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I primi mille giorni della Prefettura di Robe, in Etiopia, tra incertezze e speranze, nel racconto di fra Angelo Antolini, O.F.M.Cap. Prefetto Apostolico di Robe

Robe, 21 novembre 2014

 

Sono passati due anni e nove mesi dall’erezione della nuova Prefettura Apostolica di Robe, esattamente mille giorni. Troppe cose restano incerte, manca personale, le finanze sono inadeguate. Tante le prove affrontate e da affrontare, molte le cose fatte, tante di più pianificate. Mentre la situazione attuale desta grande preoccupazione, il futuro sembra più roseo. Il numero dei fedeli è cresciuto di circa 50 unità e siamo intorno ai 900 Cattolici. Le Chiese (faccio fatica a chiamarle Parrocchie) da 4 sono passate a 5, con l’erezione di Goba a Parrocchia dopo la venuta di Don Giuseppe Ghirelli, sacerdote fidei donum della Diocesi di Anagni – Alatri, il quale, a 60 di età, si è impegnato a spendere al meglio i suoi ultimi anni per la prima evangelizzazione. Con il permesso del suo Vescovo, per sei mesi ha frequentato un corso di lingua Inglese in Irlanda, e da tre mesi, con zelo ammirevole, sta studiando l’oromo, la lingua locale, ed esercitando il suo ministero a Goba con serenità, umiltà e amore.

 

Nei momenti più difficili e delicati, quando non sapevamo neppure come muoverci, la Diocesi di Fermo ci ha appoggiato con la presenza di Don Mauro Antolini e di gruppi di volontari laici. Seguita ancora a farlo con una animazione in Diocesi e visite alla Prefettura, che cominciano a portare frutti di nuovo spirito missionario.

 

Ad Adaba la Congregazione religiosa degli Apostoli di Gesù, di origine africana, ha risposto subito alla mia chiamata ed in pochi mesi abbiamo concluso tutte le procedure. Sono due anni, ormai, che un fratello keniota segue la missione in attesa che, fra poche settimane ne arrivi un altro.

 

A Dodola, al termine del mandato di Don Vito Cicoria, fidei donum della Diocesi di Bari, previsto nella seconda metà del prossimo anno, molto probabilmente gli Evangelizzatori Contemplativi del Sacro Cuore, verranno dal Kenya a Dodola con due missionari, un  prete ed un fratello. Dopo alcuni incontri avuti con il Generale siamo in attesa che nel prossimo Capitolo Generale di Luglio la Congregazione prenda una decisone definitiva.

 

Attendiamo a breve l’ufficializzazione della decisione del Ministro Generale dei Frati Cappuccini che dichiarerà la fraternità di Kofale direttamente dipendente dalla Curia Generale, con un proprio statuto. Si prospetta così la possibilità di nuovi missionari Cappuccini provenienti da tutto il mondo.

 

La defezione di Abba Sintayew da Robe, mi ha davvero prostrato, richiedendo una svolta nella prospettiva pastorale nella parrocchia e di tutto il territorio del Bale. Si sta pensando ad una possibile cooperazione tra quattro diocesi italiane: Padova, Fermo, Anagni-Alatri e Bari. Siamo all’inizio di trattative che speriamo possano risultare in una collaborazione che permetta di avere, nella vasta regione del Bale, un  progetto di prima evangelizzazione comune di fidei donum italiani. Per il momento siamo solo alla fase interlocutoria. Speriamo bene. Per quanto riguarda il settore religioso femminile ho avviato prime trattative con la Congregazione Colombiana delle Missionarie di Santa Teresa del Bambin Gesù. Nel prossimo Marzo due sorelle del Consiglio verranno in visita. Ho avuto anche primi approcci con le Suore Salesie di Padova. Siamo nella prima fase di discernimento, ma con tante speranze.

 

Come detto all’inizio, per il futuro si intravedono belle speranze, ma il presente è davvero incerto. Tuttavia, nonostante la precarietà economica e la carenza di personale, nel settore dello sviluppo sociale sono state realizzate cose importanti, considerando il contesto prevalentemente mussulmano nel quale viviamo. In Etiopia tutte le Chiese sono riconosciute, a livello legale, come Organizzazioni Non Governative di Carità. La nostra Chiesa Cattolica, nonostante sia numericamente quasi insignificante (900 fedeli su 4 milioni di persone), di fatto riscuote un largo consenso generale per la sua attenzione agli ultimi, ai poveri, agli emarginati e la sua capacità naturale di mediazione e tolleranza, nel rispetto e nella valorizzazione delle tradizioni e delle culture locali.

