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Celebrando l'Eucaristia la Chiesa educa il Popolo di Dio

Celebrando l'Eucaristia la Chiesa educa il Popolo di DioRiflessione di Mons. Duilio Bonifazi sulle tematiche del CEN, in particolare il rapporto tra Eucarestia, vita quotidiana ed educazione

1-Il rito educa e struttura il desiderio: dalla vita quotidiana al rito eucaristico.

Anche una fondamentale riflessione intorno al “rito”e al linguaggio“simbolico” ci viene suggerita dal capitolo 6 del Vangelo di Giovanni. I biblisti ci dicono infatti che queste pagine di Giovanni sono ricche di simbolismi, incominciando dalla introduzione al racconto della moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-4). Questa riflessione aiuta a meglio comprendere il cammino seguito da Gesù, come è qui descritto. Gesù parte dall’esperienza umana della fame e del mangiare per giungere a proporre se stesso come il pane di vita eterna nel rito sacramentale dell’Eucaristia. Questa riflessione ci aiuta nel cogliere quelle dimensioni umane e naturali che sono presenti nel rito della celebrazione eucaristica, elevate al piano del Mistero della salvezza..

Nella storia dell’umanità è frequentissimo il fenomeno del dare forme rituali agli eventi fondamentali dell’esistenza umana,personale e sociale, anche se ciò avviene nelle forme più varie, connesse alla varietà delle culture e dei costumi sociali. Nel dare forma rituale al mangiare - come al nascere, al crescere, alla iniziazione sociale, al matrimonio, all’assumere funzioni sociali, al morire - si fa presente la consapevolezza che questi eventi della vita devono essere trattati non come puri fatti e puri bisogni, ma come luoghi significativi dell’esistenza umana e della convivenza sociale, momenti in cui l’umano si apre verso dimensioni più profonde e misteriose a livello etico e religioso.

Nel rito entra in campo il linguaggio del simbolo,che pervade tutti i momenti della vita umana. Il simbolo naturale è per sé polivalente e, come tale, suscettibile di varie interpretazioni.Tuttavia la recente storia delle religioni e la psicologia del profondo hanno messo in evidenza la comunanza di rappresentazioni simboliche presso i vari popoli e il loro corrispondere a procedimenti permanenti della psicologia umana, L’uso dei simboli è costitutivo dell’economia della salvezza biblico-cristiana, e nella liturgia è ampiamente presente. L’uso dei simboli nel mondo biblico e liturgico si richiama a questi significati naturali permanenti nel mondo umano: per questo il loro significato viene facilmente intuito. Il simbolismo biblico non rinnega quello naturale; al contrario, lo assume e lo purifica dalle deviazioni possibili e sopravvenute. Insieme, la bibbia e la liturgia conferiscono a questi simboli naturali un senso nuovo, connesso alle meraviglie della salvezza che Dio opera in Cristo. L’unità inscindibile dei due piani (il piano naturale e il piano storico-salvifico) costituisce il simbolo sacramentale propriamente detto.

Il fatto che l’umanità,nella sua storia, ha dato al mangiare anche una dimensione rituale simbolica aiuta a riconoscere che il desiderio naturale del cibo deve essere continuamente educato e purificato dalla sua tendenza insaziabile e dalla ingordigia individualistica, le quali trattano i doni dell’esistenza come pura necessità materiale. Nel rito conviviale tali doni diventano luoghi dove il desiderio matura, viene strutturato, viene strappato dal ripiegamento su di sé e dal concepirsi unilateralmente come bisogno, si apre alla condivisione verso l’altro, diventa consapevolezza di essere promettente e insieme impotente ad esaudirsi da solo, assume nuove dimensioni a livello etico e religioso, viene vissuto anche nella sua dimensione ludica, come spazio di gratuità, come dono, come festa. Queste dimensioni naturali del simbolismo rituale del mangiare le ritroviamo nel simbolo rituale sacramentale del convito eucaristico, elevate al piano del memoriale della morte e resurrezione di Cristo.

Oggi si impone il recupero del “rito”, e del suo linguaggio simbolico, per l’agire pastorale, dopo un’epoca in cui abbiamo troppo caricato la celebrazione liturgica di istruzione , di catechesi, di socializzazione.

