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Separazioni e divorzi: il bambino al centro del conflitto coniugale

Separazioni e divorzi: il bambino al centro del conflitto coniugaleIntervista alla psicologa Valeria Giamundo sulle conseguenze di tale fenomeno nell'infanzia

di Britta Dörre

 

ROMA, martedì, 28febbraio 2012 (ZENIT.org) - Le separazioni e i divorzi sono un fenomeno sempre più in aumento anche in Italia. Sono numerose le cause di questo fenomeno e ancora più numerose le conseguenze che esso porta nell'ambito familiare, particolarmente sui figli.

ZENIT ne ha parlato con la psicologa Valeria Giamundo, psicoterapeuta e docente presso la Scuola di Psicoterapia cognitivo-comportamentale, che svolge attività di ricerca finalizzata allo sviluppo di interventi trattamentali innovativi sull’età evolutiva.

Negli ultimi anni la dottoressa si è interessata di separazioni e divorzi, sviluppando un modello di trattamento sull'elaborazione della separazione genitoriale, rivolto a gruppi di bambini e/o adolescenti.

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Dott.ssa Giamundo, quali sono le ragioni di tale incremento?

Dott.ssa Giamundo: Le separazioni e i divorzi sono la conseguenza di profonde trasformazioni sociali e culturali, a partire dalla emancipazione femminile, fino ad arrivare alla mentalità individualista della società odierna, che promuove l'interesse per il benessere dell'individuo e la realizzazione personale, a discapito di quello familiare e della società nel suo insieme.

L'instabilità lavorativa ed economica, e dunque lo stress e il sentimento di precarietà, sembrano rallentare il passaggio alla vita adulta e con esso la decisione di mettere su famiglia, subordinate al raggiungimento della stabilità del reddito, della ricerca di un'abitazione e così via. La conseguenza è una realtà familiare caratterizzata da nuclei sempre più piccoli, con equilibri instabili e conflittualità relazionali.

Le statistiche evidenziano inoltre che, affianco all'incremento delle separazioni e dei divorzi, si registra anche una diminuzione del tasso dei matrimoni, il che potrebbe confermare una effettiva propensione alla rottura dei legami.

Sono molte le persone che, vivendo una separazione o un divorzio, ricercano l’aiuto di uno psicologo?

Dott.ssa Giamundo: Con l'aumento del fenomeno è senz'altro cresciuto il bisogno di far riferimento a figure professionali come noi poiché, in realtà, non si è mai preparati veramente a fronteggiare un evento così stressante. La diffusione del fenomeno, infatti, ha comportato una tendenza alla normalizzazione talvolta eccessiva dell'evento, col rischio di sottovalutare gli esiti del processo separativo.

E quali sono le conseguenze?

Dott.ssa Giamundo: Gli studi dimostrano che la separazione coniugale è al secondo posto tra gli eventi stressanti nella vita di un individuo, subito dopo la morte di un parente stretto. In ambito clinico, infatti, la separazione viene paragonata proprio al lutto per le sue caratteristiche psicologiche ed emotive.

La divisione familiare genera ricadute inevitabili sul benessere psicofisico di tutti i membri della famiglia, e incide significativamente sulla qualità dei rapporti tra genitori e figli, generando la necessità, per tutti i membri, di ricorrere ad un supporto psicoterapico.

In un bambino quali sono i segni più frequenti?

Dott. Giamundo: Possono essere di varia natura ed entità: rabbia, frustrazione, ansia, depressione, regressioni, problemi comportamentali, disturbi del sonno e così via.

E' importante osservare le reazioni del bambino anche in contesti extra-familiari; gli insegnanti, ad esempio, sono una fonte importante di informazione circa il benessere del minore. Spesso sono proprio loro a segnalare un disagio, evidenziando ad esempio un calo dell'attenzione e dell'apprendimento.

Nel bambino tuttavia i segni della sofferenza non emergono sempre in maniera così evidente; i genitori infatti descrivono bambini che protestano apertamente, bambini che si chiudono in se stessi, ma anche bambini che reagiscono positivamente e che sembrano adattarsi facilmente all'evento.

In questi casi non va trascurato che potrebbe piuttosto trattarsi di forme di pseudo-adattamento, come accade nei bambini che negano la separazione dei genitori o inibiscono l'espressione del disagio per non intensificare il conflitto coniugale.