 

Sono tante le città, anche nuove, che richiedono la nostra presenza, soprattutto nel settore educativo. In una, notoriamente famosa per rapporti piuttosto tesi tra religioni, ci vorrebbero come forza moderatrice e di riconciliazione. Purtroppo sono costretto, con tanta amarezza,  a non andare oltre a quanto stiamo già facendo per evitare di fare un passo troppo azzardato. Inutile evidenziare il mio grande rammarico nel dover rifiutare l’invito delle città mussulmane che ci aprono le porte.

 

Gli sforzi maggiori sono stati fatti nel settore scolastico con risultati incoraggianti e preoccupanti allo stesso tempo.  Da 6 siamo passati e 10 asili infantili; abbiamo aperto altre 3 scuole elementari. I bambini dell’asilo da 950 sono passati a 1.820 e gli studenti delle elementari da 1.200   a 2.288. Oggi possiamo dire di essere in contatto con 4 mila famiglie, nella stragrande maggioranza non cristiane,  che ci affidano la formazione dei loro figli sin dalla tenera età. Emblematico è l’esempio di Dallo Manna, nuova presenza che risale a tre anni fa. Dallo Manna si trova oltre i Monti del Bale e dista 120 km da Robe. Alla nostra prima presenza, con un progetto agricolo, abbiamo trovato una resistenza molto accesa, anche minacciosa, da parte delle autorità religiose mussulmane più intransigenti, in verità ben controllate dal Governo che non tollera dispute religiose. Quando ci è stato assegnato un terreno nella città per la costruzione di un asilo e poi successivamente di una scuola elementare, vista la resistenza incontrata all’inizio, abbiamo pensato alla costruzione di tre aule, ritenendole più che sufficienti per tre anni visto che prevedevamo una trentina di bambini il primo anno e poi, magari, pian piano un numero crescente negli anni successivi. Di fatto c’è stata una risposta inaspettata e travolgente da parte delle famiglie della città e abbiamo dovuto usare già da subito tutte e tre le aule, costringendoci a fare un ufficio esterno provvisorio in lamiere ed iniziare entro l’anno la costruzione di nuove aule per le classi elementari. Attualmente i bambini iscritti sono 186.

 

Naturalmente tutto questo implica un impegno  economico che spesso va oltre le nostre possibilità. Ma, come ci si può tirare indietro di fronte alle porte aperte di nuove città? Confido nella Provvidenza che si manifesta nella comunione delle Chiese Cattoliche.

 

Chi ci consce sa già la storia dell’origine della nostra presenza Cattolica nel Bale: fu Madre Teresa di Calcutta in persona ad iniziare 28 anni fa, quando fu invitata a tentare di essere presenti. Fino ad allora era stata del tutto impossibile. La Chiesa Cattolica a Robe – Goba cominciò così, con 4 suore di madre Teresa, 1 prete e tanti poveri malati ed emarginati. Proprio per questo, come segno di riconoscenza, la Prefettura di Robe è stata affidata alla protezione della Beata Teresa di Calcutta. Ancora oggi 4 suore guidano la Casa di Madre Teresa di Goba, dove vivono 280 pazienti, per la maggioranza con problemi di salute mentale e altri affetti da gravi tipi di disabilità.

 

La memoria delle nostre origini e le presenti necessità nel settore neuro psichiatrico, totalmente privo di ogni copertura a livello medico, mi hanno indotto a progettare un intervento nel settore. Dopo un anno di lavoro sul progetto, nel mese di Luglio abbiamo ottenuto il permesso delle autorità sanitarie governative di aprire un Centro Specializzato di Neuro Psichiatrica a Robe.  Abbiamo già preso contatti con un Centro simile gestito dai Fatebenefratelli in Malawi per un appoggio nel settore formativo. In questo momento il progetto è al vaglio della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), dalla quale spero un sostanziale supporto economico.

 

Nel settore della formazione catechetica stiamo raccogliendo fondi, e siamo a buon punto,  per la realizzazione di un Centro di Formazione nella missione di Adaba, dove è già assicurata la presenza di due missionari kenioti, Apostoli di Gesù,  e la possibile presenza delle suore Colombiane. Nel frattempo la Diocesi di Fermo si è fatta carico, con le Monache Benedettine di Santa Vittoria, l’Ufficio Missionario e tanti amici volontari, di accompagnare per un periodo di tre anni in Italia, Gennet Tufa, una ragazza della comunità di Kofale, che dovrà co-gestire il Centro stesso con i missionari.

 

Tante speranze, poche certezze, tante paure, molta precarietà che ci obbligano tutti alla fede, abbandonati sempre nelle mani e nel cuore del Padre Celeste che finora ci è sempre venuto in soccorso.

