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Un manuale per i cattolici in politica

Mons. Giampaolo Crepaldidi Antonio Gaspari

ROMA, venerdì, 8 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Già due anni fa il Pontefice Benedetto XVI ha lanciato un appello affinché i cattolici portino la loro testimonianza anche in politica.

Per il Cardinale Angelo Bagnasco, è un “sogno” poter vedere una nuova generazione di cattolici in politica.

Monsignor Mariano Crociata, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), ha annunciato l’avvio di “un percorso per accompagnare la crescita, la coscienza e la formazione” dei laici cattolici, in vista della “possibilità di un coinvolgimento da parte di singole persone in impegno politico concreto”.

Ma quale deve essere il programma di un cattolico che fa politica? Quali sono i principi a cui deve fare riferimento? E quali virtù deve praticare nella gestione del bene pubblico? E’ importante difendere la vita e la famiglia, ma come si coniuga con le battaglie di ordine sociale?

Per rispondere alle tantissime domande che il tema solleva, monsignor Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste, da poco nominato Presidente della Commissione “Caritas in veritate” del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE), ha pubblicato il libro “Il cattolico in politica. Manuale per la ripresa” (Cantagalli).

Si tratta di un volume che il Cardinale Bagnasco, Presidente della CEI, ha così introdotto: “Monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo-vescovo di Trieste e per lungo tempo impegnato nella Santa sede con alti incarichi nel campo della evangelizzazione del sociale e della promozione della giustizia e della pace cristiane, ha scritto questo ‘Manuale’, che bene si inserisce nell’impegno per la realizzazione di quel ‘sogno’: formare una nuova classe di cattolici impegnati in politica”.

“Ho accolto quindi questa pubblicazione – ha aggiunto il porporato con viva soddisfazione, perché mi sembra molto utile e, direi, ‘tempestiva’, nel senso che coglie un bisogno reale e vivo e fornisce alcuni strumenti formativi per affrontarlo”.

Il libro in questione è costruito come un vero manuale diviso in 20 capitoli: i primi dieci spiegano i “criteri”, e cioè la dimensione pubblica del Cristianesimo, i principi della Dottrina Sociale, il problema della laicità, i principi non negoziabili.

Nella seconda parte l’autore spiega i “contenuti” della proposta di un cattolico in politica. Tra questi, la difesa della vita, la protezione della famiglia, la libertà di educazione, la libertà religiosa, il lavoro e la lotta sussidiaria alla povertà, la riforma dello Stato, le immigrazioni, la gestione dell’ambiente, l’identità europea, la nazione e lo sviluppo dei popoli.

Con coraggio e franchezza l’Arcivescovo di Trieste, che è anche Presidente dell’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan (http://www.vanthuanobservatory.org/), spiega che per l’impegno politico dei cattolici è “giunto il tempo della ripresa, essendosi conclusi quello della resistenza e quello dell’attesa”.

La 'Resistenza’ degli anni Settanta e Ottanta, durante i quali “la laicità della modernità ha lanciato verso la Chiesa e i cattolici una violenta guerra culturale che ha prodotto smarrimento e perplessità sulla propria identità e missione”. E l'attesa negli anni Ottanta e Novanta.

Secondo monsignor Crepaldi fu dal discorso pronunciato da Giovanni Paolo II a Puebla nel 1979, che fu respinta la teologia della liberazione e fu ristabilito il punto di vista cristiano sulla dottrina sociale, secondo cui “non è la storia o la sociologia, non la prassi né l’oppressione o la povertà sociologicamente intese, ma la fede della tradizione apostolica”.

Fu a Puebla che Giovanni Paolo II affermò “l’antropocentrismo cristiano – l’uomo è la via della Chiesa” ribadendo “la pretesa della Chiesa di annunciare in Cristo la salvezza integrale dell’uomo”.

Seguendo un percorso storico, tra libri, encicliche e discorsi, l’Arcivescovo di Trieste arriva al convegno ecclesiale nazionale di Verona del 2006, durante il quale Benedetto XVI rimise al centro il Dio “dal volto umano” che ha detto un grande “sì” all’uomo.

“Ciò significa – ha sottolineato il presule - che la religione cristiana è ‘amica della persona’ e rivendica una pretesa di verità che non contraddice, ma conferma, illumina ed eleva, la verità dell’uomo”.

Monsignor Crepaldi spiega che “l’annuncio della verità cristiana non è arroganza, ideologia o integralismo in quanto mostra all’uomo e al mondo la risposta alle loro più profonde attese. Da qui il ‘diritto di cittadinanza’ della Chiesa nella società, la conferma che 'non esiste soluzione alla questione sociale fuori del Vangelo' e nello stesso tempo il dialogo con le realtà umane costituite nella loro legittima autonomia”.

“Con Benedetto XVI – ha precisato il Presidente della Commissione del CCEE – il cristianesimo comprende che il mondo ha bisogno di Cristo come di qualcosa di indispensabile e che gli autentici diritti umani rischiano, senza di esso, di essere schiacciati sotto il peso della dittatura del relativismo”.

L’Arcivescovo di Trieste conclude affermando che “molti spiriti liberi, anche non cristiani, si interrogano profondamente, sentono il bisogno di recuperare ragione e buon senso e considerano che per far questo c’è bisogno dell’aiuto della fede cristiana, di un Dio che è amore e verità”.

 

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