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L'esperienza di Lourdes

L'esperienza di LourdesRiappropriarsi del "Padre Nostro" ai piedi della Vergine nella grotta di Lourdes

di Eugenio Fizzotti

 

ROMA, venerdì, 10 febbraio 2012 (ZENIT.org).- «Un “Padre Nostro” che raduna», «La gioia di pregare insieme», «L’Unitalsi è una esperienza di gioia», «Condividere il pane», «Una fede vincitrice», «Una accoglienza migliorata», «Un risveglio forte della fede», «L’invocazione a condividere meglio», «Comunicare la carità»: erano alcuni dei titoli degli articoli che il quotidiano francese “L’éclair” della Pyrénées Press, nell’edizione di Lourdes, dedicò al pellegrinaggio nazionale che l’Unitalsi attuò dal 25 settembre al 2 ottobre 2011.

Apparsi in italiano e in francese in edizioni speciali del 28, 29 e 30 settembre, gli articoli di Philippe Delvallée, integrati da quelli di Salvatore Pagliuca, di Giovanni Punzi, di Agostino Borromeo, di Marzia Tanini e di D. Danilo Priori, sottolinearono non solo e non tanto l’enorme massa di pellegrini (ben 10.500), di malati (oltre 1.700) e di volontari (ben 3.000) giunti nella cittadina pirenaica da tutta l’Italia con 15 treni, 11 aerei e 1 autobus, quanto soprattutto il profondo clima di preghiera, la partecipazione attenta alle diverse celebrazioni, la condivisione simpatica dell’esperienza, l’energia contagiosa nell’affrontare disagi di ogni tipo senza lamentarsi e senza recriminare.

Concentrato attorno alla tematica pastorale del “Padre Nostro”, considerato il pilastro centrale della fede cattolica, il pellegrinaggio nazionale dell’Unitalsi nel 2011 intese ripercorrere il cammino che viene indicato in termini semplici e coinvolgenti dalla preghiera che Gesù insegnò al suoi discepoli e che costituisce lo spazio eccezionale nel quale ogni credente può verificare l’approfondimento della propria fede e valutare la coerenza del proprio impegno personale e comunitario. Recitare e incarnare quotidianamente il Padre Nostro in fondo vuol dire percorrere con estrema serietà la vita buona del Vangelo, nella piena consapevolezza che solo una relazione profonda e sincera con Dio permette di soddisfare la propria fame di perdono, di speranza, di incoraggiamento, di amore.

Avvalendosi della fede robusta dei suoi 130.000 membri, l’Unitalsi affiancò ai momenti di preghiera comunitaria la presentazione dettagliata e coinvolgente dei tanti progetti che, nel corso dell’ultimo decennio, stanno caratterizzando l’impegno specifico delle sorelle, dei barellieri e dei cappellani non solo durante i pellegrinaggi ma nei territori di appartenenza. Basti pensare alle 10 case di accoglienza che, a partire dal 2002, sono state attivate su tutto il territorio nazionale e che accolgono i bambini affetti da varie patologie e le loro famiglie che sono costrette a lasciare le loro case per farli curare in centri ospedalieri specializzati. Anche se poche, risultano particolarmente utili le tre case famiglie che accolgono persone disabili prive dei principali riferimenti familiari e consentono loro, grazie alla gratuità e alla generosità dei volontari, di sperimentare un vero clima di solidarietà e di condivisione.

Originale è anche la “Casa di Gigi”, una comunità educativa che, aperta nel 2008, accoglie minori di entrambi i sessi da 3 a 13 anni su disposizione del Tribunale per i minorenni, consentendo loro di recuperare la serenità e la consapevolezza di non essere soli e di essere amati, svolgendo una vita normale, frequentando la scuola e dedicandosi ad attività sportive e ludico-ricreative.

Non manca l’attenzione alle persone anziane e disabili che vengono sistematicamente visitate nelle loro case, così come ai bambini in difficoltà che vengono aiutati nelle attività scolastiche e para-scolastiche con interventi socio-educativi che favoriscono le relazioni interpersonali e fanno attivare le proprie risorse interiore con proposte di varia portata.

Riconoscendo che si sta vivendo in un tempo caratterizzato dall’individualismo e dalla massificazione, l’Unitalsi volle che attraverso la meditazione quotidiana sulle frasi che compongono il Padre Nostro i pellegrini, i malati e tutto il personale riscoprissero che è quanto mai importante prendere posizione di fronte al rischio frenetico di venire influenzati da frasi fatte, da modi di dire generici, da comportamenti che sono puramente superficiali e privi di vero e proprio contenuto esistenziale. Ecco perché si fece un sistematico riferimento alla carità, attraverso la quale si realizza il comandamento dell’amore che, lasciato da Gesù ai suoi discepoli, diventa fonte straordinaria della felicità eterna.

In tale orizzonte risultò quanto mai significativa la proposta avanzata sia ai malati che ai pellegrini di rinunciare, nella giornata di giovedì 29 settembre, a mangiare il pane per poter donare il ricavato alle popolazioni del Corno d’Africa. L’accoglienza fu quanto mai calda, soprattutto perché alimentò la consapevolezza che tutti possono e devono impegnarsi nel condividere con i fratelli, sia quelli vicini che quelli lontani, il pane della tenerezza e della fedeltà.

 

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