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Il salesiano Don Tonino Palmese invita a non dimenticarne il messaggio, l'impegno e il sacrificio
di Eugenio Fizzotti
ROMA, martedì, 20 marzo 2012 (ZENIT.org) - Diciotto anni fa, il 19 marzo 1994, fu ucciso dalla camorra Don Peppino Diana nella chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, in provincia di Caserta, dove era parroco dal 19 settembre 1989.
Era anche assistente ecclesiastico sia del Gruppo Scout di Aversa che del settore Foulards Bianchi e insegnava materie letterarie presso il liceo legalmente riconosciuto del seminario Francesco Caracciolo e religione presso l’Istituto Tecnico statale Alessandro Volta di Aversa.
Nato il 4 luglio 1958 a Casal di Principe da una famiglia di proprietari terrieri, Don Peppino Diana entrò in seminario nel 1968 e, dopo aver frequentato la Scuola Media e il Liceo Classico, passò al seminario di Posillipo, sede della Pontificia Facoltà di Teologia dell’Italia Meridionale, dove effettuò gli studi teologici che concluse con la Licenza in Teologia Biblica. Ottenuta anche la laurea in Filosofia all’Università Federico II di Napoli, fu ordinato sacerdote nel mese di marzo del 1982.
La sua tragica uccisione non solo suscitò un’enorme reazione tra i suoi parrocchiani e in tutta la Diocesi di Aversa, ma sconvolse l’intera nazione perché uccidere un prete che manifestava un impegno sistematico a favore della giustizia venne considerato la dimostrazione del forte potere della camorra.
Egli stesso, infatti, aveva scritto in un documento diffuso a Natale del 1991 in tutte le Chiese di Casal di Principe, che la camorra imponeva “le sue leggi ed era diventata una componente talmente endemica della società campana con la violenza, le armi in pugno e regole inaccettabili da riempire un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi”.
Per favorire il ricordo malinconico di Don Peppino Diana e testimoniare il suo impegno civile e di lotta alla criminalità, sul quotidiano “Il mattino” di ieri è uscito un articolo di Don Tonino Palmese, sacerdote salesiano Vicepresidente della Fondazione Pol.i.s. e referente regionale di Libera (Associazioni, nomi e numeri contro le mafie).
Don Tonino Palmese effettuando, pochi giorni fa, la “benedizione” del nuovo presidio di Libera con sede a Casal di Principe, aveva apprezzato l’affollata presenza dei casalesi che in larga maggioranza non hanno nulla da spartire con il crimine organizzato della camorra.
Pensando al martirio di Don Peppino Diana, il sacerdote nell’articolo ricorda che in quella circostanza volle citare questo brano del filosofo francese Jean Paul Sartre: “La Vergine è pallida e guarda il bambino. Sul suo viso uno stupore ansioso, che non è apparso che una volta su un viso umano. Perché il Cristo è il suo bambino, la carne della sua carne, il frutto del suo ventre. L’ha portato per nove mesi, gli darà il suo seno, e il suo latte diverrà il sangue di Dio”.
Commentandolo Don Palmese aggiunge, poi, che il brano “induce a credere che la memoria delle vittime innocenti della camorra è un latte che alimenta i nostri martiri, affinché il loro sangue da maledizione subìta si trasformi nuovamente in motivo di salvezza per tutti noi”.
Il richiamo, quindi, ai camorristi vivi che “puzzano di morte”, mentre gli innocenti uccisi “profumano di vita”, ha permesso a Don Tonino di scrivere che “il profumo della memoria di Don Peppino e di tutte le vittime non può non suscitare in tutta la società civile il desiderio di non arrendersi, ma soprattutto di impegnarsi per non vanificare. Anzi per non uccidere con la propria indifferenza ancora una volta coloro che sono morti per noi e perché molti di noi non siamo stati abbastanza vivi”.
Dopo aver sottolineato che il sacerdozio ministeriale aveva consentito a Don Peppino di presentare “il volto di un Dio che nella persona di Gesù manifesta l’onnipotenza in forza del suo essere debole, vulnerabile ed empatico, diversa dall’onnipotenza degli uomini che è mito della violenza, incapacità a sentire l’altro come persona ed essere forti con i deboli e deboli con i forti”, Don Tonino Palmese ha evidenziato che “la profezia della fede di Don Peppino Diana consisteva nella certezza dell’Amore che Dio nutre per ogni persona e allo stesso tempo nella consapevolezza che la gloria di Dio è l’uomo che vive”.
L'articolo si è concluso con l'apprezzamento dei Vescovi della Chiesa italiana che, nel recente documento dedicato al Mezzogiorno, sottolineano che “le comunità cristiane del Sud hanno visto emergere luminose testimonianze, come quella di don Pino Puglisi, don Giuseppe Diana e del giudice Rosario Livatino”.
Don Palmese ha ribadito, infine, che “le mafie sono strutture di peccato” e, rivolgendosi con affetto straordinario al sacerdote ucciso, gli ha detto: “sei martire e lo sappiamo in tanti. Speriamo che la tua gente ti riconosca come tale. Perciò, facendo memoria della tua vita offerta, intendiamo evitare che questo martirio venga ulteriormente alimentato, non più dai proiettili che ti hanno ucciso o dalle calunnie depistanti, ma dalla tiepidezza della memoria”.
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