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Intervista a mons. ermenegildo Manicardi, rettore dell'Almo Collegio Capranica
di Maurizio Tripi
ROMA, martedì, 24 agosto 2010 (ZENIT.org).- La XLI Settimana Biblica Nazionale, che ogni due anni raduna i più qualificati studiosi di Bibbia di tutte le confessioni religiose in Italia, sarà dedicata quest’anno ai celeberrimi capitoli che aprono il libro della Genesi, assolutamente decisivi anche nella nostra cultura.
La tavola rotonda inaugurale verrà diretta da monsignor Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, e dal prof. Ugo Amaldi dell’Università di Milano e della Fondazione TERA.
L’obiettivo è quello di collocare la ricerca biblica nella cultura contemporanea mettendo a confronto il messaggio della Bibbia e la ricerca scientifica su temi come la creazione, l’antropologia e l’etica.
Dopo aver chiarito il testo biblico fondamentale mostrandone le significative stratificazione e le pluriformi valenze, si studierà come l’intera Bibbia torni continuamente a riflettere su questi testi fondativi per determinare, in una maniera sempre nuova e più adeguata alla realtà, il rapporto dell’uomo con l’ambiente, con gli altri e con Dio.
L’attenzione si rivolgerà anche alle culture che hanno affrontato gli stessi temi al di fuori della Bibbia.
Il convegno, aperto al pubblico, si svolgerà dal 6 al 10 settembre prossimo a Roma, nella sede del Pontifico Istituto Biblico, ed avrà per tema “Genesi 1-11 e le sue intepretazioni canoniche: un caso di teologia biblica”.
Per cercare di approfondire una tematica così vasta e complessa ZENIT ha intervistato mons. Ermenegildo Manicardi, Rettore dell’Almo Collegio Capranica e docente alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana.
Questa è la XLI Settimana Biblica Nazionale. A che punto è arrivata l'Associazione Biblica Italiana?
Mons. Manicardi: A partire dalla fondazione nell’anno 1948, l’Associazione Biblica Italiana (ABI) è il forum più importante per lo studio della Bibbia in Italia. La sua efficacia concreta è stata notevole soprattutto avendo funzionato come centro propulsore dello studio biblico nei seminari già nella generazione precedente a quella che ha visto il Concilio, ben prima che la Chiesa cattolica si aprisse alle Scritture. Da sempre l’associazione ha visto la partecipazione di studiosi appartenenti ad altre confessioni cristiane o di fede ebraica, soprattutto italiani ma non solo.
L’importanza dell’ABI per lo studio biblico nei Seminari italiani e nelle Università è stata grande perché ha stimolato in molti un aggiornamento reale, evitando comode posizioni di ripiegamento ecclesiastico e di ristagno scientifico, che non è sempre facile sfuggire. L’associazione ha contribuito a tenere vivo il gusto della ricerca rigorosa anche negli anni in cui scoppiarono – e siamo già al tempo del Concilio – polemiche unilaterali, dettate in realtà dal fondamentalismo, che avrebbero potuto intaccare la serietà del lavoro scientifico di non pochi.
Il segreto della riuscita di quest’associazione è legato anche al fatto che, fin dall’inizio, essa si è assegnata, consapevolmente e coordinatamente, due campi. Da una parte c’è il settore principale, quello della ricerca scientifica più severa; dall’altro l’ambito non meno curato della diffusione della conoscenza della Bibbia nei campi della vita della Chiesa e della cultura nel nostro paese. Nel momento in cui la riforma liturgica della Chiesa cattolica ha portato alle celebrazioni in italiano, sono stati proprio gli studiosi associati nell’ABI a curare la prima traduzione di tutta la Bibbia (la cosiddetta Bibbia C.E.I., 1970) e, più recentemente, la revisione già da due anni in uso nella liturgia.
Il tema di quest'anno è Genesi 1-11. Come mai questa scelta?
Mons. Manicardi: E’ uno sviluppo del tema affrontato due anni fa. Allora ci siamo interrogati sul rapporto, l’interazione e i conflitti che intercorrono tra i processi esegetici storici e letterari applicati alla Bibbia e le interpretazioni che maturano con metodo teologico a partire dai contenuti della fede. All’interno della stessa Bibbia questo duplice processo è apparso in tutta la sua originaria necessità. Gli stessi scritti biblici nascono dalla necessità di continuare la percezione della fede camminando con una cultura che alla fede presenta sempre nuove sfide e nuovi metodi.
