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Un quadro dell'Italia. Tendenze e speranze

Un quadro dell'Italia. Tendenze e speranze. All'indomani del 45° Rapporto Censis l'incontro con Giuseppe RomaAll'indomani del 45° Rapporto Censis, l'incontro con Giuseppe Roma

Un quadro dell'Italia. Tendenze e speranze. All'indomani del 45° Rapporto Censis l'incontro con Giuseppe RomaA Fermo, sabato 10 Dicembre a Villa Nazareth, con Giuseppe Roma, Direttore generale del Censis, per iniziativa dell’Ufficio della Pastorale sociale e del Lavoro concordata con il Vescovo Mons. Luigi Conti, è avvenuta una riflessione sulla situazione dell’Italia oggi, così come emerge dall’indagine del Censis.

Obiettivo dell’incontro è stato quello di trovare nelle espressioni del popolo italiano, germogli di speranza per ricostruire un futuro dignitoso, pur nelle tantissime situazioni di incertezza che le persone vivono in questa attualità. 

Il Convegno, aperto a tutti, era rivolto anche alle Istituzioni, alle Organizzazioni del mondo imprenditoriale, sindacale e sociale regionale ed agli uffici delle Pastorali diocesane e regionali.

Il sindaco di Fermo, Nella Brambatti, nel salutare l’assemblea ed i relatori, ha sottolineato l’importanza dell’incontro dal quale si possono ricavare preziosi elementi di discernimento per meglio operare nelle dinamiche della città di Fermo; infatti nel territorio fermano crescono

 la disoccupazione per i 40-50enni e le difficoltà delle famiglie che hanno figli in età scolare.

Vincenzo Varagona, moderatore dell’incontro, nell’introdurre i lavori, ha affermato come la crisi ci porta a riconsiderare i nostri stili di vita e a recuperare le relazioni; egli ha usato l’immagine della tessitura, dell’imperfezione del tessuto realizzato artigianalmente ma dell’importanza del tessere annodando fili diversi per la realizzazione di opere d’arte che parlano del lavoro e della identità degli artisti che le realizzano; questo è l’invito: tessere relazioni tra identità, condizioni, provenienze diverse per il recupero della dignità delle persone nonostante la crisi.

 

Identità diverse e paura di un pericolo incombente

Un quadro dell'Italia. Tendenze e speranze. All'indomani del 45° Rapporto Censis l'incontro con Giuseppe RomaGiuseppe Roma ha raccontato che nella difficile interpretazione dei dati del Censis, si rileva che la crisi genera nelle persone una condizione di paura incombente di un pericolo che viene da lontano: ormai tutti sanno che i mercati, lo spread che aumenta, la liquidità che abbandona l’Europa, il rischio che corrono i nostri risparmi sia nel tempo che nello spazio, la staticità dell’economia che non promette sviluppo, possono procurarci guai, ma di tutto questo non conosciamo l’origine. Eppure questa situazione emotiva che ci coinvolge ci fa sentire più disponibili al bene comune.

Nonostante i dati descrivano una Italia con identità plurime (il 47% della popolazione si riconosce nell’idea di nazione, il 15% si sente cittadino del mondo, come gli imprenditori anche marchigiani e gli studenti che studiano all’estero, il 7% delle persone esprimono soggettivismo anche etico, ed infine i localisti, legati alla propria regione) ricostruire l’Italia vuol dire mettere insieme queste diverse identità: “ut unum sint”, trovando punti di riferimento comuni.

 

La famiglia primo punto di riferimento

Nella mentalità degli intervistati la famiglia è un punto di riferimento comune: certo anch’essa ha cambiato morfologia: negli ultimi 10 anni abbiamo 700.000 coppie sposate con figli in meno, ma anche 200.000 coppie non sposate con figli, abbiamo 130.000 famiglie ricostruite e 2000 famiglie con un solo membro, spesso anziano.

Le famiglie tradizionali sono meno del 43%, eppure mai come ora la famiglia resta un punto di riferimento. In realtà essa è un ridistributore di risorse: l’esperienza ci dimostra che il 59% delle famiglie aiuta un componente e il 24% è aiutato da un componente; quindi l’85% delle famiglie producono solidarietà. Oggi solo il 55% del reddito familiare proviene dal lavoro, l’altro proviene dalle pensioni e dai capitali.

Ma fino a quando dureranno le riserve accumulate prima? Ora solo un quarto delle famiglie riesce a risparmiare qualcosa; il patrimonio non può essere ricostruito dalle nuove generazioni. La famiglia va aiutata, deve essere lo Stato, ma ciò non avviene ancora.

 

Altri punti di riferimento: qualità della vita e tradizione religiosa

Un quadro dell'Italia. Tendenze e speranze. All'indomani del 45° Rapporto Censis l'incontro con Giuseppe RomaPer qualità della vita noi italiani consideriamo il raggiungimento del benessere psico-fisico ed anche morale. Dalla relazione del Censis, appare come noi , compresi i giovani, non siamo consumisti nel senso generico della parola, ma riferiamo la qualità della vita a dei valori precisi che variano a seconda delle condizioni.

