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Restauro di Chiese. Orientamenti, dal progetto alla realizzazione

Restauro di Chiese. Orientamenti, dal progetto alla realizzazioneLa testimonianza dell'Arch. Fabio Pasquarè, che ha partecipato alla recente XIX Giornata Nazionale dei Beni Culturali Ecclesiastici

Il 16 e 17 maggio si è svolta a Roma la XIX Giornata Nazionale dei beni culturali ecclesiastici, occasione annuale di confronto organizzata dall’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali della C.E.I. che in questa occasione si è occupata del tema: "Restauro di Chiese. Orientamenti, dal progetto alla realizzazione". Un’esperienza personale e professionale di enorme valore, per la quale ringrazio i competenti uffici di Curia e in particolare la Sig.ra Alma Monelli, che, accordandomi la sua fiducia, ha fatto sì che io potessi prendere parte a tale evento. Questa testimonianza è prima di tutto un omaggio e un riconoscimento al lavoro di chi si occupa quotidianamente dei beni culturali della nostra Diocesi: un lavoro nascosto e silenzioso, del quale molti ignorano la portata, gli effetti e il significato.

            Nelle dense giornate del Convegno si sono susseguiti relatori di alto valore i cui interventi hanno toccato campi di studio diversificati: teoria e storia del restauro; tecnica e tradizione del progetto di restauro; metodologia programmatica degli interventi; rapporti con le Sovrintendenze; responsabilità legali; organizzazione del cantiere; adeguamento liturgico; reperimento dei fondi. Un articolato insieme di nozioni la cui dimensione interdisciplinare rende immediatamente testimonianza alla complessità implicitamente connessa al tema del restauro degli edifici per il culto, e il cui fine ultimo converge soprattutto nella impostazione di validi progetti. Questo è lo scopo ideale che ha guidato e intrecciato le molte e significative sessioni di tutta la XIX Giornata Nazionale dei beni culturali ecclesiastici: definire una buona prassi del restauro. Un obiettivo la cui efficacia è inevitabilmente condizionata dalla pre-comprensione collettiva del complesso insieme di teoria e tecnica che ne definisce le premesse, basato non tanto su di un approccio teoretico e tecnicista, quanto piuttosto a partire dalla sapiente ricerca e divulgazione del significato e del pensiero che induce ancora oggi all’esecuzione di nuovi restauri degli edifici per il culto. Le nostre comunità parrocchiali rappresentano l’interlocutore e lo spazio privilegiato entro cui poter convergere tali sollecitazioni culturali: non si tratta di formare specialisti ma di riuscire a far comprendere quali siano i lineamenti fondamentali, lo spirito essenziale del nostro accogliere e curare l’eredità impressa nelle vestigia architettonico del passato. L’intenso e proficuo legame che fin dal 1400 si è intessuto tra cattolicesimo e restauro architettonico, per lungo tempo governato da pochi eruditi, oggi dovrebbe riuscire a permeare il sentire comune di una committenza allargata, cioè ognuna di quelle parrocchie in cui la chiesa edificio è anche bene di tutela culturale. Si ribadisce che non si tratta di una pretesa di indottrinamento specialistico, ma di una nuova sensibilizzazione alle tematiche del restauro architettonico fondata sulla ri-comprensione del suo autentico significato e finalizzata alla ri-definizione empatica tra il luogo e la comunità che in esso si rappresenta e svolge la propria liturgia.

            Il fatto che tale legame si sia interrotto ce lo testimonia tanto la superficialità con la quale percepiamo e leggiamo le nostre chiese edificio, quanto la distorsione interpretativa che negli ultimi anni ha percorso il nostro sentire comune nei riguardi del restauro architettonico. Idee aberranti ci fanno pensare ad esso come: risposta ad una situazione estrema e di urgenza; legato a finanziamenti straordinari distribuiti dall’alto; occasione di lavoro per professionisti ed imprese locali; fardello caricato unicamente sulle spalle del parroco. E’ prioritario superare tali affermazioni; in tal senso le riflessioni illustrate durante la XIX Giornata Nazionale dei beni culturali ecclesiastici rappresentano contributi teorici e strumenti metodologici estremamente importanti.

