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Notizie dalla Chiesa

Serve una nuova generazione di politici cattolici

Card. Angelo BagnascoLo afferma il Presidente della CEI a proposito dell'Italia, dove esiste "un problema di coerenza personale"

ROMA, mercoledì, 14 luglio 2010 (ZENIT.org).- Per uscire dalla situazione di crisi culturale che attanaglia l'Italia occorre un rinnovato senso di responsabilità e una nuova generazione di politici cattolici. Ad affermarlo è il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), il Cardinale Angelo Bagnasco.

In una intervista a “L'Osservatore Romano” il porporato è tornato su quanto già auspicato da Benedetto XVI nel 2008 durante il suo viaggio a Cagliari e poi ribadito dal suo Segretario di Stato, il Cardinale Tarcisio Bertone.

“L'affezione per la cosa pubblica – ha fatto notare il porporato – sta scemando e sempre più rarefatto è il consenso intorno al bene comune, privilegiando ciascuno beni di piccolo cabotaggio e senza prospettiva alcuna”.

“Per questa ragione anch'io ho fatto riferimento a un 'sogno' per evocare una direzione di marcia verso cui camminare”, ha aggiunto richiamando un messaggio lanciato in occasione della prolusione per il Consiglio episcopale permanente del gennaio scorso.

“Nella prolusione – ha continuato – mi riferivo appunto a 'una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni'”.

“Penso che attorno a questo tema nevralgico della nostra società, che chiama in causa la testimonianza della Chiesa, occorra il concorso attivo di tutti”, ha quindi sottolineato aggiungendo che “come Vescovi italiani ci impegneremo a una specifica riflessione in merito”.

Rispondendo poi alla domanda se esista sui temi etici in Italia un problema di rappresentanza politica delle posizioni cattoliche, il Presidente della CEI ha commentato che “più che un problema di rappresentanza politica esiste un problema di coerenza personale”.

“Credo – ha evidenziato – che sempre più siano necessari fedeli laici capaci di imparare a vivere il mistero di Dio, esercitandosi ai beni fondamentali della libertà, della verità, della coscienza”.

“Come detto nella citata prolusione dello scorso gennaio – ha proseguito –, 'cresce l'urgenza di uomini e donne capaci, con l'aiuto dello Spirito, di incarnare questi ideali e di tradurli nella storia non cercando la via meno costosa della convenienza di parte comunque argomentata, ma la via più vera, che dispiega meglio il progetto di Dio sull'umanità, e perciò capaci di suscitare nel tempo l'ammirazione degli altri, anche di chi è mosso da logiche diverse'”.

In merito, invece, alla crisi economica il Presidente della CEI ha detto che “c'è ancora molta disoccupazione” e di non riuscire a scorgere “concreti e sicuri segnali di inversione di tendenza, anche in grandi realtà industriali della mia Genova. Serpeggiano tra la gente preoccupazioni serie e pungenti”.

“Non mi riferisco ovviamente a un discorso di macroeconomia per il quale non ho le competenze – ha precisato –. Semplicemente constato che se gli strateghi possono rassicurare sul medio periodo, ritenendo che la strada giusta sia stata imboccata, come Vescovo vedo molta gente senza lavoro e sono turbato da tanta sofferenza e insicurezza su come arrivare alla fine del mese”.

“Un certo assestamento c'è stato perché le famiglie si sono adattate, utilizzando meglio le risorse ed evitando gli sprechi. Però c'è una fascia che aveva ben poco da risparmiare e che obiettivamente è in affanno.”

“Credo che il criterio dell'equità economica sia quello da seguire – ha poi suggerito –, dovendo ciascuno dare in rapporto alle proprie capacità. Sta poi a chi ha la responsabilità politica affrontare in concreto la situazione, declinando l'equità economica dentro a una cornice di libertà politica e di coesione sociale. Solo così i tre valori in gioco - la libertà politica, la giustizia economica, la coesione sociale - si salvaguardano insieme”.

Affrontando poi la questione dello smarrimento del senso di coesione nazionale, il Cardinale Bagnasco ha osservato che “proprio riandando indietro nel tempo, si scopre che quando a prevalere sono state logiche di campanile e ci si è contrapposti in nome del proprio 'particolare' si è registrata una battuta d'arresto”.

“Al contrario – ha osservato –, quando si è innescato il meccanismo virtuoso della cooperazione, allora le forze culturali, sociali, economiche e spirituali, si sono sommate e non annullate. Penso che la crisi in atto debba dunque spingere l'Italia a ritrovare se stessa”.

Per questo ha espresso apprezzamento per lo sforzo di quanti, come il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “invitano continuamente a ritrovare la coesione e la convergenza, al di là delle legittime differenze”.

Nel corso dell'intervista, il porporato ha quindi toccato anche il tema del federalismo, affermando che non si tratta di “una ricetta magica” quanto di “un'intuizione ben presente nella dottrina sociale della Chiesa, che sin dai tempi di Pio XI chiama in causa il principio di sussidiarietà - poi introdotto a Maastricht - per sottolineare che quel che può essere fatto dalle realtà intermedie non deve essere avocato a sé dall'istanza centrale”.

“Infatti più si è vicini alla realtà, più la si può accompagnare con efficienza e oculatezza – ha aggiunto –. Ciò posto, il principio suddetto va coniugato con quello di solidarietà per evitare che chi sta indietro resti ancora più arretrato”.

Con uno sguardo, infine, alla Settimana sociale dei cattolici italiani che si terrà dal 14 al 17 ottobre a Reggio Calabria, il Cardinale ha parlato di “una serie di questioni non più rinviabili”, come “creare impresa, educare, includere nuove presenze nel nostro Paese, introdurre i giovani nel mondo del lavoro e della ricerca, compiere la transizione istituzionale”, che oggi definiscono in modo puntuale il volto del bene comune, che solo garantisce la tenuta unitaria dell'Italia e la ripresa economica”.

“Certamente è la speranza cristiana che fa da sfondo, e ancor prima da movente, a questa rinnovata stagione di impegno dei cattolici italiani dentro la società di oggi”, ha quindi concluso.

 

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