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Un'Agenda di speranza per l'Italia

Prof. Luca DiotalleviRelazione sul recente convegno diocesano che ha visto la partecipazione del Prof. Luca Diotallevi, vicepresidente delle Settimane Sociali

Convegno diocesano "Un'Agenda di Speranza per l'Italia"Nel convegno: “Una Agenda di Speranza per l’Italia “ che l’Ufficio della Pastorale Sociale e del Lavoro ha rivolto alle Istituzioni ecclesiali e civili, ad associazioni, ad enti ed organizzazioni sindacali, Il prof. Luca Diotallevi, vicepresidente delle Settimane Sociali, riportando il senso, gli obiettivi ed i contenuti della Settimana Sociale di Reggio Calabria, ha voluto introdurci ai lavori poggiando la sua relazione su due immagini bibliche:

la prima ricorda Il Signore nel momento in cui avendo deciso di distruggere Sodoma risponde alla preghiera di Abramo dicendo: <<Se io trovo nella città di Sodoma 50 giusti , perdonerò a tutto il luogo per amore di essi>> ;

la seconda è data dalle parole di S. Pietro quando ci esorta dicendo che per la virtù di pochi giusti le tribolazioni saranno premiate…

Ciò a sottolineare che noi possiamo anche essere in pochi, ma nel momento in cui il Vescovo ci chiama a fare attenzione …. a porre l’attenzione alle persone, allora è un momento importante, tanto più importante perché il nostro Vescovo ha voluto questo incontro nonostante la difficoltà di questa attualità socio-politica.

Ci si interroga anche nel mondo cattolico sulla efficacia della Settimana Sociale e anche di questi incontri. Da subito possiamo distinguere due tipi di efficacia: la formazione delle coscienze e il concorrere ad un ritorno alla questione spirituale; infatti  solo il decadimento della cultura ha determinato il fatto che si possa prescindere da questa parola, che invece da sempre ( Leopardi, Kant, Hegel) esprime una dimensione molto concreta della vita alla quale tutti siamo chiamati.

A Reggio Calabria i cristiani si sono misurati proprio sulla concretezza, riuscendo a concorrere alla definizione di una lista di problemi intorno ai quali richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica , costruendo un’ agenda che abbia per obiettivo il bene comune e dunque per anima la speranza.

Diotallevi sottolinea che l’Insegnamento Sociale della Chiesa non nasce dal Vaticano, ma da una complessa vicenda di credenti che nel tempo agiscono e di pastori che riflettono; ci ricorda che Paolo VI nell’”Evangelium Nuntiandi” afferma che il Vangelo è in grado di ispirare ogni strada dell’umanità (valori , prospettive) ma è una cosa viva che travalica sempre le forme in cui si incarna, altrimenti sarebbe una ideologia, una cultura , o una serie di culti magici come ce ne sono tanti.

Di Settimane Sociali ce ne sono state tante, diverse e simili allo stesso tempo; anche questa è simile ad altre perché attinge dalla tradizione ed assomiglia alle prime settimane sociali che erano più concrete e si occupavano ad es. di patti agrari, di formazione professionale etc., ma nello stesso tempo riusciamo a costruire un’ agenda che generi speranza, che si misuri non sulle ideologie, ma che pone l’attenzione alle cose ed alle persone.

 

Domande che il Comitato promotore si è posto nel pensare la Settimana Sociale di Reggio Calabria

 

Qual è la posta in gioco?

La posta in gioco è l’Italia che è sottoposta a dinamiche che lasciate da sole la dividono, a volte giustamente la dividono perché non c’è ad esempio nessuna ragione perché dei lavoratori di alcune regioni devono sostenere con le loro tasse sistemi di corruzione , è questione di giustizia.

C’è una forte tensione anche tra diritto e legge..questa legge si è mangiata il diritto e va contro la legalità.

Se guardiamo le nuove linee del nuovo continente l’Italia ha un grande ruolo ed è stata un grande sogno, ma può anche finire.

 

Serve l’Italia al bene comune?

