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Conversazione del Papa con gli astronauti della stazione spaziale

Il Santo Padre in collegamento con gli astronauti della Stazione Spaziale InternazionaleTrascrizione dello storico collegamento via satellite

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 22 maggio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la trascrizione della conversazione che Papa Benedetto XVI ha avuto questo sabato con l'equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale, in occasione dell'ultima missione dello Shuttle Endeavour.

Grazie a un collegamento via satellite, il Pontefice, che si trovava nella Sala Foconi del Palazzo Apostolico Vaticano, ha potuto vedere gli astronauti su uno schermo televisivo, mentre la Stazione Spaziale riceveva solo l'audio delle sue parole.

La connessione è durata venti minuti ed è iniziata con alcune parole del colonnello Thomas Reiter, direttore voli umani e operazioni dell'Agenzia Spaziale Europea, che si trovava in Vaticano, dei membri dell'equipaggio e della NASA per verificare il funzionamento tecnico.

Introduzione di Benedetto XVI:

Cari astronauti,

sono molto lieto di avere questa straordinaria possibilità di una conversazione con voi durante la vostra missione. Sono particolarmente grato di potermi rivolgere a così tanti di voi, data la presenza contemporanea in questo momento di due equipaggi sulla Stazione Spaziale.

L’umanità vive un periodo di rapidissimo progresso delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecniche. In certo senso voi siete i nostri rappresentanti - la punta avanzata dell’umanità che esplora nuovi spazi e nuove possibilità per il nostro avvenire, andando aldilà dei limiti delle nostre esperienze quotidiane.

Tutti ammiriamo il vostro coraggio, la disciplina e l’impegno con cui vi siete preparati per questa missione. Noi siamo convinti che siete animati da nobili ideali e che volete mettere i frutti delle vostre ricerche e delle vostre imprese a disposizione di tutta l’umanità e per il bene comune.

Questa conversazione mi dà quindi modo di esprimere anch’io la mia ammirazione e il mio apprezzamento per voi e tutti quelli che collaborano a rendere possibile la vostra impresa e di incoraggiarvi cordialmente nel portarla a compimento con sicurezza e successo.

Ma questa deve essere una conversazione, perciò non devo essere solo io a parlare. Anzi sono molto interessato a sentire da voi le vostre esperienze e le vostre riflessioni. Permettetemi quindi di rivolgervi alcune domande:

Prima domanda

Benedetto XVI: Dalla Stazione Spaziale vedete la nostra Terra da una prospettiva molto diversa. Sorvolate continenti e popoli diversi molte volte al giorno. Credo che per voi sia evidente che viviamo tutti insieme su una sola Terra e che è assurdo combattersi e uccidersi fra noi. So che la moglie di Mark Kelly è stata vittima di un grave attentato e spero che la sua salute continui a migliorare. Contemplando dall’alto la Terra, quali considerazioni fate dunque sul modo in cui le nazioni e i popoli vivono insieme quaggiù, o su come la scienza può contribuire alla causa della pace?

Mark Kelly (Stati Uniti): Grazie, Santità, per le sue parole gentili e grazie per avere ricordato mia moglie Gabby. La sua è una domanda interessante. Infatti, noi voliamo sul mondo e non vediamo confini, ma allo stesso tempo ci rendiamo conto del fatto che i popoli si combattono, che c’è tanta violenza in questo mondo e questo è veramente una disgrazia. In genere, i popoli si combattono per ragioni diverse. Lo vediamo oggi nel Medio Oriente: in parte ne va della democrazia, ma normalmente i popoli lottano per le risorse. E’ interessante quello che accade nello spazio: sulla Terra, infatti, spesso si lotta per l’energia; nello spazio, utilizziamo l’energia solare e sulla Stazione spaziale abbiamo riserve energetiche. Vede, la scienza e la tecnologia applicate alla Stazione spaziale per sviluppare il potenziale di energia solare ci rifornisce in realtà di una quantità pressoché illimitata di energia. Ecco, se queste tecnologie fossero maggiormente utilizzate sulla Terra, probabilmente si potrebbe ridurre anche la violenza.