Quali sono gli effetti delle separazioni a lungo termine? Nel senso che i figli, nel corso della crescita, possono risentire molto degli errori dei genitori?

Dott. Giamundo: La separazione, se non è bene elaborata, può avere degli effetti a lungo tempo nella capacità di costruire e mantenere legami affettivi ma, attenzione, non è vero che i figli di genitori separati rischiano più esiti negativi dei figli di genitori uniti.

Il clima familiare e la qualità dei rapporti è un elemento essenziale. I danni maggiori sono dovuti infatti al perpetrarsi di condizioni in cui il minore si sente oggetto di contesa; in questi casi il bambino reagirà accentuando l’alleanza con uno dei genitori, generalmente quello affidatario o collocatario.

Lo schieramento con uno solo dei genitori è quasi necessario per il bambino che teme ulteriori abbandoni, ma esso genera dei vissuti carichi di sensi di colpa, conflitti interiori (oltre che relazionali) che avranno inevitabilmente delle conseguenze sul suo futuro equilibrio psico-affettivo.

Perché i genitori non riescono ad aiutare i figli in questo momento della storia familiare?

Dott.ssa Giamundo: I genitori vivono anch'essi la separazione come un evento traumatico, spesso inoltre la scelta di separarsi non è condivisa. In questi casi la rabbia, il timore, il senso di fallimento impediscono un confronto sereno e volto ad individuare le migliori soluzioni per l'equilibrio familiare.

La conflittualità è senz'altro il sintomo più frequente e si riflette in comportamenti distruttivi rivolti non unicamente verso il partner, ma anche verso i figli e se stessi. Si avviano delle vere e proprie guerre nelle aule dei tribunali, dove il diritto dei figli di vivere serenamente una relazione equilibrata con le due figure di riferimento viene affidato alla competenza di un giudice o di un perito.

Queste guerre possono causare l'intensificarsi del disagio del minore, con conseguenze acute e croniche che impediscono lo sviluppo di una personalità sana e armonica. Gli adulti di riferimento per i minori, divengono improvvisamente fragili e bisognosi d'aiuto; in alcuni casi saranno così i figli ad assumere il compito di "protettori", rimanendo invischiati in relazioni disfunzionali dove finiscono solitamente per proteggere il genitore ritenuto più debole.

Come dovrebbero comportarsi quindi i genitori per limitare la sofferenza dei figli?

Dott.ssa Giamundo: In questi casi i genitori vanno aiutati o supportati, attraverso la mediazione familiare, nell'attuazione di questo complesso processo di cambiamento, che implica una notevole riorganizzazione del funzionamento familiare. Il compito di un genitore è mantenere integra la funzione genitoriale, limitare il conflitto e rinnovare la rete di relazioni significative, affinché anche con esse possano meglio supportare la crescita del minore.

 

Ci sono regole comportamentali che possono guidare i genitori nella gestione dei figli durante una separazione?

Dott.ssa Giamundo: Secondo gli esperti, per tutelare il bambino, i genitori dovrebbero osservare tre principi fondamentali:

1) garantire la continuità delle condizioni più pragmatiche, come i ritmi dei pasti e dell’addormentamento, gli impegni extrascolastici, ecc..;

2) garantire la prevedibilità, ovvero dare al bambino la possibilità di prevedere alcuni eventi, di sapere anticipare cosa faranno;

3) garantire l’affidabilità, rimanendo dei punti di riferimento affettivi importanti per i figli, affinché si sentano realmente amati e supportati nei bisogni di crescita personali.

La famiglia allargata è un argomento molto dibattuto negli ultimi anni. Molti film la trattano e spesso si mostra che in questi casi, superati i problemi, c'è sempre un happy-end. Nella realtà come percepiscono i figli questo cambiamento?

Dott.ssa Giamundo: La transizione dalla famiglia unita alla famiglia separata spesso si accompagna alla formazione di nuovi nuclei familiari, e ciò richiede un ulteriore sforzo di adattamento da parte del minore.

La capacità di accettare e integrarsi nel nuovo contesto familiare dipende dalla sensibilità e gradualità dei genitori di favorire l’integrazione nel nuovo nucleo: essi non dovrebbero imporre tempi e modalità che non tengano conto delle caratteristiche individuali dei figli.