Abbiamo scelto i primi capitoli della Genesi perché in essi si dà fondamento alla fede biblica nella creazione del cosmo, la comprensione dell’antropologia e dei concreti rapporti dell’uomo con la terra, con gli altri uomini, con Dio. La Settimana finirà per mostrare che queste relazioni non sono affatto scontate e che c’è un grande spazio per pensare in maniera nuova e utile tutto questo, senza rifugiarsi nella ripetizione, snervata e snervante, delle formule del passato. La Settimana studierà anzitutto questi undici capitoli per vedere come essi sono nati e come, proprio per la storia della loro nascita, contengano impostazioni molteplici e stimolanti. La loro interpretazione non potrà e non dovrà essere fissista. Dopo questa apertura, il grosso delle relazioni percorrerà alcni casi esemplari nei diversi libri e livelli della Bibbia. Apparirà allora chiaro che nel corso della storia, all’interno della stessa Bibbia, le posizioni iniziali di Genesi 1-11 sono state interpretate con sempre maggiore ricchezza, affiancando il cammino culturale dei gruppi credenti che hanno accolto questi scritti e accogliendo con positività le sfide delle evoluzioni delle diverse società.
Proprio per significare che il cammino non deve fermarsi con la chiusura della Bibbia, la Settimana biblica aprirà con una tavola rotonda – guidata da mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, e dal prof. Ugo Amaldi dell’Università di Milano e della Fondazione TERA – che ha lo scopo di collocare la ricerca biblica attuale nella cultura contemporanea anche scientifica. L’opera degli esegeti non può giocarsi in ambienti raffinati, rarefatti ma chiusi. Essa deve servire a confrontare il vero messaggio della Bibbia e il meglio della ricerca scientifica e tecnica su temi come creazione, antropologia, etica, ecc. Gli studiosi della Bibbia non hanno solo il compito di lavorare letterariamente in maniera ineccepibile, ma hanno anche una innegabile responsabilità quanto al formarsi della cultura nella nostra società e del vissuto della fede.
A chi è rivolta la Settimana Biblica?
Mons. Manicardi: A tutti coloro che vogliono fare una riflessione seria adeguatamente documentata su questi temi. I primi destinatari sono gli studiosi italiani di Bibbia. Il fatto di radunarsi per una settimana su questi temi fa crescere le possibilità di collaborazione, di conoscenza, di idee, di progetti: tutto questo finisce per giovare grandemente al cammino dei singoli e al livello della ricerca italiana. Anche un partecipante “non tecnico” può evidentemente trarne grande profitto.
Qual è l'importanza dello studio della Bibbia nell'era di internet?
Mons. Manicardi: Si devono distinguere due dimensioni. La prima è quella della presenza della Bibbia in rete. Sono disponibili moltissimi strumenti anche per il livello scientifico più esigente. Il più valido di questi nuovi strumenti sembra essere «BibleWorks», capace di portare nella casa di chiunque una biblioteca immensa di opere antiche e di strumenti operativi, essenziali per studiare in maniera soddisfacente i testi in questione. In internet ci sono inoltre numerose possibilità di accedere a presentazioni della Bibbia o di sue parti, sia attraverso testi scritti sia attraverso video di conferenze e di lezioni.
Un’altra dimensione, alla quale si dovrebbe pensare molto di più, è quella di come mettere in un rapporto fecondo la Bibbia e la cultura di internet. Ci si può chiedere: non si potrebbe avere un’inculturazione della Bibbia nel mondo di internet sul tipo dell’influsso che la Bibbia ha avuto per tutta la l’arte – pittura, scultura, ma anche narrativa, storiografia, musica, ecc. – soprattutto dell’Occidente, ma non solo? Se la Bibbia è stata inculturata nel grande codice della pittura occidentale, come non potrebbe esserlo nel codice universale di Internet?
Tra i temi dell'incontro uno riguarda l'antropologia. Dunque questa branca di studi non è più antipodica alla fede?
