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Centinaia di famiglie cristiane fuggono nel nord del paese
BAGHDAD, lunedì, 6 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Un'anziana coppia di cristiani è stata uccisa a colpi di arma da fuoco nella sua abitazione di Baghdad questa domenica sera da uomini armati di pistole con silenziatori.
L'omicidio è avvenuto nel quartiere di Baladiyat della capitale irachena, una zona a maggioranza sciita, in base a informazioni del Ministero dell'Interno del Paese raccolte dall'agenzia AsiaNews.
Lo stesso giorno, dopo aver recitato l'Angelus in Vaticano, Papa Benedetto XVI aveva chiesto ai fedeli di pregare per la fine della violenza contro i cristiani e i musulmani in Iraq.
Gli omicidi e le violenze stanno costringendo all'esodo molti cristiani. Circa 500 famiglie cristiane sono fuggite da Baghdad e da Mosul verso il nord del Paese, nella regione semiautonoma del Kurdistan.
Gli sfollati abbandonano case, mobili e posti di lavoro, così come parrocchie e monasteri, tra i quali alcuni dei più antichi della cristianità.
Dal 2003, il numero dei cristiani in Iraq, che era di circa un milione di fedeli, si è ridotto praticamente alla metà.
Il Governo si è impegnato a fornire aiuti di 400 dollari a ogni famiglia che decide di lasciare la propria casa, ma questa cifra non basta neanche per pagare l'affitto mensile di un appartamento nel nord iracheno.
Nel frattempo, il clima di insicurezza persiste, con omicidi e attentati contro chiese e proprietà private dei cristiani.
Il 31 ottobre, in un attentato contro la Cattedrale siro-cattolica di Baghdad sono state uccise 58 persone. Le Chiese cristiane in Iraq celebreranno questo giovedì, 9 dicembre, una giornata di digiuno per le vittime.
I leader cristiani hanno anche deciso, in una riunione celebrata questa domenica a Erbil, di chiedere al Governo curdo di garantire istruzione e lavoro alle famiglie cristiane rifugiatesi nel nord del Paese.
Incontreranno inoltre deputati cristiani per condividere i propri punti di vista sulle ragioni degli attacchi ai fedeli.
I rappresentanti delle comunità cristiane ritengono che il Governo non garantisca sufficientemente la sicurezza dei cristiani.
Per questo motivo, il 1° dicembre i leader cristiani hanno rifiutato di partecipare a un incontro su coesistenza e tolleranza sociale organizzato nella provincia di Erbil dal Ministero iracheno per i Diritti Umani.
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