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Riflessione di Manuela Marini sul ruolo educativo del web e delle nuove tecnologie
Un paio di settimane fa si è svolto l’incontro “Testimoni digitali”, un convegno della Chiesa italiana che vuole lanciare una sfida ai nuovi media digitali. La mia riflessione non è tanto su questo tipo di media, in particolare, ma sul complesso dei media che, più spesso di quanto vogliamo, guidano le scelte della nostra vita, delle nostre famiglie e dei nostri figli. Ad esempio i canali tv oggi si rivolgono alle giovani generazioni, più spesso alle femmine, poiché sono loro che comprano e fanno comprare. Quali programmi guardano i nostri giovani? Perlopiù canali musicali, video- che poi magari ritrovano sulla rete- e telefilm sugli adolescenti. Il tutto sapientemente orchestrato da pochissime case produttrici di musica le quali da sole detengono oltre l’80% delle quote di produzione musicale mondiale. Ed ecco che una cantante viene lanciata dalle tv, giornali e web, con un look da ragazza per bene, che si muove in maniera da mettere in evidenza tutti gli attributi femminili e canta una canzoncina orecchiabile ma il cui contenuto – se facciamo la traduzione – lascia molto a desiderare. Ok i nostri ragazzi non capiscono la traduzione e certo non si precipitano a ricercarne il significato ma l’eco del contenuto non tarda loro ad arrivare sotto forma di video, interviste alla protagonista-cantante e ad altre testimonianze di ragazze “per bene” che pur di far parlare di sé non disdegnano di darsi un bacio saffico davanti a telecamere e fotografi. E che dire di certi programmi “giornalistici” che col pretesto di indagare su alcuni costumi palesemente inumani – droga, uteri in affitto, tratta dei minori, pedofilia etc. – in realtà fanno una sorta di vademecum per i possibili fruitori? E che invece di stigmatizzare certi comportamenti incitano a verificare “cosa si prova”? Per non parlare dei programmi televisivi pomeridiani sulle tv generaliste che enfatizzano, parlandone, certi comportamenti in una marmellata qualunquista, in cui se non sei d’accordo su alcuni modi di agire perché contrari al bene della persona, vieni subito ridicolizzato e considerato reazionario e antiquato. Ma siamo davvero convinti di essere liberi di scegliere? A volte mi sento come una cavia in quei labirinti in cui le uscite sono obbligate. E’ per questo motivo che preferisco ancora la rete, almeno sul Web ancora c’è un po’ di libertà. Ciò che più mi fa riflettere, è che oggi più che mai non possiamo esimerci dal ruolo di educatori, sia dei nostri figli, sia dei nostri pari adulti poiché occorre aprirci vicendevolmente gli occhi su una realtà che ci sta dando solo valori per “comprare” – non che comprare non sia importante per la nostra società- ma occorre far attenzione ai valori sottesi all’acquisto, troppo spesso lontani dall’educazione all’umanità cristiana. Esistono, purtroppo oggi, alcune agenzie educative che inconsapevolmente modellano i pre-adolescenti e le pre-adolescenti in maniera non cristiana perché hanno a cuore solo il successo personale. Anche il dott. Marco Brusati all’incontro diocesano per le famiglie il 25 aprile scorso a Civitanova Marche, ha ribadito che “Dove non ci siamo noi genitori - o noi educatori cristiani – ad educare, ce ne sono altri che ci stanno rubando i nostri figli” e anche le nostre vite. Se non diciamo ai giovani e alle persone che realizzare il progetto di Dio su ognuno di noi significa raggiungere la massima felicità, non diamo il giusto messaggio cristiano. Perciò ben vengano i convegni sui media che ci aiutano da un lato ad aprire gli occhi e dall’altro ad entrare in una realtà come portatori dei valori cristiani. Anche perché la maggioranza degli italiani, seppur ridotta al silenzio da vari media, su questi valori è pienamente d’accordo. Seguiamo allora l’esempio di Giovanni Battista nel deserto, facciamo sentire la nostra voce, prima nelle nostre case e poi nella nostra quotidianità.
Manuela Marini
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