 

            Il significato essenziale del restauro non passa attraverso definizioni assiomatiche, né tantomeno attraverso rigidi schemi di natura positivista, al contrario la sua natura è pressoché dinamica. Il Prof. Carbonara durante il suo intervento lo ha definito "… ipotesi critica … non ha valore definitivo ma può sempre essere superato da altri approfondimenti e revocato in dubbio; ecco perché il restauro non dovrebbe mai alterare irreversibilmente l’originale". Pur se non in modo ortodosso, potremmo esplicitare il significato di tale affermazione partendo da termini afferenti alla dimensione caratteriale: attento, prudente, mite, amorevole, rispettoso, scrupoloso. In essi è compresa l’intuizione che permette di cogliere l’essenza, lo spirito del restauro. Cesare Brandi in un suo famosissimo testo ha magistralmente sintetizzato tali sensazioni nella seguente definizione: "… il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro" (C. Brandi, Teoria del restauro, Einaudi, Torino, 2000, p.6).

            La prima riflessione, alla quale siamo chiamati sia singolarmente sia come comunità, è quella del riconoscimento e dell’attenzione alla chiesa edificio in quanto opera d’arte; il decreto di vincolo, la valutazione di interesse culturale, o qualsiasi atto amministrativo o giuridico finalizzato alla tutela, non potranno mai avere nessun effetto se prima non si determinerà nella coscienza collettiva tale valore. Il significato e l’unicità dell’opera architettonica vivranno e si espliciteranno solo per mezzo dell’interesse e dell’amore della comunità di persone che ne possiede la quotidiana frequentazione. Nessun atto di restauro vi può prescindere; ivi si fondano tutte le successive concrete azioni indirizzate a poter mantenere al futuro gli elementi che determinano l’artisticità della chiesa edificio, cioè: la storicità, la qualità formale, il simbolismo, il significato. In quest’ottica è necessario comprendere a pieno il senso del rapporto che lega il restauro alla storia. Nel loro complesso, infatti, gli edifici per il culto sono la risultante delle diverse declinazioni assunte dalla cultura cattolica nel corso del tempo; una stratificazione di immagini e idee determinate dalla preghiera, dalla liturgia, dalla vita della Chiesa che ci ha preceduto. Il restauro della materia dell’opera architettonica che noi oggi compiamo si inserisce dinamicamente nell’arco di questa evoluzione diacronica, ed è finalizzato non tanto alla mummificazione dell’eredità quanto piuttosto alla ricerca di una vivificazione sostenibile. Detto in altri termini, il fine conservativo deve porsi in sapiente equilibrio e dialogo con le istanze del presente; in particolare, nel caso degli edifici per il culto rivestono un ruolo imprescindibile tutti quegli argomenti intimamente connessi al campo disciplinare della liturgia e della ecclesiologia. Tali architetture, infatti, a causa del loro valore quasi-sacramentale, poiché preghiera fatta dalle mani dell’uomo, devono essere commisurate nella forma e nella struttura tanto al significato del rito quanto alla organizzazione costitutiva della Chiesa. E’ allora fondamentale che nel restauro di un edificio per il culto si connetta obbligatoriamente la materia dell’opera alle forme simboliche che in essa risuonano nell’oggi e allo stesso tempo si offra testimonianza dell’evoluzione della cultura cattolica sedimentatasi all’interno degli spazi nel corso del tempo.