La risposta che ci siamo dati è sì, se però per bene comune intendiamo le condizioni che permettono alle persone di realizzare se stessi il più perfettamente possibile prima della Parusia.

Noi come credenti siamo sempre lì a lavorare per il miglioramento ma convinti che la perfezione non è di questo mondo.

 

Di che cosa è fatta la nostra agenda?

Di problemi concreti, di alternative realistiche, eticamente non indifferenti.

Abbiamo deciso di iniziare dalla frase di Papa Benedetto XVI nella Caritas in Veritate:

<< Trasformare il vivere sociale in città>>. La politica è la forma più esigente dell’amore perché è fatta bene solo se dettata dall’umiltà; essa è la via Istituzionale alla Carità. Si deve però abbattere quella mentalità che aveva permeato il mondo cattolico nella seconda parte del secolo, che la politica abbia il monopolio su tutto. Questo concetto è estraneo alla Dottrina Sociale della Chiesa La degenerazione della vita sociale è dipesa dal fatto che si è realizzata non in stato di eccezione, ma come regime, con la pretesa di monopolizzare tutta la vita sociale.

Allora l’Agenda è concepita come un insieme di questioni di alcune delle quali la politica deve disinteressarsi, su alcune può portare qualche contributo e su altre ancora deve decidere.

 

I 5 punti o gruppi di soggetti ancora vivi nel nostro paese che se liberati possono produrre più condizioni di bene

 

1. Intrarprendere nel lavoro e nell’impresa

In questo nostro paese perché il bene comune torni a crescere è essenziale che il paese cresca, i processi produttivi costano molto, quindi dobbiamo lavorare di più per crescere di più.

Anzitutto bisogna considerare che la crescita non è solo economica, ma anche economica, non possiamo pensare alla decrescita come positiva perché le persone in difficoltà stanno entrando nella povertà, non dobbiamo guardare a chi ha tanto, ma a chi ha già poco.

Il prof. Diotallevi sottolinea che la crescita economica la fanno le imprese, gente che si mette insieme con impegno e rischio.

In questo ambito si sono individuate quattro possibilità realistiche eticamente non indifferenti:

- Ridurre la precarietà e privilegi nel mercato del lavoro aumentando la flessibilità, la partecipazione, la eterogeneità del mercato del lavoro perché i problemi, le esigenze delle persone possono essere diverse da soggetto a soggetto. Non si può più pensare a condizioni lavorative uguali per tutti.

- Scegliere politiche fiscali diverse per la famiglia, in quanto essa , proprio come ente, produce valore anche da un punto di vista economico

- Redistribuire la pressione fiscale spostandola dal lavoro al reddito.. si sottolinea che non c’è niente di male ad avere un reddito, ma in questo momento in cui dobbiamo crescere il lavoro ha un valore sociale superiore alla rendita, quindi il carico fiscale va spostato

- Far crescere le imprese, non demonizzarle: siccome in occidente dobbiamo fare prodotto con alta tecnologia, progettazione, marketing (tutte cose che hanno dei costi imposti anche dalla sofisticazione virtuosa della loro struttura finanziaria) vanno aiutate a mettersi insieme.

 

2. Educare per crescere

Nel mondo cattolico abbonda la retorica; in questo tempo il limite più grande di ogni processo educativo è l’autorità: il processo educativo non è negoziabile.

- Allora ad esempio,ragioniamo su come dare più strumenti a presidi e famiglie per premiare e punire i docenti perché ogni processo educativo sia significativo per i ragazzi. Nella scuola, così com’ è, ancora succedono miracoli grazie alla gratuità di molte persone che ci lavorano, ma mancano prospettive.

- Come possiamo fare per ridare legittimità all’esercizio autoritativo di essere padre e madre?

- Come riconoscere ed agevolare la funzione educativa delle strutture associative? Il processo educativo deve essere serio, non basta essere movimento ed associazione; anche nelle comunità elettive bisogna riconoscere il buon esercizio per premiarle.

Oggi il problema non è che mancano bambini, ma mancano le mamme; educare è un diritto ed un dovere. Ognuno ha il dovere di educare.