Se il bambino non ha accettato la separazione dei genitori, può percepire il nuovo partner come un intruso e il suo vissuto di abbandono può accompagnarsi a sentimenti di tradimento o esclusione.

La conoscenza e presenza del nuovo partner dovrebbe essere, quindi, graduale discreta, con particolare cautela a sfuggire alla "trappola" della competizione e della provocazione. Se poi è il genitore che ha "subito" la separazione a non accettare l'idea del nuovo compagno, il bambino rimane incastrato nel conflitto di lealtà e gli viene impedita la possibilità di costruire una buona relazione.

Un happy-end, dunque, sembra molto difficile….

Dott.ssa Giamundo: Al contrario, gli esiti dipendono dagli atteggiamenti dei genitori e dei loro rispettivi partner. L’happy-end è possibile, ma ci si deve lavorare. Non parlo solo dell'intervento professionale, ma mi riferisco alla volontà del genitore di mettersi in discussione, di partecipare attivamente e con maggiore consapevolezza al complesso processo della separazione.

Qual'è la funzione dello psicologo in questi casi?

Dott.ssa Giamundo: Il professionista dovrebbe innanzitutto esplorare la possibilità di una riconciliazione, ma se non ci sono le condizioni per favorire un ricongiungimento, la sua funzione consisterà nel facilitare l'elaborazione dell'evento, stimolare nell'adulto la consapevolezza delle numerose implicazioni che tale evento può avere sulla famiglia, sia sul piano emotivo - psichico che su quello concreto - organizzativo.

Per quanto riguarda il trattamento del bambino invece?

Dott.ssa Giamundo: Nel caso del bambino, l'intervento dovrà essere centrato sulla comprensione, accettazione, elaborazione della separazione genitoriale. E' importante aiutarlo a riconoscere le emozioni che ha generato, inclusi sentimenti di rabbia e frustrazione, ambivalenza affettiva o il senso di colpa, poiché spesso i figli si sentono responsabili dell'evento. In questa direzione, negli ultimi anni ho applicato la terapia di gruppo che si è rivelata particolarmente efficace per i bambini.

Come funziona questa terapia?

Dott.ssa Giamundo: I bambini affrontano i problemi legati alla separazione in gruppi omogenei per età, di 4 o 5 partecipanti. Condividono la sofferenza, si confrontano tra loro e si sostengono reciprocamente. Il bambino affronta il suo problema con più coraggio traendo vantaggio dalle esperienze altrui. Il ruolo del terapeuta è stimolare il confronto reciproco, aiutandoli ad esprimere i propri stati d'animo e trovare nuove soluzioni per facilitare l'adattamento. Per avere successo, ad ogni modo, la terapia del minore dovrà essere affiancata ad interventi di sostegno rivolti alle figure genitoriali.

Chi si rivolge a lei: i genitori spontaneamente o i genitori su richiesta dei loro figli?

Dott.ssa Giamundo: Solitamente sono i genitori a richiedere la consulenza per se stessi o per i figli. Nel migliore dei casi - mi riferisco a quei genitori particolarmente sensibili e attenti - la consultazione è richiesta in una fase precedente alla separazione, per essere orientati e guidati nel processo: capire, ad esempio, come comunicarlo ai figli, come proporre il cambiamento, riorganizzare i loro ritmi di vita e così via.

Quando invece la consulenza professionale è richiesta in una fase successiva, le motivazioni che la sottendono sono legate alle difficoltà a gestire il disagio del minore: i genitori cioè hanno preso atto che non sono in grado, da soli, di alleviare la sofferenza del proprio figlio.

Quali sono i casi più frequenti?

Dott.ssa Giamundo: Un caso che ricorre spesso è quello dei figli che, a partire dai 10 anni, chiedono ai genitori di fornire loro un aiuto professionale esterno.

Sono i casi in cui si regista un maggiore sofferenza, poiché i ragazzi hanno preso atto che il proprio disagio non è più risolvibile con l'aiuto genitoriale; ma sono anche i casi che hanno una prognosi più positiva, poiché la consapevolezza del disagio è unita al desiderio di superarlo, e proprio la motivazione al cambiamento faciliterà il recupero di una condizione di serenità ed equilibrio.

 

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