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Appello del Vescovo di Rumbek per i rifugiati sudanesi

Mons. Cesare Mazzolari, Vescovo di RumbekIn centinaia di migliaia fuggono dal regime islamico di Khartoum

ROMA, giovedì, 2 giugno 2011 (ZENIT.org).- “Circa 300.000 profughi sono in fuga dal Sudan, dove c'è un Governo islamico. Stanno arrivando nel nuovo Stato del Sud Sudan e servono cibo, medicinali, ma anche plastica perché si possano coprire in questo inizio della stagione delle piogge”.

E' l'appello lanciato da monsignor Cesare Mazzolari, Vescovo di Rumbek, nel Sud Sudan, durante la conferenza stampa svoltasi presso la sede della “Radio Vaticana” alla presenza del portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, S.I..

Il Vescovo Mazzolari ha ricordato le parole che gli disse Giovanni Paolo II: “Cesare, ti mando in una terra in cui esiste una guerra ingiusta. Devi cercare di prenderti cura di questa gente”.

“In obbedienza a Giovanni Paolo II, chiedo alla comunità internazionale di inviare i suoi aiuti”, ha dichiarato il presule.

Mentre in Libia, in Costa d'Avorio e in altri luoghi risuonano le armi, il Sud Sudan, grazie a un trattato di pace firmato nel 2005, ha indetto un referendum al quale la popolazione ha partecipato massicciamente scegliendo l’indipendenza, che sarà proclamata il 9 luglio a Juba, la nuova capitale, alla presenza di rappresentanti di oltre 80 Nazioni.

Il Sud Sudan, il 54° Stato africano, ufficializzerà quindi il distacco dal regime islamico del Nord, che ora minaccia di impiantare la sharia (la legge islamica) come fonte costituzionale e minaccia e provoca il nuovo Stato, arrivando nei giorni scorsi all’occupazione militare della città di Abyei, area petrolifera contesa tra Sudan e Sud Sudan.

La guerra civile è durata 23 anni ed è costata 2 milioni di vite umane. Questo referendum, al quale hanno partecipato 3,8 milioni di votanti con oltre il 98% a favore dell’indipendenza, significa una nuova esperienza per l’Africa.

“Ora bisogna lavorare per l’unità e l’integrazione, aiutare gli sfollati, ma anche preoccuparsi per la Chiesa del Sudan, perché si teme che il Governo di Khartoum non rinnovi i visti ai missionari, tolga i fondi per gli aiuti, espropri le scuole e i centri cristiani”, ha ricordato il Vescovo.

La Nunziatura Apostolica rimarrà a Khartoum con una sola Conferenza Episcopale, mentre si desidera che l’Italia apra un’ambasciata a Juba per facilitare l’arrivo di altre persone e imprenditori. “L'Università del Sacro Cuore – ha precisato il Vescovo Mazzolari – aiuterà l’Università di Juba con corsi da 3 a 5 mesi per promuovere le amministrazioni”.

Il presule ha considerato che ci vorranno “da 5 a 10 anni per uscire dalla povertà”, anche per il fatto che “il livello della classe dirigente è pari a zero”.

Monsignor Mazzolari ha anche ricordato che la Conferenza Episcopale Italiana ha inviato 5,2 milioni di euro per scuole, Diocesi e scuola magistrale per insegnanti che a loro volta educheranno altri maestri destinati a 50.000 giovani.

Nel nuovo Stato, però, ci sono cose da migliorare: “Esiste disagio tra i giovani e diverse tribù perché la Costituzione del 2005 è stata fatta a porte chiuse. Anche noi come Chiesa siamo rimasti fuori”, ha osservato.

Il presule ha ricordato che la Chiesa locale “nell’ultima lettera al Presidente ha indicato come la mancanza di comunicazione stia creando malumore. Vorremmo più partecipazione, anche della gente e della Chiesa”.

Ha poi sottolineato che l'Italia è stata in prima linea per il trattato di pace del 2005. “L'Italia non deve cedere”, ha affermato, ricordando che la popolazione locale commenta: “Il Sudan era colonia britannica e ci hanno abbandonati. L’Italia ci ha portato la pace, ora non ci abbandoni”.

Monsignor Mazzolari ha constatato che “il Sud Sudan vuole costituirsi in senso democratico anche se ancora manca apertura al popolo”.

“Prevedo che siamo all'inizio di un'epoca nuova di consolidamento del cristianesimo”. “Ci sono molti studenti vicini al Presidente che portano i valori cristiani”.

Il Vescovo ha quindi concluso ricordando che questa indipendenza “è simbolo della libertà ottenuta in maniera pacifica e costruttiva. Questa è la vera libertà all’africana, mentre il debito mondiale è una forma di schiavismo. La Siria, la Libia, vogliono tutti una libertà genuina. Questo il Sud Sudan lo ha ottenuto. Ma il cammino da fare è molto lungo”.

 

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