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Intervista al vicepresidente della comunità ebraica di Madrid
di Miriam Díez i Bosch
MADRID, venerdì, 26 agosto 2011 (ZENIT.org).- “Successo assoluto”, “gente sana”, “energia positiva”, “ritorno ai valori”. Si esprime con queste parole decise in questa intervista David Hatchwell, vicepresidente della Comunità Ebraica di Madrid (www.cjmadrid.org), interpellato sulla Giornata Mondiale della Gioventù 2011.
Lei ha offerto il suo sostegno alla GMG molto tempo prima che si celebrasse. Perché questa alleanza con un evento cattolico di questa portata?
Hatchwell: Noi che pensiamo le stesse cose dobbiamo essere uniti. I cattolici, come altri gruppi, hanno diritto di esprimersi, anche se ci sono proteste contro di questo. Hanno diritto di credere in ciò in cui credono, e per questo c'è vicinanza, perché noi ebrei sappiamo bene cosa voglia dire essere vilipendiati.
Comprendiamo cosa significhi essere delegittimati, e io lo vivo costantemente sulla mia pelle. Sono molto sensibile, e non solo mi preoccupano, ma mi infastidiscono le tendenze a delegittimare la gente. Si può non essere d'accordo con qualcuno, ma non si devono compiere attacchi a gruppi in modo ingiustificato e decontestualizzando.
In questo senso, il nostro sostegno a un evento come la GMG è chiaro. Sono felice che si sia svolta questa GMG, e per questo sono vicino a questa iniziativa.
L'evento, quindi, le è piaciuto...
Hatchwell: Questo viaggio del Papa è stato senz'altro un successo assoluto. E' il più grande evento degli ultimi decenni. Non ricordo di aver visto qualcosa di simile. Vedere Madrid con ogni tipo di giovani nelle strade, gente molto sana, con energia positiva, è stato incredibile, splendido. La valutazione può essere solo positiva.
Tutti i giorni, nella moltitudine di eventi che si sono succeduti, si è dimostrato che ciò che si voleva era un momento spirituale molto potente, ed è quello che si è verificato.
Ci sono state anche critiche...
Hatchwell: Solo qualche incidente di poche migliaia di persone, mentre dall'altra parte ce n'erano due milioni. Purtroppo alcuni media decontestualizzano e mostrano ciò che è marginale. Per me, però, insisto nel dire, è stato un successo assoluto.
Le Giornate hanno anche apportato moltissimo alla città di Madrid, per cui non capisco questi tentativi di criticarla.
Al di là delle informazioni e dei titoli, ciò che è chiaro è che Madrid è stata nella mappa del mondo per vari giorni, ed è stato molto positivo per la Spagna.
Quale aspetto del messaggio del Papa l'ha più colpita?
Hatchwell: Il messaggio è stato sicuramente molto importante, soprattutto il fatto di ricollegarsi a una serie di valori. Questa chiamata trascende un credo specifico, non sono messaggi solo cristiani, ma universali.
Il Papa ha chiesto ai giovani di essere coraggiosi nelle loro convinzioni. Siamo di fronte a un relativismo etico molto profondo, con una tendenza a privare di valore le cose che rappresentano i principi fondamentali dell'educazione di molte persone.
In questo siamo totalmente d'accordo con il Papa: in una società moderna servono valori per affrontare il relativismo e continuare a credere nelle convinzioni morali importanti per la gente.
Un altro aspetto importante del messaggio è stato il fatto che non viviamo nella tirannia dell'individuo, non c'è un io assoluto, ma si richiedono valori spirituali comuni e il servizio al prossimo.
Questi valori sono condivisi da ebrei e cristiani?
Hatchwell: Assolutamente. Gli ebrei e i cristiani condividono valori comuni fondamentali. Gesù era ebreo, e anche i primi cristiani. Da ciò derivano i valori condivisi, che continuano senz'altro ad essere gli stessi.
Dal Concilio Vaticano II le relazioni tra la Chiesa cattolica e l'ebraismo sono migliorate in modo sostanziale...
Hatchwell: Sappiamo che per secoli le relazioni tra la Chiesa e l'ebraismo non sono state affatto quelle che abbiamo oggi; negli ultimi quarant'anni sono migliorate. Mi sento privilegiato a vivere al giorno d'oggi, in un momento in cui la Chiesa percepisce in modo del tutto diverso gli ebrei.
I giovani ebrei hanno incontri come la GMG?
Hatchwell: Hanno incontri, ma non di questa portata. Ci sono riunioni di giovani di tutto il mondo, da Russia, Etiopia, Stati Uniti..., in cui si incontrano e condividono valori comuni. Riflettono sulla vita, sul servire gli altri, sull'assumere responsabilità...
Nella nostra tradizione i giovani sono molto importanti. Gli adulti hanno più conoscenze ed esperienza, ma il presente e il futuro è dei giovani: bisogna investire sempre su di loro perché conoscano le basi della nostra tradizione, le vivano e le possano trasmettere, perché se non ci si impegna con i giovani tra 30 anni le cifre potrebbero cambiare.
Bisogna offrire un elemento culturale fondamentale ai giovani. Nel mio caso ho la fortuna di vivere in un Paese democratico in cui ho diritto di osservare il mio culto, e mi piacerebbe moltissimo che i miei figli lo seguissero come ho fatto io e come hanno fatto i miei genitori e gli altri ebrei da migliaia di anni. Voglio far capire loro che non sono solo responsabili dei loro microcosmi, e che è un bene che abbiano una vita felice, piena e di successo, ma servendo gli altri, non solo la comunità ebraica, essendo brave persone, e altruisti.
Anche in questo senso cristiani ed ebrei condividono valori. Pensiamo al fatto che l'ebraismo nacque come prima religione monoteista in un momento in cui non c'era il diritto alla vita per tutti, se eri schiavo non avevi gli stessi diritti, c'erano sacrifici umani... I diritti umani sono parte del DNA dell'ebraismo, e hanno configurato la società occidentale, come il cristianesimo.
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