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Intervenendo al X Forum del Progetto Culturale in corso a Roma
di Chiara Santomiero
ROMA, venerdì, 3 dicembre 2010 (ZENIT.org).- “Sembra essersi aperto il tempo, per il cattolicesimo italiano, di manifestarsi con decisione ‘guelfo’, se non già di originare da subito un nuovo, energico guelfismo”: è la pista di riflessione proposta da Lorenzo Ornaghi, rettore dell’Università Cattolica di Milano, nel suo intervento “Sul presente e il futuro dell’Italia” al X Forum del Progetto culturale apertosi giovedì a Roma e dedicato al tema “Nei 150 anni dell’Unità d’Italia. Tradizione e progetto”.
Essere guelfi, per Ornaghi comporta “affermare l’idea e la realtà di ‘italianità’ quale dato storico - insieme, culturale e popolare -, di cui gli essenziali e più duraturi elementi sono religiosi, cattolici”.
“Rispetto ad altre ‘identità’ culturali che sono state protagoniste della storia unitaria – ha proseguito Ornaghi - disponiamo di idee più appropriate alla soluzione dei problemi del presente. E siamo ancora dotati di strumenti d’azione meno obsoleti o improvvisati”.
Quale presente vive oggi l’Italia? “Il più pesante e meno penetrabile cono d’ombra da cui sono avvolti presente e futuro dell’Italia – ha affermato il rettore della Cattolica - è costituito da ciò che semplicisticamente siamo soliti chiamare ‘crisi della politica’, o che, semplificando eccessivamente, definiamo crisi partitica”. Infatti il sistema dei partiti che si è “equiparato al sistema politico-statale” e “frequentemente si è assiso sopra di esso, incontra sempre maggiori difficoltà nell’adempiere la funzione di esclusivo tessuto connettivo, di insostituibile sintesi dell’intera società”.
In un Paese nel quale “da almeno tre decenni le riforme costituzionali sono rapidamente sprofondate nelle sabbie mobili di un paradosso: più risultano necessarie, più diventano a tal punto impossibili da apparire ormai inutili”, situazione cui non è estraneo il fatto che ad esse si trovano mescolate “le irrisolte o mai sino in fondo risolte questioni specifiche della nostra vicenda unitaria”, anche la riforma del federalismo “anziché strumento possibile di ricomposizione o riaggiustamento della secolare lacerazione tra Nord e Sud, ne diventa il suggello definitivo”.
Se “il futuro dell’Italia sarà ancora a lungo segnato dalle persistenze della sua storia specifica e da alcuni dei nodi che la vicenda unitaria non è riuscita a sciogliere definitivamente e che in qualche occasione ha ulteriormente arruffato”, ha osservato Ornaghi, fondamentale sarà il ruolo della classe dirigente di domani che dovrà essere capace di “svolgere un’azione al tempo stesso aggregativa, rappresentativa e stabilmente orientativa delle decisioni collettive, oltre che delle politiche pubbliche”.
Tanto più indispensabile un tale tipo di azione quando la politica “più che dai ‘valori’, quali cose desiderate o attese dall’individuo o da gruppi per il proprio materiale bene essere, viene scossa da quegli autentici valori che danno senso alla vita di ogni singola persona e dell’intera collettività”. Quando cioè “saranno soprattutto i ‘valori’ – ha affermato Ornaghi - i valori in quanto, anche, risorsa politica, a decidere della politica dell’incombente domani”.
Proprio qui assume particolare rilievo il ruolo dei cattolici. Come già evidenziato alla Settimana sociale di Reggio Calabria “la straordinaria storia e l’altrettanto straordinaria capacità di pensiero e azione del ‘cattolicesimo politico’ italiano hanno conosciuto i loro momenti più alti, quando - dentro lo svolgersi delle vicende, non di rado drammatiche, dei centocinquant’anni del Paese – il vigore e il rigore dell’aggettivo ‘politico’ hanno saputo attingere il loro più vitale alimento dai valori fondamentali e dai caratteri essenziali del cattolicesimo”.
“Abbiamo sempre più bisogno – ha proseguito il rettore della Cattolica - di una visione politica dalle radici e dalle qualità genuinamente e coerentemente ‘cattoliche’” altrimenti “ogni pur rinnovata forma della nostra presenza pubblica o politico-partitica facilmente si ridurrebbe a quella di una mera ‘parte’ tra la pluralità delle parti, destinata più a essere contata che a ‘contare’, più ad attendere di essere variamente riconosciuta come rilevante che a ‘rilevare’”. Tale visione è necessaria “per stare attivamente ‘dentro’ la vita presente del Paese, portando come nostro contributo peculiare e impareggiabile un disegno preciso, oltre che il più possibile condivisibile e aggregante, per il futuro”.
Essere “guelfi” oggi implica allora “la consapevolezza che la nostra posizione di vantaggio culturale va di giorno in giorno consolidata”. “Consolidandola – ha concluso Ornaghi - , saremo già pronti per quelle nuove opere che, soprattutto per ciò che riguarda la rilevanza e la capacità attrattiva della nostra partecipazione alla vita politica del presente, il futuro prossimo già ci domanda”.
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