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Vocazione e "vocabilità"

Gli esercizi spirituali tenuti dall'Arcivescovo ai Diaconi e ai Candidati

 

Venerdì 26 febbraio 2010, a casa “San Lorenzo” (via A. De Nicolò, 15), l’Arcivescovo ha guidato la riflessione per i Diaconi e i Candidati prossimi al diaconato, sul Vangelo di Matteo e, in modo particolare, sul tema della chiamata, prendendo in considerazione Mt 9,9 (la chiamata di Matteo) e Mt 4,18-22.

Ha messo in evidenza che non si è chiamati una volta per tutte, anche se dal Vangelo può sembrare così e ha invitato a comprendere la dinamica della chiamata nella Bibbia così da comprendere la nostra chiamata, evitando che della vocazione si abbia una dimensione troppo umana. Analizzando il testo, ha spiegato che la situazione in cui si trova il chiamato è una situazione feriale: mentre sta lavorando. Infatti, è nella ferialità – ha continuato -, che qualcuno ti passa accanto e ti dice “vieni”. Questo è una situazione simbolica, perché, in genere, la chiamata avviene mediante fatti ben precisi, in un momento di difficoltà, ad esempio, o grazie a parole che ci hanno rivolto delle persone che ci hanno accostato.

Spesso nelle chiamate, come in quelle dei profeti, c’è l’obiezione – ma io come posso…-. Questo per ricordare che i chiamati non sono migliori di altri ed hanno continuamente bisogno di convertirsi a Dio. Dopo l’obiezione dell’uomo, nel testo sacro troviamo il gesto di rassicurazione di Dio – A Mosè titubante davanti al roveto ardente, Dio risponde “Io sarò con te”, dà istruzioni, poteri taumaturgici e un interprete, nella persona di Aronne –, per ricordarci che solo nell’amore di Dio le azioni diventano efficaci.

Facendo riferimento al versetto 18 del capitolo 4° di Matteo, scopriamo che se diciamo “Sì” a Dio dobbiamo prendere un treno in corsa, cioè entriamo a far parte di una vita dinamica che non va sprecata ma spesa. Infatti, Gesù cammina, è in movimento e chiama quando gli uomini sono fermi. Sottolineando questo aspetto l’Arcivescovo ha sollecitato tutti a chiedersi che cosa significhi, per noi, questo “stare fermi” e proseguendo si è soffermato sulla vocazione nell’ordinazione diagonale. Infatti, essa si fa concreta nel momento in cui il candidato pronuncia il suo “eccomi” davanti al Vescovo ma ha bisogno di una cura, di una formazione permanente, altrimenti si corre il rischio di perdersi. La vocazione ha bisogno di essere alimentata, non a caso il Concilio Vaticano II parla di formazione permanente. Occorre ritrovare spesso lo specifico della propria vocazione, la propria “vocabilità”, anche per poterla cogliere negli altri e farla, eventualmente, scoprire ad altri. Inoltre, ha continuato, non si può riuscire ad essere fedeli alla chiamata semplicemente affidandosi alla coerenza, occorre la Fedeltà, di Dio, anzitutto, ma quella è certa; una fedeltà che può essere vissuta in particolare attraverso la virtù dell’obbedienza.

Proseguendo nell’analisi del testo, l’Arcivescovo ha spiegato che Gesù compie un altro gesto particolare “vide”, che vuol dire “fissò lo sguardo” sul chiamato, uno sguardo che è già in progetto per quella persona. Poi, Disse loro: “venite dietro a me”; Dio si fa Voce per chiamarci alla Sua sequela. A questo proposito a ricordato l’importanza di tener sempre presente come nella chiamata si deve sempre ricordare di mettersi alla Sia – non alla nostra - sequela. Analizzando, ancora, la dialettica lasciare/seguire, distacco/sequela, ha affermato che il distacco è proprio per la sequela e che è tale sequela a dare significato al distacco. E’ da lì che inizia il nostro cammino essendo consapevoli di Chi stiamo seguendo; poiché rischiamo di seguire un’idea di Gesù Cristo, magari anche importante, ma una nostra idea, come, ad esempio, fecero gli apostoli che lo videro come colui che avrebbe restaurato il regno di Israele, piuttosto che Gesù/Dio stesso. E forse, è per questo motivo, ha continuato che Matteo ha inserito questo brano prima delle Beatitudini in cui si svela il nuovo regno di Dio.

Ha poi evidenziato l’originalità di questo Maestro, diverso da quelli dell’epoca che venivano cercati dai discepoli. Qui è Lui che cerca i discepoli in obbedienza al disegno del Padre, e li cerca perché possano mostrare la fedeltà e l’amore di Dio. E questo – ha concluso Mons Conti - è motivo di speranza, specialmente davanti ai nostri limiti. Possiamo seguire Gesù contando soprattutto sulla sua Fedeltà e su questa base poggiare la nostra.

 

 

Manuela Marini
 

 

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