E’ urgente compito della pastorale di educare a cogliere i grandi significati della ritualità simbolica nei momenti fondamentali della vita quotidiana: nelle tappe dell’esistenza, della crescita,

della vita affettiva; nella convivialità; nell’impegno sociale; nella sofferenza e nella morte. Una pastorale delle “occasioni” della vita quotidiana gestita in modo autenticamente umano è irrinunciabile per far emergere il senso simbolico dei gesti fondamentali dell’esistenza.

Egualmente urgente è il compito della pastorale di educare a cogliere i grandi significati della ritualità simbolica liturgica, che culmina nella celebrazione sacramentale eucaristica. Aiutare i cristiani a mettersi in ascolto del linguaggio simbolico dei rito cristiano, che è messaggio di bellezza divina e messaggio che educa e nutre per la vita quotidiana..

 

2-Il rito educa e struttura il desiderio: dalla vita quotidiana al rito eucaristico.

Anche una fondamentale riflessione intorno al “rito”e al linguaggio“simbolico” ci viene suggerita dal capitolo 6 del Vangelo di Giovanni. I biblisti ci dicono infatti che queste pagine di Giovanni sono ricche di simbolismi, incominciando dalla introduzione al racconto della moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-4). Questa riflessione aiuta a meglio comprendere il cammino seguito da Gesù, come è qui descritto. Gesù parte dall’esperienza umana della fame e del mangiare per giungere a proporre se stesso come il pane di vita eterna nel rito sacramentale dell’Eucaristia. Questa riflessione ci aiuta nel cogliere quelle dimensioni umane e naturali che sono presenti nel rito della celebrazione eucaristica, elevate al piano del Mistero della salvezza..

Nella storia dell’umanità è frequentissimo il fenomeno del dare forme rituali agli eventi fondamentali dell’esistenza umana,personale e sociale, anche se ciò avviene nelle forme più varie, connesse alla varietà delle culture e dei costumi sociali. Nel dare forma rituale al mangiare - come al nascere, al crescere, alla iniziazione sociale, al matrimonio, all’assumere funzioni sociali, al morire - si fa presente la consapevolezza che questi eventi della vita devono essere trattati non come puri fatti e puri bisogni, ma come luoghi significativi dell’esistenza umana e della convivenza sociale, momenti in cui l’umano si apre verso dimensioni più profonde e misteriose a livello etico e religioso.

Nel rito entra in campo il linguaggio del simbolo,che pervade tutti i momenti della vita umana. Il simbolo naturale è per sé polivalente e, come tale, suscettibile di varie interpretazioni. Tuttavia la recente storia delle religioni e la psicologia del profondo hanno messo in evidenza la comunanza di rappresentazioni simboliche presso i vari popoli e il loro corrispondere a procedimenti permanenti della psicologia umana, L’uso dei simboli è costitutivo dell’economia della salvezza biblico-cristiana, e nella liturgia è ampiamente presente. L’uso dei simboli nel mondo biblico e liturgico si richiama a questi significati naturali permanenti nel mondo umano: per questo il loro significato viene facilmente intuito. Il simbolismo biblico non rinnega quello naturale; al contrario, lo assume e lo purifica dalle deviazioni possibili e sopravvenute. Insieme, la bibbia e la liturgia conferiscono a questi simboli naturali un senso nuovo, connesso alle meraviglie della salvezza che Dio opera in Cristo. L’unità inscindibile dei due piani (il piano naturale e il piano storico-salvifico) costituisce il simbolo sacramentale propriamente detto.

Il fatto che l’umanità,nella sua storia, ha dato al mangiare anche una dimensione rituale simbolica aiuta a riconoscere che il desiderio naturale del cibo deve essere continuamente educato e purificato dalla sua tendenza insaziabile e dalla ingordigia individualistica, le quali trattano i doni dell’esistenza come pura necessità materiale. Nel rito conviviale tali doni diventano luoghi dove il desiderio matura, viene strutturato, viene strappato dal ripiegamento su di sé e dal concepirsi unilateralmente come bisogno, si apre alla condivisione verso l’altro, diventa consapevolezza di essere promettente e insieme impotente ad esaudirsi da solo, assume nuove dimensioni a livello etico e religioso, viene vissuto anche nella sua dimensione ludica, come spazio di gratuità, come dono, come festa. Queste dimensioni naturali del simbolismo rituale del mangiare le ritroviamo nel simbolo rituale sacramentale del convito eucaristico, elevate al piano del memoriale della morte e resurrezione di Cristo.