Seconda domanda

Benedetto XVI: Uno dei temi su cui ritorno spesso nei miei discorsi è quello della responsabilità che tutti abbiamo per l’avvenire del nostro Pianeta. Ricordo che vi sono seri rischi per l’ambiente e per la sopravvivenza delle future generazioni. Gli scienziati ci invitano alla prudenza, e dal punto di vista etico dobbiamo far crescere le nostre coscienze. Dal vostro punto straordinario di osservazione come vedete la situazione della Terra? Vedete dei segni o dei fenomeni a cui dobbiamo essere più attenti?

Ron Garan (Stati Uniti): Santità, è un grande onore parlare con lei. Ha ragione: quello che abbiamo da qui è veramente un punto di vista straordinario. Da un lato, vediamo quanto indescrivibilmente bello sia il pianeta che ci è stato dato; dall’altro, possiamo vedere quanto in realtà sia fragile. Prendiamo, ad esempio, l’atmosfera: vista dallo spazio, essa è fina come un foglio di carta, e il pensiero che questo strato fino come un foglio di carta sia tutto quello che separa qualsiasi essere vivente dal vuoto dello spazio, e che sia tutto quello che ci protegge, è un pensiero che fa riflettere. Vede, a noi sembra incredibile vedere la Terra appesa nel nero dello spazio e pensare che noi ci troviamo lì, tutti insieme, nella corsa di questa fragile oasi attraverso l’universo … Ecco, ci ricolma di grande speranza il pensiero di trovarci tutti insieme a bordo di questa incredibile Stazione spaziale orbitante, realizzata da tanti Paesi in collaborazione internazionale, per svolgere questa grandiosa impresa in orbita … Vede, questo dimostra che lavorando insieme, collaborando, possiamo superare molti dei problemi che il pianeta si trova ad affrontare, potremmo risolvere molte delle sfide poste agli abitanti del nostro pianeta, che è veramente un bellissimo luogo in cui vivere e lavorare, e questo [nel quale ci troviamo] è un luogo incredibile per ammirare la nostra bella Terra!

Terza domanda

Benedetto XVI: L’esperienza che state facendo ora è straordinaria e importantissima, ma poi tornerete su questa Terra come tutti noi. Quando tornerete sarete guardati con ammirazione, sarete trattati come degli eroi e parlerete con grande autorità. Vi inviteranno a parlare delle vostre esperienze. Quali saranno i messaggi più importanti che vorreste poter indirizzare, soprattutto ai giovani, che vivranno in un mondo profondamente segnato dalle vostre esperienze e dalle vostre scoperte?

Mike Finchke (Stati Uniti): Santità, come hanno detto i miei colleghi, noi possiamo guardare in basso ed ammirare quello splendido pianeta Terra che ha fatto Dio, che è il più bel pianeta nell’intero sistema solare. Però, se alziamo lo sguardo, vediamo il resto dell’universo, e l’universo è lì per essere esplorato da noi. E la Stazione spaziale internazionale è solamente un simbolo, un esempio di quello che gli esseri umani possono fare quando lavorano insieme in termini costruttivi. Quindi il nostro messaggio – uno dei nostri messaggi, ma credo il più importante – è che dobbiamo far sapere ai figli, ai giovani di questo pianeta che intorno a noi c’è tutto un universo da esplorare. E che se lo facciamo insieme, non c’è nulla che non possiamo ottenere!

