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Una riflessione di don Salvatore Vitiello sul disagio creato dall'ondata di freddo e neve
di Salvatore Vitiello*
ROMA, sabato, 4 febbraio (ZENIT.org).- Le condizioni di maltempo su tutta l’Italia e sull’intera Europa, con temperature siberiane ed importanti nevicate, hanno certamente determinato un profondo disagio per tutti, impedendo gli spostamenti e, talvolta, perfino di assolvere ai “normali” doveri lavorativi, stravolgendo l’ordinario svolgimento delle giornate.
Tuttavia, pur nell’oggettiva difficoltà di una situazione forse non adeguatamente prevista ed affrontata, è possibile, e quindi doveroso, porre in evidenza un elemento positivo: la presente situazione climatica ha un profondo valore pedagogico. In che senso?
Nel senso che ci educa tutti a ricordare che non siamo i “padroni del mondo”, che non tutto è nelle nostre mani, che i nostri mezzi ipertecnologici possono essere messi fuori uso da un improvviso abbassamento delle temperature o da un semplice blackout elettrico.
Dover camminare lentamente, a causa della neve e del ghiaccio, restituisce al “cammino” il suo significato, passo dopo passo, guardando attentamente dove si poggia il piede, osservando sia tutto ciò che si ha intorno, sia le persone che ci è dato di incrociare. Lentamente, con calma, quasi recuperando, d’improvviso, il tempo rubato dalla civiltà dei consumi e del quale, ormai, nemmeno ci rendiamo più conto.
La neve, poi, non solo ovattando i suoni, ma fermando la circolazione, ha reso le nostre città improvvisamente più silenziose, meno caotiche! Siamo davvero sicuri che il cosiddetto caos di queste ore, sia peggiore di quello che quotidianamente viviamo nel trambusto del traffico e nella concitazione dei vari impegni?
La realtà esiste! È per noi, è fuori di noi e non siamo noi a determinarla totalmente! La realtà è ancora capace di stupirci, e non solo nello sguardo incantato per i fiocchi di neve che cadono; la realtà ci stupisce perché è più grande dell’uomo. Possiamo e dobbiamo spalancarci ad essa, conoscerla, interagire per migliorarla, ma non siamo i “padroni” né i creatori del mondo. Qualche giorno di “fermo” alle frenetiche esistenze dell’uomo contemporaneo, non può che far bene, molto bene, allo spirito. Se ne approfitti per stare con le persone più care e condividere “pezzi di vita” che si sono lasciati indietro, per leggere quel buon libro che attende da mesi, per pregare un po’ quel Dio che ha fatto tutte le cose, che ha creato anche te e che, troppo spesso, dimentichi anche di salutare.
Il maltempo, contro il quale ben poco possiamo fare, ha il suo valore pedagogico: ci ricorda chi siamo, collocandoci gentilmente, ma invincibilmente, al nostro posto di creature. Ci obbliga a rallentare i ritmi (disumani) che spesso abbiamo e ci dona un po’ di silenzio, merce preziosissima, ma poco valutata nell’epoca contemporanea. Il maltempo educa, necessariamente, ad obbedire alla realtà.
E se, camminando nella neve, ci è parso di incrociare più facilmente lo sguardo ed il sorriso degli altri, affaticati ed impacciati come noi, non stupiamocene: si chiama umanità.
* Università Cattolica del Sacro Cuore - Roma
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