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Lo scorso 5 Dicembre l'animatrice di comunità del Progetto Policoro Beatrice Ciavarella ha presentato il Progetto Policoro ai giovani di Carassai. Il nuovo anno pastorale di Policoro si basa proprio sulla ripartenza dalle parrocchie
Il giorno 5 Dicembre, al ritorno dalla formazione di Assisi, l’animatrice di comunità Beatrice Ciavarella, invitata dal parroco Don Cristian Bulai, ha presentato il progetto Policoro ai giovani di Carassai.
L’atmosfera della serata è sembrata subito molto interessante: siamo state accolte in un salone apparecchiato per circa 20 persone, mentre alcuni giovani nel giardino preparavano la cena. I giovani ( dai 15/16 anni ai 30/35) arrivavano pian piano, la porta era aperta ed ognuno che arrivava si presentava e scambiava alcuni pensieri.L’incontro è avvenuto mediante un passa parola tra loro, alcuni non conoscevano ancora il parroco. Si è parlato soprattutto se studiavano o lavoravano e quali erano i luoghi dello studio e del lavoro per i giovani di Carassai.
E’ emersa, da un lato, la preoccupazione che il paese resti vuoto e nello stesso tempo l’attaccamento al luogo, il desiderio di vederlo rianimato: questo desiderio appartiene anche ai giovani che per motivi di studio o di lavoro sono “costretti” ad abbandonare momentaneamente gli affetti, le loro radici, il loro territorio natio.
Tutti i presenti hanno manifestato la soddisfazione per l’apertura dei luoghi adiacenti ed appartenenti alla Chiesa (campo sportivo, sala dell’oratorio, piccolo cinema e Museo)
Poco prima della cena ci siamo riuniti in cerchio e Don Cristian dopo averci presentate, ha invitato i giovani ad ascoltare la nostra testimonianza. Alla domanda: “Cosa pensate sia la Chiesa?”, tutti hanno risposto che la Chiesa è il luogo dei sacramenti e della preghiera. Quando l’animatrice ha iniziato a parlare del progetto Policoro chiedendo se ne avessero mai sentito parlare, hanno risposto che non ne conoscevano l’esistenza, né conoscevano le proposte e le pastorali della Diocesi. Ci siamo sentite in dovere di parlare della preoccupazione e della attenzione della Chiesa nei confronti della “persona” e dei suoi ambiti di vita; in questo caso verso i giovani, specialmente quando a questi viene negata la dignità per la difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro.
Man mano che il progetto veniva presentato i ragazzi hanno mostrato più interesse.
Ci auguriamo come Chiesa, di aver aperto nei pensieri di giovani che amano il loro paese e vogliono costruire lì il loro futuro, una nuova strada, di poterli accompagnare in un cammino alla riscoperta delle risorse e delle opportunità che il territorio e la comunità possono loro offrire.
Così come è stato bello ascoltare pensieri rivolti all’essenzialità, all’amore per i propri luoghi di vita ed al desiderio di salvaguardarli (desideri questi condivisi anche dai più giovani), ci piacerebbe anche trasmettere l’idea che nella comunità bisogna camminare insieme, almeno a due a due, amandone le fragilità e con il desiderio di andare l’uno verso l’altro.
Per l’animatrice questa esperienza è stata importante perchè ha animato un processo di partecipazione che ci auguriamo continui nel tempo; è riuscita a creare, anche grazie al parroco, un modo di stare insieme semplice, empatico, basato sull’ascolto e sulla trasmissione dei contenuti relativi al progetto. Lei si sente totalmente coinvolta nel compito che la Chiesa le affida, che è quello della ricerca, dell’ascolto, del coinvolgimento e dell’accompagnamento di molti giovani.
<< L’animatore si riconosce dai “piedi sporchi”, impregnati dall’incontro con le comunità e con l’umanità >>
Questo incontro ci ha mostrato anche come i territori e le modalità del vivere della nostra diocesi siano molto diversificati a seconda che si abiti in piccoli centri dell’entroterra o più vicini alla costa; ognuno è bisognoso “di cura”, ma perché sia adeguata, è necessario, anzitutto l’ascolto dei luoghi e di chi li abita.
Per cui questi sono gli impegni di quest’anno del progetto Policoro:
-andare nelle parrocchie, ascoltare le voci dei territori e soprattutto dei giovani che li abitano ed adeguare il progetto alla “cura” che richiedono.
- far sentire che la Chiesa è vicina ed attenta ai bisogni delle “persone”.
Anna Rossi
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