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Mons. Tomasi interviene alla IV Conferenza ONU sul tema
di Roberta Sciamplicotti
ROMA, lunedì, 23 maggio 2011 (ZENIT.org).- Perché i Paesi meno sviluppati (PMS) possano progredire verso lo sviluppo, devono essere aiutati con spirito di solidarietà e di gratuità, ha affermato l'Arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Capo Delegazione della Santa Sede, in occasione della Quarta Conferenza delle Nazioni Unite su questi Paesi, svoltasi a Istanbul (Turchia) dal 9 al 13 maggio.
I PMS, ha spiegato il presule, “continuano ad affrontare sfide immense mentre cercano le risorse e il cammino verso lo sviluppo per i loro cittadini”.
“Non esiste una formula semplice per la riuscita, ma la promessa di solidarietà può essere un fondamento per un rinnovato impegno da parte di coloro che si sono confrontati per decenni con questa sfida e un’indicazione per i nuovi attori in questo spazio”, ha osservato.
In questo contesto, la Santa Sede si aspetta un nuovo Programma d’Azione per i PMS per il prossimo decennio, ha aggiunto, osservando che “il futuro benessere dei PMS dipende in larga misura dallo spirito di gratuità che ci spinge a compiere sforzi comuni”.
Sviluppo umano integrale
Monsignor Tomasi ha incentrato il suo intervento su tre temi, il primo dei quali “guarda ai pilastri dello 'sviluppo umano integrale'”.
“Se si vogliono ottenere risultati duraturi”, ha avvertito, “è fondamentale una struttura comprensiva e inclusiva per lo sviluppo internazionale”, i cui pilastri identificati nella tradizione della dottrina sociale cattolica sono “rispetto della dignità umana; tutela dei diritti umani; cura del creato; partecipazione in comunità, sussidiarietà e solidarietà”, ai quali si affiancano “l’educazione, lo sfruttamento delle risorse naturali, l’agricoltura, la manifattura, il commercio, i servizi finanziari, le infrastrutture e la tecnologia”.
“E' imperativo che questi pilastri servano come guida nei nostri sforzi di promuovere e sostenere un approccio allo sviluppo che sia integrale e autenticamente umano”, ha dichiarato il presule.
Il secondo tema tratta il tipo di crescita necessario per uno “sviluppo umano integrale”.
Troppo spesso, ha indicato l'Arcivescovo, “l’uso di metriche quantificabili e di criteri economici per misurare realtà come il prodotto interno lordo o lo stretto orizzonte della crescita delle borse non riesce a cogliere pienamente cosa significa essere umani, non tiene conto della dimensione trascendente della persona e quindi di ciò che occorre per lo sviluppo di tutta la persona”.
La crescita che promuove lo “sviluppo umano integrale” è invece “quella che comprende i pilastri già menzionati sopra e che viene valutata in base a come promuove lo sviluppo sostenibile e le comunità, crea posti di lavoro dignitosi, allevia la povertà delle persone e tutela l’ambiente”.
“Un modello di crescita che comprenda questi tre obiettivi costruirà un ciclo economico e commerciale interno sostenibile, rispettoso dell’ambiente e capace di promuovere lo sviluppo”, ha osservato.
Tra gli elementi necessari di questo modello, specialmente nei PMS, monsignor Tomasi ha ricordato “un settore agricolo vivo e la creazione di posti di lavoro in diversi settori capaci d’impiegare il grande numero di persone che entrano nel settore del lavoro”.
“Qualsiasi modello di crescita si adotti”, ha sottolineato, deve “riconoscere e rafforzare il ruolo centrale dell’agricoltura nell’attività economica, riducendo in tal modo la malnutrizione nelle aree rurali e aumentando la produzione pro capite al fine di promuovere l’indipendenza alimentare locale, regionale o nazionale”.
Il terzo tema da ricordare è infine il ruolo dello Stato nel promuovere uno “sviluppo umano integrale”, ha proseguito il presule, segnalando la pluralità degli attori in questo campo, che “possono apportare prospettive e modi di operare diversi, offrendo in tal modo contributi unici allo sviluppo necessario nei PMS”.
Com’è emerso dalla crisi finanziaria del 2008, “il mercato non contiene in sé gli ingredienti per la correzione automatica degli errori e avrebbe portato al collasso del sistema finanziario ed economico se gli Stati non avessero agito”.
“Poiché in ultima istanza la correzione dei capricci del mercato avviene a detrimento delle popolazioni”, ha tuttavia aggiunto, “gli Stati hanno il dovere d’intervenire preventivamente per evitare tali sofferenze”.
“Lavorando insieme in modo coordinato e cooperativo – ha concluso monsignor Tomasi –, le istituzioni e gli attori di ogni settore possono e devono sostenere gli sforzi di tutti i PMS per raggiungere i loro obiettivi come membri dell’unica famiglia umana”.
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