Archivio Notizie dalla Diocesi
Notizie dalla Diocesi
Pubblichiamo la testimonianza da lui resa davanti alla Chiesa Fermana e al suo Pastore durante la Veglia Missionaria Diocesana
L'esperienza di evangelizzazione vissuta come missionario in Costa d'Avorio dal 1977 al 1998 (21 anni) mi ha portato a maturare la vocazione monastica come il Signore ha permesso che si realizzasse all'Abbadia di Fiastra con i monaci cistercensi durante 10 anni consecutivi. All'inizio l'ho chiamata “tentazione monastica” perché non sapevo se era realizzabile. Le persone che mi hanno accolto, in primo luogo il qui presente S.E. Mons Conti, allora vescovo di Macerata, il suo vicario generale, i monaci dell'abbazia di Fiastra (in particolare il priore e l'Abate Giovanni Rosavini), mi hanno aiutato a comprendere che la vita monastica non era incompatibile con la missio ad gentes. Anche in Costa d'Avorio avevo frequentato i monasteri benedettini di Bouaké e sentivo che la loro presenza in missione era fondamentale.
E poi la scoperta: i santi patroni delle missioni sono san Francesco Saverio e santa Teresa di Gesù Bambino. Questa dal suo monastero carmelitano sosteneva con la preghiera e le sue immani sofferenze offerte per amore diversi missionari di Cina, sopratutto quelli che erano in difficoltà spirituali. Cinquantaduenne, anch'io provato dall'artrosi – peraltro ben accettata – mi sono lasciato portare dalla Parola di Dio, salmodiata e pregata durante l'esperienza di prova al monastero. “Mio bene è stare vicino al Signore” (Sal 73); “Quanto sono amabili le tue dimore, Signore... è meglio un giorno nei tuoi atri che mille altrove, stare sulla soglia della tua casa che abitare nelle tende degli empi” (Sal 86).
In realtà, la vita missionaria attiva è stata piena di travagli; vivere la missione secondo lo spirito del Concilio che metteva in primo piano la testimonianza della fede (vedi l'enciclica Evangelii nuntiandi di Paolo vi) ha costituito per me una scuola vera e propria a contatto con la gente, le sue angosce e paure ataviche, le condizioni precarie di vita, gli schemi culturali e religiosi provenienti dalla religione tradizionale fondata sulla paura: tutto è fragile sotto il dominio degli stregoni e delle maschere danzanti, dei capi villaggio e degli antenati che girano tra le case come ombre invisibili. Non c'è perdono, fedeltà; manca il senso del peccato che uccide l'uomo e non gli permette un vero sviluppo umano e sociale liberato. Quando ero in parrocchia, la gente istruita poteva avere in mano la Parola di Dio e la Sacra Scrittura che, con catechesi appropriate, illuminava le menti e riscaldava i cuori, portando le persone a praticare il perdono, a consacrare il proprio matrimonio davanti a Dio, a educare i figli in prima persona, senza deleghe alla grande famiglia del villaggio. Il tempo ha mostrato i frutti sopratutto in vocazioni sacerdotali e tanti catechisti e famiglie cristiane, fino ad oggi. E tutto senza progetti, finanziamenti speciali, ma solo con la presenza, lo sguardo gioioso e la disponibilità all'incontro con le persone, grandi e piccole, agiate o povere che fossero.
E la vita monastica come è arrivata? Non è una ritirata dalla missione per stare tranquillo, sia pure con il Signore? Ad un certo punto della mia vita il monastero è diventato una necessità perché ho capito che il fare primeggiava sull'essere senza poter accontentare tutti. Mi mancava la quiete dello spirito per poter tenere sempre presenti al cuore i fratelli in Cristo e le persone che conoscevo e amavo. Non mi sono distaccato da loro perché li porto dentro. Quale gioia come i primi di maggio scorso sono arrivati dalla Costa d'Avorio ben 19 di questi fratelli, venuti a Roma per l'ordinazione sacerdotale per le mani dal santo Padre, Benedetto xvi, di un loro figlio che avevo conosciuto ragazzo. L'abbraccio è stato commovente: li ho ritrovati come li avevo lasciati, con la stessa freschezza; mi hanno aggiornato su tutti quelli rimasti al paese; mi hanno chiamato papà, senza rimpiangere il fatto che non ero più in Africa, perché ci sono sempre rimasto.
Ora sono convinto che la missione continua da san Ruffino, con lo stesso slancio missionario, per intercedere per la Chiesa che annuncia il vangelo in ogni luogo della terra, abitando stabilmente in un luogo (come prevedono i voti monastici) per essere presente al mondo intero. Pregate per me.
padrebenedettomaria
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