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Riflessione di Silvia Graziani sul convegno "Testimoni digitali" svoltosi dal 22 al 24 Aprile a Roma
A pochi giorni dal convegno "Testimoni digitali", organizzato a Roma dall'Ufficio Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana, e ad otto anni dall'incontro "Parabole mediatiche", tanti sono gli spunti e le idee per essere comunicatori efficaci del Vangelo oggi. La tecnologia, infatti, sta ridefinendo i vecchi e i nuovi media, cambiando anche la nostra vita quotidiana e relazionale, profondamente connotata dal digitale.
Ma prima ancora dell'aggettivo "digitale", è il sostantivo "testimone" ad essere la chiave con cui si comprende l'intero convegno. In altre parole, dentro questa nuova condizione noi dobbiamo essere quei testimoni che sono in grado d’interpretarla facendo riferimento al Vangelo. "La sfida è - come ha detto Mons. Domenico Pompili, direttore dell'Ufficio Nazionale delle Comunicazioni Sociali - quella di essere dentro il contesto digitale facendo risuonare la parola del Vangelo di cui ciascuno è testimone". Tutto questo esige l'essere credibili, autentici, perché, come ha sottolineato il prof. Guido Gili, sociologo alla Luiss, "ognuno di noi è il corpo della Chiesa e ciò che avviene in essa e attorno ad essa ci tocca tutti personalmente. Conta la testimonianza di ognuno nella sua parrocchia, nel suo ambiente di lavoro, nelle relazioni di vita quotidiana, ma anche nelle relazioni in rete”. Lo stesso concetto è stato largamente espresso da Sua Santità Benedetto XVI all'udienza di sabato mattina a conclusione del convegno. Il Papa ha esortato "a percorrere, animati dal coraggio dello Spirito Santo, le strade del continente digitale. La nostra fiducia non è acriticamente riposta in alcuno strumento della tecnica. La nostra forza sta nell’essere Chiesa, comunità credente, capace di testimoniare a tutti la perenne novità del Risorto, con una vita che fiorisce in pienezza nella misura in cui si apre, entra in relazione, si dona con gratuità". Ecco dunque cos'è il "testimone digitale": colui che è chiamato oggi a vivere la fede nella rete, senza lasciarsi condizionare da essa, capace di servirsene per una nuova e più efficace diffusione dell'annuncio del Vangelo. Preme precisare, come ha fatto padre Antonio Spadaro, redattore de "La Civiltà Cattolica", che "la rete non è un nuovo «mezzo» di evangelizzazione, ma innanzitutto un contesto in cui la fede è chiamata ad esprimersi non per una mera «volontà di presenza» ma per una connaturalità del cristianesimo con la vita degli uomini".
Ecco dunque il significato del convegno riposto nelle parole del Santo Padre: "il compito di ogni credente che opera nei media è quello di spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali, offrendo agli uomini che vivono questo tempo "digitale" i segni necessari per riconoscere il Signore". La rete potrà così diventare una sorta di "portico dei gentili", dove "fare spazio anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto". Gli animatori della cultura e della comunicazione sono, dunque, segno vivo di quanto "i moderni mezzi di comunicazione siano entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono".
Silvia Graziani
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07-05-2010 16:31 - #1