Mons. Manicardi: Francamente non vedo un conflitto tra antropologia e Bibbia. Ovviamente la Bibbia è uno dei più grandi prodotti della cultura dell’uomo. La fede nell’ispirazione non toglie il dato sicuro che la Bibbia è uno dei prodotti supremi anche dell’intelligenza umana. La Bibbia anche se ispirata non è un meteorite caduto dal cielo. Essa raccoglie le risposte degli uomini al dialogo che Dio ha iniziato con loro. L’ispirazione non è una dettatura divina, ma l’azione trascendente di Dio che sostiene la libera azione umana. E’ in questa direzione che, fin dall’antichità, i Padri della Chiesa hanno osservato che i testi biblici tradiscono un ben diverso livello artistico, benché tutti ugualmente ispirati da Dio.
Il fatto che non poche pagine sono piuttosto artigianali, che talvolta contengano persino errori nelle conoscenze che rivelano, mentre altre sono di livello artistico massimo e di profondità di luminosa, riconduce alla caratteristiche degli uomini concreti che, mossi da Dio, hanno elaborato questi testi.
Andare alle grandissime antropologie bibliche non può che aiutare anche la creazione di un’antropologia postmoderna degna di quanto in passato l’umanità aveva potuto produrre. La Bibbia libera un’atmosfera sana e profonda di antropologia che non può non esser feconda per un lettore intelligente, qualunque sia o non sia il suo livello di fede.
Un'altra tematica interessante è il riferimento che a un certo punto della Settimana verrà fatto a sciamanesimo e misticismo, realtà oggi più che mai attuali nell’ondata incontenibile del New Age. Qual è il suo giudizio?
Mons. Manicardi: Nella Settimana si studieranno questi fenomeni nelle culture coeve alla Bibbia, più che affrontare le correnti dell’attualità. Tra New Age e Bibbia si possono vedere due relazioni. La Bibbia presenta una teologia talmente ricca e variegata, che mette in crisi ogni dogmatismo preconcetto e invita ad avere il coraggio di andare verso un Dio sempre più grande. In questo senso la Bibbia può fare qualche passo con la New Age. Dall’altra parte la Bibbia presenta, in una luce accecante, il volto di un Dio che non può essere plasmato a piacere dall’uomo. Tutta la Bibbia è un grido che dice all’uomo di ascoltare Dio, non di inventarselo di sana pianta, né di rivestirlo con paramenti a piacere. Il grande nemico della Bibbia è l’idolatria.
Per quanto riguarda la mistica, la Bibbia è stata sempre una fonte decisiva della contemplazione. Credo che ciò sia vero anche oggi, dai più semplici fedeli che pregano con le parole della Scrittura e le meditano con devozione, fino ai maestri che, per i doni speciali ricevuti da Dio, sono capaci di aprire strade anche al cammino degli altri. Si potrebbe dire che la Bibbia è anche la storia dei più grandi mistici: Abramo, Mosè, Isaia, Maria di Nazaret, Gesù, Paolo di Tarso.
In ultimo, tra le tematiche, si parla anche di Noè e del Diluvio. In questo delirio massmediatico di fine del mondo e 2012, qual è il messaggio della Bibbia in proposito?
Mons. Manicardi: La Bibbia parla dell’amicizia di Dio per l’uomo e della sua tenerezza. Essa insegna non solo che il cuore dell’uomo ha un’aspirazione appagabile a pieno solo nell’incontro con Dio (come ha detto S. Agostino), ma anche e soprattutto che «è Dio che per primo cerca l’uomo», come ha insegnato il grande rabbino e teologo ebreo Abraham Joshua Heschel. Credo che nessuno possa prevedere o negare la fine del mondo. Il messaggio della Bibbia ha su questo schemi diversi in superficie. Alcune pagine chiudono la storia del mondo prevedendo una catastrofe apocalittica. Altre, in numero non minore né meno importanti per forza teologica, vedono una trasformazione del temporale nell’eterno senza distruzioni del cosmico. Il punto decisivo della Bibbia è la convinzione e la fede che Dio ha creato l’uomo perché sia sempre in comunione con lui, e per portare l’uomo a godere di una partecipata divinizzazione.
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