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Medjugorje, la collina che affascina il mondo

MedjugorjeDi Luigi Geninazzi, da "Avvenire"

È come se qualcuno, già tanto tempo fa, avesse previsto che in questo sperduto villaggio tra le montagne della Bosnia sarebbero arrivati milioni di visitatori. Non si spiega altrimenti l’enorme chiesa con due alti campanili sulla facciata che i francescani vollero dedicare a san Giacomo, un edificio imponente per una parrocchia di poche centinaia di persone, quale era appunto Medjugorje nel secolo scorso. Ma ieri, a trent’anni esatti dal 24 giugno 1981, quando sei ragazzi affermarono d’aver visto la Madonna, l’ampia navata non poteva contenere tutti i pellegrini giunti qui per un evento di fede ed al tempo stesso per un gesto di gratitudine verso la «Gospa», la Signora, come viene chiamata in terra croata la Vergine Maria. È un flusso continuo di migliaia di persone, un miscuglio di lingue che risuonano durante le Messe celebrate per tutto il giorno sul vasto spiazzo erboso dietro la chiesa dove è stato collocato un grande altare circondato a raggiera da lunghe file di panche. Solo i più fortunati, o per meglio dire i più mattinieri, riescono ad avvicinarsi alla statua della Madonna all’interno della chiesa. Sopra le teste ondeggianti della folla si può intravedere la scritta a caratteri cubitali «Totus tuus». Ai suoi piedi, in mezzo a tantissimi fiori, una distesa di biglietti e di foto con suppliche e ringraziamenti.

C’è una sorta di percorso obbligato a Medjugorje. Il primo appuntamento è alla chiesa di San Giacomo che ormai porta il nome di «Regina della pace». Quindi nel pomeriggio si sale al Prodbrdo, che chiamano «la collina delle apparizioni», un cammino ripido e impervio tra rocce rossastre infuocate dal sole ed arbusti rinsecchiti. Genitori coi bambini sulle spalle, anziani che si trascinano faticosamente col bastone, giovani nerboruti che portano i malati sulla loro carrozzella, fedeli a piedi scalzi, e quelli ancor più eroici che in segno d’espiazione procedono in ginocchio. Si sosta in preghiera davanti ai rilievi in bronzo raffiguranti i misteri gioiosi e dolorosi del Rosario, quindi si arriva in cima alla collina, di fronte alla statua della Madonna donata da una delegazione coreana. C’è appena il tempo di scendere per la recita del Rosario alle sei del pomeriggio, seguita dalla Messa solenne. La giornata si chiude con l’adorazione eucaristica che ieri, in occasione dell’anniversario, è proseguita tutta la notte.

A Medjugorje pulsa il cuore del mondo e, se mai ce ne fosse bisogno, lo conferma in questi giorni l’arrivo di pellegrini di ogni nazionalità. Croati e sloveni ovviamente e poi tantissimi italiani, polacchi, tedeschi, francesi, latino-americani. Senza dimenticare i gruppi che arrivano dalla Russia e dall’Estremo Oriente. È la graduatoria approssimativa che si può fare guardando le bandiere e ascoltando le voci di una folla variopinta che, sfidando il caldo torrido, assiste devota e compunta alla liturgia, introdotta da un momento di catechesi. La tiene Marija Pavlovic, una delle tre presunte «veggenti» che sostengono di avere apparizioni quotidiane della Madonna. Rievoca l’inizio di quella che i giornali jugoslavi di allora, definirono «una strana rivoluzione da soffocare».

Ricorda le minacce e le persecuzioni del regime comunista, l’incarcerazione del parroco, don Jozo, il divieto d’accesso al Podbrdo e la chiusura della chiesa di San Giacomo. Ma la gente si riuniva a pregare all’aria aperta e così le autorità ritirarono il decreto per evitare lo scandalo. «Oggi siamo qui, dentro e fuori la chiesa – dice Marija –. Quella rivoluzione ha vinto perché non aveva nessun altro scopo se non l’annuncio della misericordia di Dio ripetuto ancora una volta da sua Madre». Ecco cos’è Medjugorje, spiega il padre francescano Danko: «un luogo di conversione del cuore», un miracolo che cambia la vita.

Luigi Geninazzi

 

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