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Mons. Savio Hon Tai-Fai traccia l'identikit del presbitero
di Roberta Sciamplicotti
ROMA, domenica, 10 luglio 2011 (ZENIT.org).- Per l'Arcivescovo Savio Hon Tai-Fai, il sacerdote deve incarnare 3 “M”, essendo missionario, mediatore e martire.
Il segretario della Congregazione vaticana per l'Evangelizzazione dei Popoli lo ha affermato questo sabato pomeriggio presiedendo l'ordinazione sacerdotale di un frate francescano nella basilica romana di Santa Maria in Aracoeli, situata accanto al Campidoglio.
Rivolgendosi all'ordinando, fr. Mauro Zannin, O.F.M., originario della Svizzera, il presule ha spiegato le “3 M” commentando il Vangelo della XV Domenica del Tempo Ordinario, che narra la parabola del buon seminatore (Mt 13, 1-23), che inizia con le parole “Gesù uscì di casa”.
“Nell'ultima cena Gesù ha parlato della casa del Padre suo”, ha affermato l'Arcivescovo Hon Tai-Fai, sottolineando che “Gesù Cristo è venuto dal Padre” e nella Lettera agli Ebrei “è chiamato 'apostolo', cioè mandato dal Padre”.
Gesù, ha aggiunto, “è il solo sommo sacerdote del Nuovo Testamento; in Lui anche tutto il popolo santo di Dio è stato costituito popolo sacerdotale”.
Tra tutti i suoi discepoli, “volle sceglierne alcuni in particolare, perché esercitando pubblicamente nella Chiesa in suo nome l'ufficio sacerdotale a favore di tutti gli uomini continuassero la sua missione di maestro, sacerdote e pastore”.
In questo contesto, ha indicato il segretario del dicastero vaticano, “essere missionario significa essere mandato dal Padre per amare”.
Il sacerdote, ha proseguito, deve essere anche mediatore, come ha segnalato anche Papa Benedetto XVI definendo il presbitero “mediatore fra Dio e gli uomini”.
Se nella vita terrena “non mancano le sofferenze e le prove”, “il credente, e soprattutto il sacerdote, deve saper attendere con speranza e perseveranza la gloria futura”.
“Caro Mauro”, ha detto l'Arcivescovo rivolgendosi all'ordinando, “tu continuerai l'opera trasformatrice di Cristo, di trasformare cioè le prove e le sofferenze in 'sacrificio vivente, santo, gradito a Dio'. Mediante il tuo ministero il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto, perché congiunto al sacrificio di Cristo, che per le tue mani in nome di tutta la Chiesa viene offerto in modo incruento sull'altare nella celebrazioone dei santi misteri”.
La terza “M” del sacerdote è quella che richiama il martirio, ha dichiarato monsignor Hon Tai-Fai nel giorno in cui la Chiesa celebrava proprio la festa dei 120 martiri cinesi beatificati in vari gruppi tra il 1746 e il 1951 e canonizzati da Papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000.
“Il Vangelo”, ha commentato il presule riferendosi ancora al brano del buon seminatore, “parla del terreno buono per accogliere la Parola. Il sangue dei martiri feconda il terreno per la Parola. Gesù Cristo è la Parola definitiva ed efficace che è uscita dal Padre ed è ritornata a Lui, realizzando perfettamente nel mondo la Sua volontà. Il Seminatore che porta la parola diventa la Parola stessa”.
Per questo, l'Arcivescovo ha esortato l'ordinando ad essere “testimone di Cristo, perché con la parola e l'esempio possa edificare la Chiesa ed essere il profumo di Cristo nel tuo insegnamento, gioia e sostegno ai fedeli”.
“Segui l'esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire”, ha esortato.
Il presule ha poi concluso citando una preghiera di San Tommaso “perché è piena di spirito di San Francesco”: “Mio Dio, non dimenticarti di me, quando io mi dimentico di te. Non abbandonarmi, Signore, quando io ti abbandono. Non allontanarti da me, quando io mi allontano da te. Chiamami se ti fuggo, attirami se ti resisto, rialzami se cado”.
“Donami, Signore mio, un cuore vigile, che nessun vano pensiero porti lontano da te, un cuore retto, che nessuna intenzione perversa possa sviare, un cuore fermo, che resista con coraggio ad ogni avversità, un cuore libero, che nessuna torbida passione possa vincere”.
“Concedimi, ti prego, una volontà che ti cerchi, una sapienza che ti trovi, una vita che ti piaccia, una perseveranza che ti attenda con fiducia e una fiducia che alla fine giunga a possederti”.
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