                                                                                                             

                               FACCIAMO UN PASSO INDIETRO (11 febbraio 2012)

 

La gravidanza era stata impegnativa e piena di difficoltà. Si temeva addirittura che quella creaturina non ce l’avrebbe fatta. Invece, essa ebbe la forza di vincere la scommessa con la vita e di vedere la luce. Era il mezzogiorno dell’11 febbraio 2012. La si sentì strillare come una disperata, tanto che molti la credettero lì lì per schiattare. In realtà, intendeva soltanto dimostrare fin dai primi minuti di che pasta fosse fatta, e dare sfogo a tutta la sua voglia di dire al mondo: “presente”. Solo pochi intimi le diedero il “buongiorno”. Il suo arrivo venne, comunque, salutato dalle fresche correnti del Parco nazionale di Bale, e dal mormorio dei suoi torrenti, oltre che dai venti caldi provenienti dal deserto dell’Est che coprono di sabbia rossa le piste che portano in Somalia. La natura aveva trovato un proprio modo di rallegrarsi per quell’arrivo foriero di speranza e di buoni auspici.

La nuova creatura era approdata in una regione dove tutto sembrava fluire lento e uguale. In quel remoto fazzoletto di terra di Etiopia i secoli accompagnavano pigri e sonnacchiosi il flemmatico scorrere delle cose. Proprio per questo l’arrivo di “Robe”, così decisero di chiamare la neonata, ebbe l’effetto di qualcosa di clamoroso. Un dolce tam tam diffuse la notizia della sua nascita prima ai vicini, poi ai lontani. Seguì una festa che la famiglia allargò a tutti, come si usa da quelle parti, girovaghi e viandanti compresi. Rimase esclusa la Madre, assorbita da oneri che a nessuno avrebbe potuto delegare. A dare il benvenuto a “Robe” arrivarono quasi tutti: pure i Pastori, cosa rara in quell’angolo di mondo, un vero evento per le ignare famiglie degli altopiani di Bale. Arrivò perfino un telegramma da Roma.

La creatura venne sommersa da sorrisi e istupidita da interminabili discorsi. Seguirono i brindisi ed un filotto di auguri, alcuni stucchevoli e noiosi, altri stimolanti e divertenti. Da alcuni di quegli interventi, soprattutto da quelli pomposi e ridondanti, “Robe” capì che, se avesse voluto crescere forte e libera, avrebbe dovuto imparare a contare principalmente su se stessa. Così, le difficoltà delle prime settimane, anziché deprimerla, la resero ancora più forte e determinata. E con lei la sua piccola famiglia.

 

NOTA GEOGRAFICA

La Prefettura di Robe si estende su un territorio di  102.769 Kmq,  con una popolazione complessiva di 3.295.278 abitanti e una densità per chilometro quadro  di 32,1. Comprende due etnie principali: Oromo e Somali. Politicamente si estende su tre Zone: due nello Stato Regionale Oromia e una nello Stato Regionale Somali, nella Nazione dell’Etiopia.

Nell’Oromia comprende 6 Provincie del West Arsi e tutte le 20 Provincie del Bale.

Nella Regione Somali tutte le 9 provincie dell’Afder

Nella parte più a Est, il territorio della Prefettura è ben definito entro i due grandi fiumi del Wabe Shebeli al Nord e del Ganale a Sud.

Le 6 provincie del West Arsi si estendono mediamente su un altopiano a 2.400 metri molto fertile dove la popolazione Oromo vive di pastorizia e agricoltura con colture piuttosto estensive di cereali. La zona è abbastanza popolosa con 137  abitanti per Kmq.

La  Zona del Bale è caratterizzata ad Ovest dalla impressionante catena dei Monti del Bale, che raggiungono i 4.377 metri del Tullu Dimtu, sul fantastico Plateau Sanetti. I monti sono abitati solo da sporadici pastori. Ad Est degrada verso l’immensa e fertile pianura del Bale sui 2.400 metri, considerata il granaio dell’Etiopia. Questa zona è abbastanza popolata. Proseguendo ancora verso Est e verso Sud si scende nelle zone quasi desertiche sui 1.200 s.l.m., poco popolate. Tutta la zona del Bale ha una densità di 35,2  abitanti per Kmq.

La  Zona dell’Afder, sui 300 metri al livello del mare, è particolarmente desertica, con arbusti che inverdiscono solo nei due mesi di piogge. I Somali che lo abitano vivono una vita nomade o seminomade basata sulla pastorizia.  Il deserto ha una densità di popolazione di 12,8 abitanti per Kmq.

Nella zona interessata si parlano due lingue fondamentali: l’Oromo e il Somalo, la lingua amarica è conosciuta soprattutto nelle città.

Le due etnie praticano la religione Islamica. Nelle città più antiche è presente la Chiesa Ortodossa, retaggio dell’impero Amara Cristiano. Solo nelle città sono presenti piccole comunità protestanti e cattoliche. Una stima approssimativa indica la religione islamica al 95%  della popolazione.

La presenza della Chiesa  Cattolica nell’area è recente, risale a poco più di venti anni fa ed è davvero minima, circa mille fedeli che rappresentano lo 0.03%. Una presenza che può avere solo senso profetico.

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