 

            Un processo intellettuale, critico e creativo, estremamente complesso che impone successivi corollari. Prima di tutto, la necessità di avvalersi di professionisti qualificati in quegli ambiti tecnico-specialistici direttamente connessi al progetto di restauro, e allo stesso tempo far sì che quest’ultimo venga verificato, per opera di studiosi competenti, sia negli aspetti liturgici sia in quelli ecclesiologici. Le intenzioni di restauro, inoltre, devono completarsi a seguito di una lunga ed accurata riflessione principiata dallo studio dei documenti d’archivio e dall’analisi materiale del manufatto. In tal senso, sono da escludere a priori tutti quegli incarichi offerti da professionisti sulla base del solo parametro dell’economicità della parcella, quasi sempre associabile a quello della superficialità della ricerca. Altro tema di estrema importanza è quello della committenza. Data la premessa sul significato del restauro di un edificio per il culto, non possiamo far altro che dimenticare la figura del parroco factotum, e al contrario parlare di una committenza allargata. Gli attori in campo sono molti: il Vescovo diocesano; il parroco; gli organismi ecclesiali della parrocchia; l’ufficio diocesano per i beni culturali; l’ufficio tecnico della diocesi; l’economato della diocesi; la commissione diocesana per l’arte sacra e i beni culturali. Possibile che ci sia bisogno di tutti questi soggetti? Le molteplici relazioni che il restauro di una chiesa edificio può implicare vanno affrontare secondo uno stile di comunione, altrimenti si rischia di fallire in ciò che più di ogni altra cosa ci appartiene e deve caratterizzarci, cioè: l’essere comunità ecclesiale riunita intorno al Vescovo. L’esperienza ci insegna che le isolate e rapide scorciatoie portano solo a conseguenze negative. Quante volte il parroco o la parrocchia si rinchiudono in una progettualità autodeterminata che, per bisogno di semplificazione, rischia di stravolgere l’essenza stessa del significato della chiesa edificio; quasi che importasse solamente il qui ed ora e ci si dimenticasse della storia in divenire in cui si colloca la Chiesa e tutti i suoi simboli. O ancora quante volte il parroco o la parrocchia sono condizionate e obbligate dalle scelte di chi si offre di finanziare il restauro dell’opera d’arte; non è improbabile che essi impongano i loro progettisti, la loro impresa e il loro progetto. Il buon risultato, pur se faticoso, è determinato solo ed unicamente dall’azione corale e sinergica dei soggetti sopra indicati. Il loro operare, finalizzato al buon esito del restauro, ha altresì una visione complementare orientata verso la significazione della vita della comunità. Il restauro di un edificio per il culto o la sua realizzazione sono una delle occasioni più importanti che si possono avere per edificare la Chiesa degli uomini. Non avrebbe senso rivendicare la loro identità ecclesiale per poi circoscriverla a un ambito storico, appartenente a un passato che non c’è più, non tenendo conto che è sull’oggi che questa identità ecclesiale va costruita. A tal proposito nel suo intervento, S.E. Mons. Mariano Crociata ha definito il restauro di una chiesa edificio come un’occasione di crescita pastorale e culturale. E’ perciò di assoluta importanza che la parrocchia, il parroco e i diversi soggetti coinvolti, riflettano sul progetto di restauro a partire da una significativa lettura e ideazione pastorale, la quale sia vera testimonianza di condivisione e di necessità della vita comunitaria.

 

            In conclusione, sarebbe auspicabile che le diverse comunità della Diocesi possano trovare altre occasioni di rilettura e di riflessione sulle sollecitazioni proposte nel corso della XIX Giornata Nazionale dei beni culturali ecclesiastici, qui riportate nella loro essenza, magari anche in collaborazione e con il supporto dell’ufficio per i beni culturali della Diocesi. Lo scopo ultimo dovrebbe essere quello di promuovere la diffusione di un metodo condiviso, controllabile e gestibile dalle singole comunità parrocchiali, il quale per via di questa forza dal basso diventi a tutti gli effetti una prassi virtuosa.

 

 

Dott. Arch. Fabio Pasquarè

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