché l’o­pera umana non diventi distruttiva ma raccolga il mandato di portare a com­pimento, nella libertà, l’opera della creazione. Straordinaria è l’idea che i media non siano semplici strumenti o estensioni della nostra potenza, ma che prima di tutto riguardino 'le fa­coltà spirituali dell’uomo'. Senza que­sta dimensione nessuna iperconnes­sione può veramente trasformarsi in incontro. Moltissime cose, nel frat­tempo, sono cambiate, ma quello che resta è un metodo, nel senso letterale di meta-hòdos , di cammino da intraprendere. Un cammino di fiducia, presenza e impegno da cui non si torna indietro e che ci ha portati oggi fino a @Pontifex: l’account Twitter del Papa che – aperto il 3 dicembre dello scorso anno da Benedetto XVI non senza resistenze e polemiche, qua­li la stessa Inter mirifica aveva dovuto affrontare – con­ta oggi oltre 10 milioni di follower. E fa risuonare la pa­rola di vicinanza e di speranza di Papa Francesco an­che nell’ambiente digitale, 'fino ai confini della terra'».
 
Oggi la Chiesa come guarda i mass media?
«La Chiesa è una famiglia, e non tutti la pensano allo stesso modo. Ma la diversità è una ricchezza e non u­na zavorra. Nella Chiesa ci sono posizioni di perples­sità, preziose per non sottovalutare insidie e rischi che, come in ogni ambiente, certamente esistono. Ma, nel complesso, la posizione ecclesiale è fiduciosa nella prassi e avanzata nella riflessione teorica, come si e­vince dal lavoro del Pontificio Consiglio per le Comu­nicazioni sociali e della Cei. A partire dal convegno 'Testimoni digitali' del 2010 la linea è rifiutare ogni dualismo tra materiale e digitale, che non sono in competizione ma devono essere integrati e valoriz­zarsi reciprocamente».
 
Il Papa chiede ai comunicatori di lavorare a una «cul­tura dell’incontro». Che legame scorge tra questa sot­tolineatura e il messaggio conciliare?
«L’invito di Papa Francesco è a uscire, andare verso l’al­tro, ridurre le distanze, trasformare il lontano in pros­simo. Come lui stesso ci mostra per primo, trasfor­mando in prossimo, col suo abbraccio, anche gli ulti­mi degli ultimi: i malati, gli invisibili e intoccabili che la società continua a produrre sotto forma di 'vite di scarto'. Con un ribaltamento della cultura dominan­te, ma radicalmente evangelico, il Papa sta dicendo che gli 'scarti' sono il volto di Gesù, mettendoli al centro del pontificato. E suggerisce che forse è ora di impara­re a scartare ciò che fino a ieri è sembrato massima­mente desiderabile. Ma per cambiare mentalità ac­canto ai gesti occorre una riflessione. Il Papa offre una catechesi quotidia­na, che proprio grazie ai media rag­giunge ciascuno. A noi spetta il com­pito di un lavoro culturale serio, che si misuri con la contemporaneità, che accetti le sfide dialogando con i lonta­ni, che approfondisca al proprio in­terno, ma non in chiave difensiva, le ragioni della nostra speranza».

La Chiesa italiana chiama una nuova generazione di volontari della cultu­ra e della comunicazione a spender­si nelle comunità cristiane. Cosa oc­corre perché questo appello diventi opera efficace nelle parrocchie?
«Paradossalmente nella società della comunicazione, sovraccarica di mes­saggi, di stimoli e di proposte, il problema principale è proprio far giungere l’invito, riuscire a informare su una proposta che non serva solo ad acquistare com­petenze tecniche, come i tanti corsi ormai disponibi­li, ma che abbia un valore formativo importante. Il punto è fornire una prospettiva e un metodo, oltre a contenuti di valore. Una proposta che sia rivolta a tut­ti gli operatori pastorali e non solo agli addetti alla co­municazione. La comunicazione, infatti, non può es­sere una questione periferica, perché entra dentro o­gni azione ecclesiale».

Qual è il valore specifico del nuovo corso Anicec?
«Poiché anche la formazione è un dialogo, e niente si trasmette fuori della relazione, abbiamo innanzitutto tenuto presente i feedback ai corsi precedenti, per va­lorizzare i punti di forza e riformulare gli aspetti più critici: tra questi, soprattutto il senso di isolamento dei corsisti nel loro percorso. Da qui, la decisione di inten­sificare gli incontri in presenza ma anche di valorizza­re le possibilità di 'incontro digitale', sia creando grup­pi di discussione sia, soprattutto, offrendo un tutoring continuo per poter approfondire, domandare, con­frontarsi e anche da questo confronto apprendere». 
 
 
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