Oggi si impone il recupero del “rito”, e del suo linguaggio simbolico, per l’agire pastorale, dopo un’epoca in cui abbiamo troppo caricato la celebrazione liturgica di istruzione , di catechesi, di socializzazione.

E’ urgente compito della pastorale di educare a cogliere i grandi significati della ritualità simbolica nei momenti fondamentali della vita quotidiana: nelle tappe dell’esistenza, della crescita,

della vita affettiva; nella convivialità; nell’impegno sociale; nella sofferenza e nella morte. Una pastorale delle “occasioni” della vita quotidiana gestita in modo autenticamente umano è irrinunciabile per far emergere il senso simbolico dei gesti fondamentali dell’esistenza.

Egualmente urgente è il compito della pastorale di educare a cogliere i grandi significati della ritualità simbolica liturgica, che culmina nella celebrazione sacramentale eucaristica. Aiutare i cristiani a mettersi in ascolto del linguaggio simbolico dei rito cristiano, che è messaggio di bellezza divina e messaggio che educa e nutre per la vita quotidiana..

 

3-Si entra nel Mistero attraverso il rito della celebrazione dell’Eucaristia, il quale genera, nutre, educa la comunità ecclesiale e la spiritualità vocazionale di ognuno nella vita quotidiana: fractio verbi, fractio panis; fractio vitae

Gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020, dopo avere richiamato i messaggi di Gesù contenuti nel capitolo sesto del Vangelo di Giovanni, ci ricordano che la Chiesa guarda alla figura di Gesù. pastore e maestro e considera l’impegno nell’educazione costitutivo della missione della Chiesa nel mondo.

Il Concilio enuncia il criterio fondamentale secondo il quale la celebrazione dell’Eucaristia svolge la sua funzione educatrice del Popolo di Dio per la vita quotidiana: fare l’esperienza del Mistero passando attraverso quella del rito. I fedeli non assistono come estranei e muti spettatori a questo mistero della fede, ma, comprendendolo bene per mezzo dei riti e delle preghiere, partecipano all’azione sacra consapevolmente, pienamente ed attivamente. La celebrazione, direbbe sant’Agostino, è ‘parola visibile’. Essa è ‘azione e non solo lezione, è azione di vita’: azione della Chiesa in cui si incarna l’agire di Dio, cioè tutto il dramma della storia della salvezza che cammina verso la Pasqua di Cristo. Perciò i vari momenti che la compongono e si succedono non sono elementi giustapposti, ma parte di un tutto organico. Vivendola, siamo condotti passo passo dalla pedagogia della Chiesa a far nostri i sentimenti che furono in Cristo Gesù durante la cena pasquale e sulla croce e a tradurli nel nostro stile di vita. Così la Chiesa che,secondo san Girolamo, è il ‘noi’ dei cristiani e il prolungamento di Cristo nella storia, diventa segno trasparente della sua presenza.

Il primo grande segno di cui si fa esperienza nella celebrazione, e all’interno del quale si pongono tutti gli altri, è l’assemblea, presieduta dal ministro ordinato in nome di Cristo Capo. L’assemblea ha il suo punto di partenza nella iniziativa libera e gratuita del Signore che convoca i credenti intorno a sé.Il segno dell’assemblea ha il suo contenuto nella “comunione” dello Spirito. Mentre i corpi sono gomito a gomito, i cuori devono fondersi nell’unità, poiché ci raccoglie insieme l’amore di Cristo.La “comunione nello Spirito” diventa un riflesso del divino scambio: del ricevere e del donare. Questo appare con somma evidenza nell’Eucaristia, spazio totale di grazia, dono gratuito che discende dall’alto: questo ogni celebrazione lo deve evidenziare evitando ogni orizzontalismo sociologico.E poiché il peccato è sorgente di ogni divisione, nell’assemblea eucaristica riunita nello Spirito nasce l’esigenza della conversione e della riconciliazione che si esprimono nell’atto penitenziale. E’ attraverso questi riti che la celebrazione dell’ l’Eucaristia nutre e educa all’accoglienza, alla comunione,alla riconciliazione, al perdono reciproco.