 

3. Includere nuove presenze

-Noi non abbiamo prospettive di bene comune se non camminando insieme con gli immigrati. Allora alcune posizioni sono senza giustificazione ; certo è difficile ma si devono scambiare diritti e doveri, salvaguardare l’unità e la differenza,l’identità e l’alterità. E’ un percorso educativo lungo su cui bisogna investire; è un percorso di rete, fatto insieme, sussidiario dove solidarietà e condivisione prendono il posto della paura e della diffidenza

-Riconoscere il diritto alla cittadinanza ai figli degli stranieri nati in Italia: non è possibile che dopo aver fatto un corso di studi completo non siano loro garantiti i diritti di cittadinanza.

 

4. Slegare la mobilità sociale

Abbiamo il dovere di attivare la mobilità sociale per i giovani, cioè dare chance ai giovani capaci e meritevoli; dobbiamo pensare a:

- come finanziare diversamente le tasse universitarie, si deve porre attenzione alla qualità dell’insegnamento; ci sono moltiplicazioni di sedi che servono solo ai docenti e noi abbiamo, unici al mondo, una laurea che non si coniuga in un incremento della produttività del lavoro ed in un aumento del reddito civile.

Bisogna finanziare le università, metterle in competizione tra loro, chiuderne parecchie, costruire un sistema di borse di studio per cui ogni ente, associazione che vuole promuovere borse di studio, possa detrarre dalle tasse, consentendo a dei giovani di andare e frequentare.

- Aumentare l’autonomia degli Atenei, senza limitare l’accesso ad alcuno (capace e meritevole); questa è la condizione costituzionalmente garantita del diritto ad un sostegno.

- Rivedere gli Ordini professionali: i giovani avvocati, architetti, ingegneri, chimici etc sono servi della gleba degli anziani degli ordini che sono caste chiuse.

- Come ridurre il paniere dell’accesso alle professioni ed al loro esercizio e come incrementare la libera concorrenza?

Come si vede non sono problemi politici, ma ai quali la politica può dare un forte contributo.

 

4. Completare la Transizione Istituzionale

Ci si domanda: Come si può ridare importanza all’elettore?

- Rivedere la legge elettorale perché l’unico sovrano in democrazia è l’elettore

- Prendere ad esempio la figura del sindaco che prende i voti ed amministra e se non amministra bene torna a casa; queste sono le due condizioni: voto e buona amministrazione, solo così può avere una vera nuova generazione politica.

 

Dopo Reggio Calabria riscoprire l’apostolato dei laici

Certo in questo tempo ci spaventa l’ipotesi di dare di più a chi già ha tanto, il nostro impegno è un “sì” pensoso, meditato.. tutti abbiamo l’onere di un continuo alimento culturale ed esperienziale pur con la consapevolezza di essere esposti a tante correnti.

Due sono i compiti molto importanti che come credenti dobbiamo assumerci adesso dopo questa agenda: il I° è capire che possiamo dare molto, ma che è anche molto impegnativo: pensiamo che nel nostro paese i cattolici per una ragione sociologica sono una maggioranza e corriamo il rischio che le riforme siano fatte da tecnocrati e che la storia del nostro paese sia sotto la tutela di pochi che ogni giorno lavorano per cancellare la fatica di Sturzo, di De Gasperi, di Giolitti, di Turati che è stato quello di rendere più bella la democrazia, più vera , strutturata e partecipata.

2° compito per noi è il concreto servizio al bene comune è trovare soluzioni realistiche eticamente valide, e costruire consenso intorno ad esse, facendo alleanze e promuovendo dialogo.

Inoltre, per noi laici il problema è porre fine alla supplenza dell’Episcopato che se si protrae conduce distorsioni gravissime alla vita ecclesiale; altro è la funzione pubblica che il Magistero deve avere , altro è la partecipazione con l’agonismo della libertà alla battaglia economica, politica, culturale nella quale il magistero non deve essere coinvolto; quindi c’è un problema di riacquisizione delle posizioni fisiologiche che per noi laici cattolici significa riscoprire l’apostolato dei laici: ciò esige un cammino ecclesiale che alcune esperienze devozionistiche e movimentistiche non hanno a tutto svantaggio di coloro che a questa esperienza si avvicinerebbero. Si tratta di scoprire che l’offerta gradita a Dio è il tuo corpo, è vivere la fedeltà nella libertà.

