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La presenza dei cattolici nei partiti? Una chance

S.E. Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEIIl Segretario Generale della CEI al Convegno "Cattolici e cattolici a confronto

ROMA, lunedì, 30 maggio 2011 (ZENIT.org).- I cattolici impegnati in politica devono rimanere uniti sui valori anche se militano in schieramenti opposti e seguire la logica del confronto costruttivo. E' quanto ha detto mons. Mariano Crociata, Segretario generale della CEI,
intervenendo questo lunedì alla Camera dei Deputati in occasione del Convegno “Cattolici e cattolici a confronto”.

“La presenza dei cattolici nei vari partiti – ha spiegato – è una scommessa e una chance affinché la politica prenda la piega di un concorso costruttivo e non lacerante, alla ricerca del bene comune e non solo di quello di una parte”.

“La sfida più grande è non farsi fagocitare dalle logiche conflittuali interpartitiche, ma far agire la logica del confronto costruttivo”.

“L’interesse di parte – ha sottolineato – non può oscurare la visione e la ricerca del bene generale: di questo i cattolici in politica devono sentire la primigenia e irriducibile responsabilità, come testimonianza di fede e di una appartenenza ancora più originaria e discriminante”.

In questa prospettiva, per la CEI “le diverse rappresentazioni del bene generale e la ricerca di tutti per un qualche interesse di parte devono trovare una forma di composizione che non cancelli le differenze, ma evolva verso la visione di un bene più grande in cui sia possibile riconoscere l’apporto di ciascuno senza penalizzare il bene di tutti”.

“La cosa più triste – ha sottolineato mons. Crociata - sarebbe vedere cattolici per i quali è maggiore la forza conflittuale dell’appartenenza partitica piuttosto che la capacità di dialogo”.

Oggi, ha osservato, “c’è bisogno di trovare forme e percorsi di trasformazione della politica”, attraverso “la volontà e lo spirito di iniziativa e di inventiva nel fare spazio a giovani che possano apprendere sul campo un modo costruttivo di operare in politica, partendo dall’alleanza con altri credenti e fecondando le dinamiche partitiche di lungimiranza e di progettualità in vista della realizzazione crescente del bene di tutti”.

Per mons. Crociata, chi si impegna in politica da cattolico deve tener presente “il carattere contingente della scelta politica di schieramento”, il fatto cioè che “nessuna scelta politica può tradurre compiutamente la visione cristiana e farlo in una forma sociale definita perfettamente corrispondente ad essa”.

Nella scelta politica, quindi, “entra in gioco il discernimento personale e di gruppo nell’esercizio concreto della responsabilità vocazionale in ambito socio-politico alle determinate condizioni di
tempo e di luogo. Ma la comunità ecclesiale – ha puntualizzato il Vescovo - non ha il compito di assumere un impegno politico diretto o di dare indicazioni circa il progetto politico di volta in volta e di luogo in luogo da realizzare”.

Per quanto riguarda la scelta su come esprime l’impegno dei cattolici in una qualche forma di unità politica, i Vescovi italiani si aspettano che “ogni scelta sia dettata da un discernimento che abbia una continuità e una coerenza con quella visione d’insieme che l’insegnamento sociale della Chiesa prepara e rende possibile”.

“Contingente”, infatti, per la CEI non vuol dire “privo di riferimento con i principi della dottrina sociale che indirizza l’approccio e l’impegno dei credenti, qualunque sia la forma politica in cui questi si trovino a operare”.

“Ciò che unisce i credenti tra di loro è più importante e maggiore rispetto alle differenze determinate dalla realtà sociale e politica”, ha affermato mons. Crociata, secondo il quale “il compito decisivo e assolutamente prioritario di ogni credente è coltivare la propria fede e curare la sua espressione e coerenza in tutti gli ambiti dell’esistenza, primi fra tutti quelli in cui si esplica la dimensione vocazionale della sua identità personale”.

Un “impegno”, questo, che “trova espressione nell’ascolto della Parola, nella preghiera, nella vita sacramentale, e poi nello sforzo di tradurre negli ambiti della vita sociale le esigenze della vocazione cristiana con coerenza di giudizio, di atteggiamenti, di scelte e di comportamenti”.

“Qui sta il primo e fondamentale sostegno che anche un credente impegnato nella vita pubblica può ricevere e si deve attendere dalla comunità ecclesiale a cui appartiene”, ha commentato il Vescovo, puntualizzando che “non è spiritualismo o intimismo, e tanto meno devozionismo, rinviare alla dimensione ordinaria della vita della Chiesa come costitutiva anche di un impegno in politica da credenti”.

 

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