La liturgia della Parola, attraverso il rito, ci pone in ascolto di Dio che ci parla qui e ora, per essere luce, guida e anima della nostra vita quotidiana: la Parola spezzata per nutrire l’uomo(fractio verbi).Essa suscita in noi l’atteggiamento di fede, di speranza, di amore, per tradurre il Vangelo nella vita. Mentre ci pone in dialogo con Dio e con i fratelli, ci nutre e ci  educa all’ascolto, al dialogo, alla lode,al ringraziamento, che si fanno preghiera dei fedeli con respiro universale, attento alla vita quotidiana e all’oggi.

Il dinamismo rituale della liturgia eucaristica rende presente e operante tra noi il Memoriale della Pasqua, sacrificio conviviale del Corpo e del Sangue di Cristo, pane spezzato per la Vita dell’umanità (fractio panis).La presentazione dei doni,oltre a vari doni simbolici, trova al suo centro il portare all’altare il pane e il vino del banchetto eucaristico, che dalla grande Preghiera eucaristica saranno cambiati nel Corpo e nel Sangue di Cristo attraverso parole e gesti che riproducono la Cena del Signore che si dona per noi. Soprattutto qui la celebrazione dell’Eucaristia nutre e educa alla gratitudine, alla lode, al donarsi,al servizio,alla riconciliazione, al perdono, al martirio.La ricca tematica del Canone si raccoglie intorno a un suo centro: il ‘memoriale’. Esso non è solo ricordo, non fa riferimento unicamente al passato. Implica la presenza attiva di ciò che è ricordato: e così le

meraviglie di Dio rivivono nell’oggi, perché Dio ‘si ricorda’ di ciò che ha fatto e interviene nel presente. Ma anche la comunità, insieme a lui, ‘si ricorda’: e lo fa attivamente, partecipando a ciò che Dio ha fatto. I credenti cioè mostrano l’agire di Dio nel loro agire. Poiché Dio fa misericordia, anche noi facciamo misericordia. Poiché Dio perdona, anche noi perdoniamo.Poichè Dio fa alleanza, anche noi stringiamo vincoli di comunione con i fratelli. Così il fedele, lasciandosi plasmare dal dono divino, si modella sull’atteggiamento del ‘Signore-che-si-dona’ e diventa lo strumento per cui quel dono passa ai fratelli. Questo è il memoriale autentico, liturgia vissuta. Allora si supera la barriera del formalismo, e la celebrazione provoca l’impegno, compromettendo la responsabilità.

I riti di Comunione sono parte essenziale del convito sacrificale, mentre ci nutrono e ci educano alla comunione con Cristo e alla comunione e condivisione tra noi uomini. Ci dice Gesù: “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me”(Gv 6, 56-57). Nei riti di comunione simbolo eloquente è la frazione del pane, che ci riporta alle parole di Paolo: un solo pane spezzato fra tutti, quindi tutti siamo un solo corpo. Il pane non è fatto solo per essere mangiato;esso esige di essere condiviso. Quindi il dono ricevuto si inscrive nella vita solo se spinge chi si comunica a farsi commensale di ogni uomo, soprattutto con chi ha fame.

Dalla celebrazione dell’Eucaristia viene generata, nutrita, educata  la “diaconia” ecclesiale, l’educazione al servizio, alla testimonianza, alla missione: spezzare la vita per la vita del mondo(fractio vitae). Luca collega con il racconto della cena di Gesù l’esortazione al servizio(cf Lc 22,24-26), mente il Vangelo di Giovanni ci presenta il Cristo della cena nell’atteggiamento “diaconale” di chi lava i piedi. La celebrazione dell’Eucaristia si conclude con il rito del congedo. Esso non va banalizzato come semplice avvertimento che è lecito uscire. E’ piuttosto l’invito ai credenti a iniziare un’altra celebrazione in cui è impegnata tutta la vita nelle strade del mondo: un invito ad assumere sempre più una “forma eucaristica” nella vita quotidiana, legando intimamente culto della vita e culto liturgico.

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