 

Mons. Conti : “Passare dal Vangelo della Carità alla Carità del Vangelo” : per una diaconia completa nei confronti dell’uomo è necessaria anche una carità intellettuale

Convegno diocesano "Un'Agenda di Speranza per l'Italia". Intervento di Mons. ArcivescovoNel suo intervento, Il Vescovo Mons. Luigi Conti, condividendo i principi enunciati , le soluzioni individuate dalla settimana di Reggio Calabria e, soprattutto l’esigenza dell’apostolato dei laici, afferma che il fatto più grave di questo tempo è la mancanza di cultura: sottolinea che anche il Magistero della Chiesa non viene letto e ciò provoca impoverimento dei valori. Afferma che in Diocesi pur essendo molto sviluppato il Vangelo della Carità, questo Vangelo non educa ... forse si bada solo a dare un pasto ma si è smesso di pensare, è mancata la carità intellettuale. Dobbiamo passare dal “Vangelo della Carità alla “Carità del Vangelo “. Per questo la Diocesi ha pensato di mettere tra la Carità vissuta ed il Vangelo ai poveri, anche un luogo dove si produce pensiero, identificato nel centro S. Rocco per pensare la realtà concreta anche attraverso gli occhi dei laici. In definitiva una Chiesa che diventa diaconia della Carità e ma anche della politica, la Chiesa a servizio dell’uomo.

Numerosissimi sono stati gli interventi, nonostante i tempi brevi; prima di tutto quello del Sindaco di Fermo, la città che ha ospitato il Convegno, che ha espresso le difficoltà ed anche lo scoraggiamento della Politica in questo tempo; a seguire quello dei rappresentanti delle professioni intervenuti al Convegno. Il Prof. Diotallevi ha preso in considerazione, nel rispondere, vista la ristrettezza dei tempi , l’intervento di Luca Romanelli, che ha messo in luce il fatto che nella sua relazione non avesse affatto preso in considerazione il fenomeno della corruzione, della mafia, la giustizia che non funziona, l’evasione fiscale, la precarizzazione, non perché il giudizio su queste tematiche non sia condiviso , ma perché in ognuna di queste aree è prioritario darsi degli strumenti per combattere ogni distorsione. Il fatto che i laici nella Chiesa abbiano voluto costruire una agenda di speranza per l’Italia ha significato volersi misurare con l’attualità e trovare ipotesi di soluzioni eticamente valide per la costruzione del “bene comune”, inteso come opportunità di realizzazione per ogni uomo.

 

Come Ufficio della Pastorale Sociale, del Lavoro della Giustizia e della Pace siamo convinti che il cambiamento, le soluzioni eticamente significative appartengono ad ogni persona nel ruolo che la vita gli ha affidato e nel luogo dove si trova ad operare; per questo crediamo nell’importanza delle piccole reti che nelle parrocchie e nei paesi si possono creare, nelle associazioni che avendo a cuore la formazione non perdono occasione di confrontarsi per un discernimento più ampio e nelle imprese dei territori, che si propongono di fare rete per tutelare posti di lavoro ed essere sentinelle nella salvaguardia delle ricchezze naturali e sociali del territorio. In questo cammino di due anni il Signore ci ha concesso di conoscere molti segni di speranza; ci auguriamo che l’invito ad un apostolato più maturo dei laici espresso dal Vescovo, ed anche dall’articolo di Massimiliano Colombi nella Voce delle Marche , sia accolto, ed insieme si possa operare per promuovere il Bene Comune in questa Diocesi .

Commenti dei lettori
1 commenti presenti
  • Angelo

    09-01-2011 20:59 - #1
    A mio modesto avviso non bisogna sottovalutare i sistemi cooperativi.La vera competizione è nella coesistenza di più modelli e non nell'assolutizzazione di uno di essi.
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