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L'emergenza educativa nella Scuola e nell'Università

Il commento di mons. Duilio Bonifazi sugli orientamenti pastorali per il prossimo decennio

Con il 2010 inizia il decennio che la Chiesa italiana dedica specificamente all’educazione:si apre infatti il cammino che intendono percorrere gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020  proposti dalla CEI. Nel 1970 sono nati i piani pastorali decennali, che hanno cercato di interpretare, alla luce dei cambiamenti intervenuti nella società italiana, i modi più corretti di proporre agli uomini la buona novella di Cristo. E’ stato un cammino di “nuova evangelizzazione” che, per il decennio ora terminato, ha posto al centro l’esigenza di comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Questa esigenza, per il decennio che ora si apre, si specifica nel compito di trasmettere la Fede e di educare le nuove generazioni, nella consapevolezza che stiamo di fronte a una emergenza e a una sfida educativa. Al di là della formulazione del tema e della redazione del documento, che la CEI sta elaborando, emerge l’urgenza di un problema che non tocca solo la Chiesa, ma coinvolge tutta la società e le istituzioni culturali.

Ora intendiamo proporre alcune riflessioni sia sull’attuale sfida educativa, sia sul ruolo che oggi la scuola e l’università possono e devono svolgere nel campo dell’educazione. Come hanno riconosciuto recentemente Galimberti e Laterza, l’approccio che noi cattolici prevalentemente seguiamo nell’affrontare questi problemi è cattolico nei contenuti, ma è laico nel metodo, aperto al dialogo e al contributo di tutti. Su questa linea intendono porsi le nostre riflessioni. Assumiamo perciò come punto di riferimento il volume Rapporto-proposta. La sfida educativa edito recentemente dall’editore ”laico” Laterza, curato dal Comitato per il Progetto Culturale della CEI, con la prefazione del Cardinale Ruini.
Molti oggi presentano l’attuale questione educativa come una vera e propria emergenza, cui è necessario far fronte con urgenza. Se, tuttavia, è condivisa la constatazione della crisi, la sua valutazione è piuttosto diversificata. Frequente è la tendenza a darne la responsabilità a qualche specifica istituzione (la famiglia, la scuola, l’università, la chiesa), o ai giovani, o all’intera società; spesso anche si corre il rischio di essere generici o di limitarsi alla situazione “a valle”, in quanto si trascura di prendere in considerazione che cosa l’abbia determinata” a monte”. Il risultato perciò è che spesso ci si limita a denuncie più o meno lamentose e carenti dal punto di vista delle proposte. Il volume sopra citato intende invece essere un “rapporto-proposta”, che parte da presupposti valoriali comuni, condivisibili dai vari settori della nostra cultura, per delineare piste percorribili nella famiglia, nella scuola, nei mass media, nello spettacolo,nello sport, nei consumi,nell’impresa, nel lavoro, nella comunità cristiana. Simultaneamente ci preme ricordare ciò che Galimberti, nel volume L’ospite inquietante, dice intorno alle conseguenze, nella ricerca del senso, connesse al nichilismo; ciò che Baricco, nel volume I barbari, diceintorno alla rilevanza della mutazione attuale; ciò che dice Benedetto XVI intorno al relativismo.
Anche la scuola e l’università sono chiamate a prendere coscienza del ruolo e del contributo che possono, e devono, dare per far fronte alla sfida che viene dal mondo dell’educazione. Non è frequente oggi sentir parlare della scuola e dell’università come comunità educanti; anzi, in vari settori della cultura, questa prospettiva è contestata o rifiutata, rivendicando una posizione neutra in campo educativo, in un contesto di proclamato relativismo valoriale. Per quanto riguarda la dimensione educativa talvolta si introducono distinzioni tra la scuola primaria, la scuola secondaria e l’università, rivendicando soprattutto a quest’ultima la posizione neutra e di estraneità in campo educativo. Noi ci ritroviamo invece nella prospettiva di chi afferma che la scuola e l’università sono, e devono essere, comunità educanti, nella rispettiva differenziazione delle loro funzioni culturali e dei loro metodi didatti e di ricerca, e nel rispetto della loro laicità istituzionale.
Oggi è frequente trai docenti della scuola porsi,con rammarico, l’interrogativo: perché non si può più svolgere a scuola una funzione educativa, mentre sta diventando difficile anche il solo insegnare? Tuttavia è noto che alcuni docenti,purtroppo, scelgono programmaticamente la fuga dal compito educativo nella scuola facendo propria la prospettiva che i docenti sono pagati per insegnare, non per offrire ragioni per vivere ai giovani.
Secondo Caffarra l’emergenza educativa consiste nel fatto che si è interrotta la “narrazione della vita” tra le generazioni. La scuola e l’università hanno la capacità di riprendere questa narrazione. In primo luogo mediante le materie che insegnano. Educare attraverso lo studio delle varie discipline significa trasmettere la sapienza umana come tale, ma in modo che lo studente sia risvegliato tramite gli insegnamenti dal “sonno della ragione”. E questo non vale solo per le materie umanistiche -come è a tutti noto-, ma anche per la matematica e le discipline scientifiche: perché chi conosce bene la razionalità matematica e il metodo scientifico riesce a porsi in modo critico di fronte all’abuso del linguaggio scientifico che ci circonda, e sa riconoscere la divulgazione scientifica autentica, distinguendola dalla pretesa di dare solo aspetto scientifico a fatti proposti per interesse economico o ideologico.

Ma la scuola e l’università possono contribuire a farci uscire dall’emergenza educativa anche attraverso ciò che esse sono, o potrebbero essere: comunità educanti, in cui i docenti dovrebbero “con-vivere” con i propri alunni, che spesso sperimentano un grande disagio giovanile,illuminando i loro cuori attraverso ciò che insegnano, offrendo, attraverso questo insegnamento, anche la propria esperienza di vita umana. E’ noto che,tra i nostri giovani,nella scuola e nell’università, molti rifiutano inserirsi in un rapporto educativo di questo genere;tanti altri invece lo cercano e ne lamentano fortemente la carenza Il nostro tempo è caratterizzato dalla compresenza e convivenza di orizzonti di pensiero estremamente differenziati. Esso sembra dominato da una prospettiva tecnicistica, che propone modelli educativi, di sviluppo e di lavoro orientati all’ottica dell’avere,del produrre e dell’accumulare. Questi modelli si fondano su una “razionalità strumentale”, che non si interroga sui fini e sul senso dell’esistenza, né sulla dimensione etica dei problemi,né sull’apporto che le religioni possono dare all’arricchimento del dialogo culturale anche all’interno della scuola e dell’università. In questo quadro si avverte l’esigenza, e la possibilità,che la scuola e l’università garantiscano l’unità dell’atto educativo rispetto alla frammentazione attuale che separa la ricerca del senso, la cultura e la vita, e favorisca nello studente una elaborazione personale e significativa dal punto di vista culturale e esistenziale.

 

 

mons. Duilio Bonifazi

direttore Ufficio Cultura, Università e Scuola

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