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Matrimonio: Schubert o no?

Riflessione sull'animazione musicale del rito del matrimonio oggi

Continuano le nostre inchieste sulla musica in chiesa, argomento assai spinoso perché manca ancora formazione a riguardo. Questa volta abbiamo chiesto a Mons. Antonio Parisi, Consulente dell'Ufficio Liturgico Nazionale per la musica liturgica, di chiarirci alcuni concetti in merito all’animazione musicale del rito del matrimonio.
Con l’estate ha inizio anche la celebrazione dei matrimoni; è il tempo più adatto sia per il clima, sia per l’utilizzabilità delle ferie e anche per il ritorno nei paesi di origine di molti parenti che per tanti motivi vivono altrove. L’attesa per questo rito, non solo religioso, è smisurata. Si crede che gli sposi, supportati dai rispettivi genitori, possano gestire il rito, le persone, la struttura chiesa con il suo arredo, secondo programmi televisivi ormai a tutti noti. In tale prospettiva, da una parte si fa a gara a chi realizza meglio la location e anche la musica fa parte di tutto l’allestimento.
Dall’altra parte i sacerdoti, giustamente, sono preoccupati di celebrare un rito cristiano, pur nella solennità e nella letizia del momento. A volte si assiste a un tira e molla veramente sproporzionato, si cede su alcune richieste e ci si irrigidisce su altre, fra le quali il diniego dell’Ave Maria famosa, cantata, guarda caso, quasi sempre da una parente della sposa o dello sposo.

Come deve essere la vera celebrazione?

Io penso che va ricercata una proposta intermedia fra un no assoluto a tutto l’allestimento di fiori, canti e cineprese varie, e l’altro eccesso di permettere tutto trasformando la chiesa in un sett televisivo. Tale via maestra la si percorre partendo come sempre dalla liturgia, dalla celebrazione, dal rito. Durante il corso di preparazione al matrimonio va spiegato agli sposi l’importanza della celebrazione e dei vari riti che richiedono forme adeguate per essere celebrate nella verità e nella semplicità dei vari segni. Il matrimonio si celebra secondo la liturgia della Chiesa e non può diventare proprietà di nessuno, né può essere vissuto e gestito assecondando idee strane o gusti personali.
Riflettiamo un momento: quando a celebrare il matrimonio sono due giovani che vivono un’esperienza parrocchiale e un cammino di fede, tutto il problema circa l’addobbo floreale o la scelta delle musiche, viene ridimensionato e si assiste a una vera celebrazione partecipata da tutti nel rispetto del rito e delle scelte che lo caratterizzano.
 
I musicisti: come prepararli?

Altro argomento spinoso: il violinista, la cantante, a volte un quartetto d’archi o il coro, come gestirli e come preparare anche loro alla comprensione della vera celebrazione del matrimonio? È molto semplice e facile dire: "in questa chiesa si suona solo l’organo e nient’altro". È un no che non ha alcuna motivazione liturgica, pastorale, musicale, canonica. Come sacerdoti dobbiamo imparare a dire dei sì motivati, nel rispetto del rito e delle persone.
Durante le messe domenicali o durante alcune ordinazioni, anche noi utilizziamo vari strumenti, mettiamo in campo varie ministerialità e professionalità; il tutto senza alcuno scandalo, anzi con la certezza di preparare una vera celebrazione solenne e partecipata, dove ciascuno svolge il proprio compito a servizio di tutta l’assemblea. Perché non si potrebbe gestire alla stessa maniera anche una messa di matrimonio?
Ogni diocesi dovrebbe organizzare dei corsi di preparazione e aggiornamento per i vari operatori musicali impegnati nei matrimoni. Spiegare quali canti sono indispensabili e richiesti dalla celebrazione secondo il seguente ordine: le acclamazioni, il salmo responsoriale, l’alleluia, i canti rituali e poi i canti processionali. Così anche le musiche scelte devono essere rispettose dei vari riti. Si hanno a disposizione musicisti e cantori, perché non utilizzarli orientandoli a una vera animazione musicale?
Specialmente per le messe di matrimonio celebrate al mattino e in giorni feriali, dove è difficile avere gli animatori abituali delle nostre parrocchie, diventa un aiuto la presenza di tali musicisti professionisti; essi vanno accolti e con loro vanno operate scelte musicali rispettose della liturgia cattolica. Inoltre penso che ogni diocesi dovrebbe approntare un elenco di animatori musicali preparati e formati a svolgere tale compito ministeriale.

I musicisti vanno pagati?

Sorge il problema del compenso: io credo che non si può lasciare il campo alla trattativa privata fra musicisti e sposi; dove ciò avviene ci sono lamentele e situazioni economicamente poco chiare. Il problema del compenso va regolato alla luce del sole, rispettando le norme fiscali dello Stato, sia da parte della parrocchia e sia da parte del musicista.
Le diocesi dovrebbero affrontare questo complicato problema nel rispetto delle professionalità di ciascun musicista. Considerate che per tanti giovani musicisti questo impegno diventa un ridottissimo "lavoro", in una situazione occupazionale difficile e senza sbocchi concreti. Non sarebbe da parte delle comunità un bel gesto di accoglienza nei confronti di tanti musicisti alla disperata ricerca di un approdo? Non potrebbero, almeno le cattedrali, le basiliche e le parrocchie più grandi e organizzate, farsi carico di un’attenzione nei confronti di un giovane musicista da sostenere con una rimunerazione decorosa? Nel panorama della carità cristiana siamo attenti alle povertà abituali e conosciute: non potremmo allargare il raggio della nostra attenzione anche nei riguardi delle nuove povertà giovanili?

Ci sono musiche proibite?
Rimane l’ultima domanda alla quale voglio rispondere: l’Ave Maria (l’autore è a tutti noto) si può cantare? Eseguita alla fine della messa, durante le firme, diventa un omaggio e una preghiera alla Vergine; inoltre è percepita anche come un simbolo sonoro del matrimonio. Perciò sono inutili ostracismi, divieti o altre perplessità: il testo è sacro, la musica è di un grande compositore; eseguita da un solista o dal coro, oppure suonata dall’organo e dal violino, non dovrebbe creare alcun problema né di carattere liturgico, né pastorale. E così dicasi pure per le marce nuziali: ormai sono diventate segno sonoro del matrimonio, pertanto a parità di condizioni, possono benissimo trovare cittadinanza all’interno del rito iniziale e finale.
La conclusione è una sola: la celebrazione del matrimonio è un rito impegnativo che richiede attenzione e impegno da parte del sacerdote e di tutti gli operatori pastorali di una comunità parrocchiale.

 

Silvia Graziani

 

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