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Novità al dicastero della Cultura per affrontare i nuovi linguaggi

Mons. Gianfranco RavasiIl Pontificio Consiglio inaugura la sua plenaria con un atto pubblico in Campidoglio

CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 12 novembre 2010 (ZENIT.org).- Il Pontificio Consiglio della Cultura ha aperto questo mercoledì una sessione plenaria con alcune novità: un atto di apertura pubblico fuori dal Vaticano e la partecipazione di persone molto diverse tra loro.

Sono segni per accompagnare il contenuto della sua assemblea plenaria, in svolgimento da questo giovedì a sabato in Vaticano sul tema “Cultura della comunicazione e nuovi linguaggi”.

Queste novità rappresentano già in sé “un modo per parlare ad un areopago molto più esteso, ad una piazza molto più espansa”, ha spiegato il Presidente del dicastero, monsignor Gianfranco Ravasi, ai microfoni della “Radio Vaticana”.

L'apertura della plenaria ha avuto luogo a Roma nel Campidoglio, e non in Vaticano come di solito, e ha contato sulla partecipazione del Sindaco della città, Gianni Alemanno.

Alla sessione sono inoltre intervenuti registi di cinema, artisti, architetti, studiosi del linguaggio, esperti di Internet...

Il futuro Cardinale ha affermato che “non dobbiamo annunciare soltanto nell’interno della penombra” delle chiese, “ma dobbiamo parlare - come diceva Gesù - anche dalle terrazze e dai tetti”.

“E noi siamo saliti, appunto, sulla terrazza del Campidoglio o - se si vuole - di tutta la società contemporanea”, ha sottolineato.

Comunicazione malata

Quanto al tema della plenaria, monsignor Ravasi ha segnalato un problema: “ormai la comunicazione e il linguaggio sono malati: hanno tante diverse malattie degenerative e al capezzale di questo malato ci sono tanti specialisti”.

Tra questi esperti, ha sottolineato, ci deve essere anche la comunità ecclesiale, anche se spesso non sa più usare questo linguaggio.

Citando la famosa frase “il mezzo è il messaggio”, il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha spiegato che nella Chiesa “il contenuto è primario”, ma “il mezzo purtroppo molte volte è stato perso”.

“Si è usato un linguaggio e un modo espressivo, da parte della società contemporanea, che non è stato raccolto dalla Chiesa e che ha continuato con un suo linguaggio”, ha lamentato.

“Ecco allora la necessità di entrare non soltanto con il contenuto, ma anche con il mezzo, con la comunicazione”, ha aggiunto.

Per monsignor Ravasi, una delle necessità fondamentali per ottenere questo è la formazione dei pastori della Chiesa.

“La necessità di trovare un linguaggio certamente più capace di entrare in sintonia con la cultura e con l’uomo di oggi è indispensabile”, ha dichiarato.

Tutto ciò, ad ogni modo, senza dimenticare che “esiste un linguaggio fondamentale di riferimento dal quale non si può prescindere”, ha concluso. “Ci sono delle parole che devono essere conservate”.

 

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