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Il discorso di Benedetto XVI al suo arrivo all'aeroporto di Leon Guanajuato
di Luca Marcolivio
LEON, sabato, 24 marzo 2012 (ZENIT.org) – Dopo un viaggio di circa 14 ora, papa Benedetto XVI è atterrato puntuale all’aeroporto di internazionale di León-Guanajuato alle 16.30, ora locale (23.30 ora italiana).
L’aereo con a bordo il Papa, l’intera delegazione vaticana e i giornalisti accreditati, ha sorvolato i cieli di Francia, Regno Unito, Irlanda, Groenlandia (territorio danese) e Stati Uniti d’America: a ciascuno dei capi di stato di detti paesi, il Santo Padre ha recapitato un messaggio un messaggio di saluto, preghiera e benedizione, esteso a tutti i popoli da loro governati.
Benedetto XVI è stato accolto allo scalo messicano da una folla festante di fedeli e dalle folcloristiche bande musicali di mariachi. Tra le autorità politiche ed ecclesiastiche: il presidente messicano Felipe Calderón, accompagnato dalla consorte, l’arcivescovo di Leon, monsignor José Gualadupe Martin Rabago, e il nunzio apostolico in Messico, monsignor Christophe Pierre.
“Il Messico è un Paese che soffre la violenza spietata della delinquenza. Il crimine organizzato implica sofferenza”, ha detto il presidente Calderón, accogliendo il Papa. Il capo di stato messicano ha poi aggiunto di sperare “nei valori e i principi, nella famiglia, nella libertà e nella democrazia”, in cui il suo paese da sempre crede e che potranno riscattarlo.
Il Santo Padre ha espresso innanzitutto la propria gioia di poter “confermare nella fede il Popolo di Dio di questa nazione nella sua propria terra”. Ha quindi sottolineato come “proverbiale” il fervore del popolo messicano verso il Successore di Pietro, “che lo ha molto presente nella sua preghiera”.
“Con questa breve visita – ha proseguito Benedetto XVI - desidero stringere la mano di tutti i messicani e raggiungere le nazioni e i popoli latinoamericani, ben rappresentati qui da tanti Vescovi, proprio in questo luogo nel quale il maestoso monumento a Cristo Re, nel Cerro del Cubilete, manifesta il radicamento della fede cattolica tra i messicani, che si mettono sotto la sua costante benedizione in tutte le loro vicissitudini”.
Il Pontefice ha poi ricordato l’occasione del bicentenario dell’indipendenza dei popoli latino-americani, celebrato lo scorso 12 dicembre in San Pietro, giorno della solennità di Nostra Signora di Guadalupe, patrona delle Americhe, che “ha continuato a vegliare sulla fede dei suoi figli anche nella formazione di queste nazioni, e continua a farlo oggi dinanzi alle nuove sfide che si presentano loro”.
I messicani, ha aggiunto Benedetto XVI, devono diventare loro stessi espressione di “speranza”, anche dinnanzi ad “avvenimenti presenti poco piacevoli, che sembrano immutabili e insuperabili, aiutando chi nella vita non trova né senso, né avvenire”.
Il paese centroamericano e l’intero continente sono infatti “chiamati a vivere la speranza in Dio come una convinzione profonda, trasformandola in un atteggiamento del cuore e in un impegno concreto di camminare uniti verso un mondo migliore”.
Chiave di volta di ogni problema sociale e umano è sempre la carità, “elemento essenziale” della missione di ogni cristiano, ha sottolineato il Papa. Quella stessa carità che “è soccorrere coloro che patiscono la fame, sono privi di dimora, sono infermi o bisognosi in qualche aspetto della loro esistenza”.
In nome della carità, la Chiesa “non entra in competizione con altre iniziative private o pubbliche, anzi, essa collabora volentieri con coloro che perseguono questi stessi fini”. La carità è “fare del bene, in maniera disinteressata e rispettosa, al bisognoso, a chi, molte volte, manca più di tutto proprio di una prova di amore autentico”.
Il Santo Padre ha poi rivolto una preghiera al Signore e alla Vergine di Guadalupe, perché “questo popolo faccia onore alla fede ricevuta e alle sue migliori tradizioni”, in particolare “per coloro che più ne hanno bisogno, particolarmente quanti soffrono a causa di antiche e nuove rivalità, risentimenti e forme di violenza”.
Benedetto XVI ha infine ricordato i “tanti messicani che vivono fuori della propria patria natìa, ma che mai la dimenticano e desiderano vederla crescere nella concordia e in un autentico sviluppo integrale”.
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