Quarta domanda

Benedetto XVI: L’esplorazione dello spazio è un’avventura scientifica affascinante. So infatti che in questi giorni installate nuovi strumenti per la ricerca scientifica e lo studio delle radiazioni che giungono dagli spazi più lontani. Ma credo che sia anche un’avventura dello spirito umano, uno stimolo potente a riflettere sull’origine e sul destino dell’universo e dell’umanità. I credenti guardando spesso verso gli spazi sconfinati, meditando sul Creatore di tutto ciò, e sono colpiti dal mistero della sua grandezza. Perciò la medaglia che ho affidato a Roberto (Vittori) come segno della mia partecipazione alla vostra missione rappresenta la creazione dell’uomo, dipinta da Michelangelo sulla volta della Cappella Sistina. Nel vostro intenso impegno di lavoro e di ricerca, vi succede di fermarvi e fare simili riflessioni - forse anche di rivolgere una preghiera al Creatore? Oppure sarà più facile per voi riflettere su queste cose quando sarete ritornati sulla Terra?

Roberto Vittori (Italia): Santità, vivere a bordo della Stazione spaziale internazionale, lavorare da astronauta sullo shuttle Soyuz della Stazione è un’esperienza estremamente intensa. Ma, quando scende la notte, noi tutti possiamo guardare in basso, alla Terra: il nostro pianeta, il pianeta blu, è bellissimo. Blu è il colore del nostro pianeta, blu è il colore del cielo, blu è anche il colore dell’Aeronautica militare italiana, l’organizzazione che mi ha dato l’opportunità di entrare nell’Agenzia spaziale italiana prima e quindi nell’Agenzia spaziale europea. Quando abbiamo un momento di tempo per guardare verso il basso la bellezza, che è l’effetto tridimensionale della bellezza del nostro pianeta, cattura il nostro cuore, cattura il mio cuore. E allora prego: prego per me, per le nostre famiglie, per il nostro futuro. Ho portato con me la medaglia, e la faccio galleggiare davanti a me, a dimostrazione dell’assenza di gravità. Io desidero ringraziarla molto per questa opportunità; voglio che questa medaglia fluttui verso il mio amico e collega Paolo: infatti, lui tornerà sulla Terra sul Soyuz. Io l’ho portata con me nello spazio e lui la riporterà sulla Terra per restituirla a lei.

Quinta domanda - in italiano - per Paolo Nespoli

Benedetto XVI: La mia ultima domanda è per Paolo. Caro Paolo, so che nei giorni scorsi la tua mamma ti ha lasciato e quando fra pochi giorni tornerai a casa non la troverai più ad aspettarti. Tutti ti siamo stati vicini, anche io ho pregato per lei…Come hai vissuto questo tempo di dolore? Nella vostra Stazione vi sentite lontani e isolati e soffrite un senso di separazione, o vi sentite uniti fra voi e inseriti in una comunità che vi accompagna con attenzione e affetto?

Paolo Nespoli (Italia): Santo Padre, ho sentito le sue preghiere, le vostre preghiere arrivare fino qua su: è vero, siamo fuori da questo mondo, orbitiamo intorno alla Terra ed abbiamo un punto di vantaggio per guardare la Terra e per sentire tutto quello che ci sta attorno. I miei colleghi qui, a bordo della Stazione – Dimitri, Kelly, Ron, Alexander e Andrei – mi sono stati vicini in questo momento importante per me, molto intenso, così come i miei fratelli, le mie sorelle, le mie zie, i miei cugini, i miei parenti sono stati vicini a mia madre negli ultimi momenti. Sono grato di tutto questo. Mi sono sentito lontano ma anche molto vicino, e sicuramente il pensiero di sentire tutti voi vicino a me, uniti in questo momento, è stato di estremo sollievo. Ringrazio anche l’Agenzia spaziale europea e l’Agenzia spaziale americana, che hanno messo a disposizione le risorse affinché io abbia potuto parlare con lei negli ultimi momenti.

Parole conclusive del Papa (in inglese):

Cari astronauti, vi ringrazio cordialmente per questa bellissima occasione di incontro e di dialogo con voi. Avete aiutato me e tante altre persone a riflettere insieme su temi importanti per l’avvenire dell’umanità. Faccio i migliori auguri per il vostro lavoro e per il successo della vostra grande missione al servizio della scienza, della collaborazione internazionale, del progresso autentico e della pace nel mondo. Continuerò a seguirvi con il mio pensiero e la mia preghiera e vi imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica.

 

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