 I valori di riferimento dei giovani sono: rispetto, autorità,impegno e gusto della vita; aver come valori di riferimento rispetto ed autorità vuol dire che essi non trovano autorevolezza, cercano maggior ordine, chiedono di rispettare ed essere rispettati, di avere riconoscimento di dignità nel lavoro, la precarietà non è solo necessità di certezze, ma di dignità.

Gli adulti sono più legati alla serietà ed alla laboriosità, alla valorizzazione del merito secondo ciò che si riesce a dare, alla trasparenza, denunciano la presenza del lobbismo anche nelle aziende.

Gli anziani si riferiscono alla moralità ed alla religiosità, sono riferimenti importanti per il loro status di vita .

 

Quali le risorse per la crescita?

Giuseppe Roma evidenzia che non ci sono opportunità di lavoro perché c’è una eterna sospensione, non si pensa alle persone come risorse; si deve guardare al volontariato perché in esso c’è una forza che rigenera le persone.

Dall’indagine emerge come “stare in associazione rigenera le comunità”: dobbiamo crescere nella socialità per affrontare le tematiche più intime delle persone, per permettere il ben-essere. Ci deve essere compenetrazione tra il valore delle radici e lo sviluppo. Siamo il 14° paese al mondo per la reputazione all’estero per l’accoglienza e la cultura, ma gli italiani non mostrano fiducia in se stessi.

La socialità vale anche per il mondo del lavoro, è importante ritrovare il gusto di crescere, aiutare la proposta, cercare insieme di affrontare e risolvere i problemi.

“Si cresce con il sistema formativo”: in Italia c’è un grande abbandono delle scuole superiori ed anche dopo i primi due anni di università; questo è un sistema dissipativo che trova sia i giovani che le famiglie lontane. Sulla formazione ci sono due culture opposte: o si pensa che deve essere solo finalizzata alla cultura o serve soltanto per imparare un mestiere. In realtà si deve sapere di più per far bene le cose. C’è un eccesso di offerta formativa, ma è generica, non forma veramente; c’è una licealizzazione della formazione, quasi a non considerare che ogni lavoro ha la stessa dignità.

“Abbiamo bisogno di migliorare quella parte dell’economia che deve andare nel terziario”

( ¾ dell’economia appartiene al terziario in Italia) perché è arretrato, non organizzato e dovrebbe dar lavoro a diplomati e laureati.

Un’altra risorsa per gli Italiani dovrebbe essere la” 2^ casa”, che non deve essere un tormento, ma si deve farla rendere, come negli altri paesi europei.

Abbiamo soldi per comprare il debito invece di portare i capitali all’estero, anche per non far crescere la speculazione.

“Noi ci reggiamo sull’export”: le nostre imprese sono competitive all’estero, si deve avere tanta attenzione per quelle imprese che non delocalizzano e fanno di tutto per restare in piedi; il nostro export va studiato di più anche nella geografia, perché ci sono delle aree molto ricettive dei nostri prodotti, ma non ancora ben esplorate.

 

Nel dibattito sono emersi ulteriori constatazioni sui bisogni soprattutto delle famiglie e    suggerimenti su come affrontare alcuni aspetti della crisi. Si è parlato anche di meta economia, fondata sullo sviluppo dei beni ecocompatibili, sulla partecipazione e cooperazione tra distretti;

Per tutti si è reso evidente l’esigenza della socialità, dell’unione e della condivisione, considerati valori utili al superamento della crisi nella riconquista della dignità delle persone.

 

Nelle conclusioni Mons. Conti, Arcivescovo della Diocesi di Fermo, ha tracciato il percorso della Chiesa, partendo dal descrivere le figure dei preti operai, che della condivisione ed accompagnamento hanno fatto i principi del loro ministero, riconosciuto in primis da Paolo VI. Enunciando l’inizio dell’Enciclica Gaudium et Spes, in cui la Chiesa fa sue le gioie e le preoccupazioni del popolo, riafferma che la Chiesa è esperta in umanità e deve mantenere questo suo atteggiamento accompagnando l’uomo anche nella dimensione del lavoro, sviluppando l’atteggiamento dell’ascolto per far nascere le speranze.

Ci richiama ad approfondire la Dottrina Sociale ed altri documenti del Magistero impegnando tutti i cristiani laici e consacrati (con riferimento alla Lettera a Diogneto) ad essergli fedeli. Per questo, anche nella nostra Diocesi sono stati costituiti uffici pastorali che condividono il Magistero della Chiesa e collaborano per diffondere il messaggio di speranza che proviene da Gesù Risorto.

 

 

Anna Rossi

Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro

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