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Lo dice il Card. Angelo Bagnasco nel ricordare la figura del beato Antonio Rosmini
ROMA, venerdì, 20 agosto 2010 (ZENIT.org).- La crisi dei valori che si osserva al giorno d'oggi colpisce anche i cattolici. Ad affermarlo è l'Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), il Cardinale Angelo Bagnasco.
In una intervista rilasciata a “L'Osservatore Romano” in occasione del 155° anniversario del dies natalis del beato Antonio Rosmini (1797-1855), il porporato ha riflettuto sull'esempio di questo filosofo e teologo che fu fondatore di due ordini religiosi (Istituto o Società della Carità e Suore della Provvidenza)
“Rosmini – ha detto il Presidente della CEI – ha voluto creare un sistema filosofico completo sul filo di san Tommaso, quindi sul filo della tradizione della Chiesa, in dialogo con il mondo moderno, che privilegia l'aspetto della soggettività”.
Il tratto dominante del pensiero di Rosmini, ha continuato, sta nell'aver “cercato, con grande frutto, di far incontrare l'antica tradizione perenne e mai superata di Tommaso con il pensiero di Agostino, con l'importanza del soggetto che conosce la realtà stessa”.
Un tema dominante questo del progetto culturale lanciato dalla Chiesa italiana e incentrato sulla questione antropologica.
In merito invece alla crisi di valori che non sembra risparmiare gli stessi cattolici, il porporato ha ricordato che lo stesso Papa “ci richiama a una maggiore attenzione, perché certe forme culturali dominanti che si respirano attraverso i mezzi di comunicazione, attraverso modelli di comportamento, toccano e possono toccare tutti: credenti e non credenti, cattolici e non cattolici”.
“Nessuno – ha detto il Cardinale Bagnasco – è esente da questo clima di possibile contaminazione che potrebbe impoverire strada facendo la fede, ma soprattutto il comportamento degli stessi cristiani. Perché non dobbiamo essere del mondo, dice Gesù, ma siamo nel mondo, essere nel mondo vuol dire essere esposti a tutte le pressioni o tensioni e sollecitazioni che conosciamo”.
Per contrastare questa mentalità dominante, ha spiegato, rimane la preghiera che permette “il contatto con Dio, e Dio è la Verità; certamente bisogna dedicare tempo alla preghiera, ognuno secondo la propria vocazione, e accostare quei mezzi che la liturgia, e innanzitutto il Signore, ci hanno messo a disposizione: il Vangelo, il libro dei Salmi e tutte le altre pratiche di pietà che vengono scelte”.
“Se noi credessimo veramente, totalmente, che Dio ci ama, è chiaro che vivremmo la storia personale e universale con una prospettiva e con un atteggiamento a volte più responsabile, più positivo – ha concluso –. Bisogna credere veramente che Dio ci ami: ciò ha il potere di cambiare la vita”.
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