Archivio Notizie dalla Diocesi
Notizie dalla Diocesi
omelia di S.E. Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI
la festa di santa Maria Goretti ci fa rivivere con emozione una testimonianza di fedeltà alla propria coscienza e a Dio portata fino alle estreme conseguenze e pagata con il martirio; una testimonianza esemplare, di cui non facciamo fatica a riconoscere l’autenticità sullo sfondo di una lunga schiera di vergini martiri fin dai primi secoli della Chiesa. Mentre ci sentiamo mossi a stupore e ammirazione per una così grande coerenza, non ci nascondiamo la fatica che facciamo a capire fino in fondo. Non a caso le pagine della Scrittura appena ascoltate, insieme alla fiducia che il testimone ripone in Dio e al soccorso che questi gli assicura, come ricorda il Siracide (51,6b-12), annunciano che una logica diversa da quella umana presiede a scelte così radicali come quella di chi è disposto ad abbracciare il martirio. Il brano della prima lettera ai Corinzi (1,26-29; 2,14) ci parla della sapienza di Dio, che agli occhi degli uomini appare stoltezza; ci presenta figure deboli, che in realtà dimostrano una forza più grande di ogni umana potenza. E il Vangelo (Gv 12,23-25), rivelando in anticipo la glorificazione di Gesù proprio nella morte di croce e indicando in lui il chicco di grano che muore e produce molto frutto, proclama che perdere la vita è guadagnarla veramente.
La parola di Dio ci dice, insomma, che non è facile entrare nella logica di Dio, soprattutto quando è in gioco il nostro istinto naturale, che è istinto di autoconservazione e ci istiga ad agire senza controllo egoisticamente: difficile, però, non vuol dire impossibile, e tantomeno disumano. Al contrario la visione cristiana della persona e della vita è quella che propone la via di una autentica umanizzazione. Del resto la vicenda di santa Maria Goretti sta lì a dimostrare, insieme all’esempio della sua estrema fedeltà, gli effetti distruttivi e mortali a cui conduce l’istinto assecondato senza remore e diventato animalesco.
Non manca chi consideri il martirio di santa Maria Goretti fuori moda e la violenza che l’ha prodotto un fenomeno isolato, un caso limite. In realtà siamo di fronte ad un fatto tipico, illuminante per comprendere situazioni e problemi di pressante attualità.
La figura di questa piccola grande santa, forse perfino tra credenti, è considerata inattuale, fuori moda; ma la sua è la tipica inattualità dei santi, del Vangelo, di Gesù, del cristianesimo; sempre fuori moda semplicemente perché non secondo la logica del mondo ma secondo la logica di Dio. La cosa singolare, però, è che la logica di Dio è l’unica veramente a favore dell’uomo, contrariamente a ciò che il mondo vuol far credere. C’è una attualità dei santi che è di un altro ordine, nel quale siamo chiamati ad entrare non solo per diventare più autenticamente cristiani, ma anche per riscoprire la nostra genuina umanità.
La festa di santa Maria Goretti fa affiorare alle nostre labbra parole desuete, come purezza, castità, verginità, che facciamo fatica a pronunciare, che ci fanno forse arrossire. Ed è questo il paradosso, che oggi si sia arrivati ad agire e a parlare con sfrontatezza senza limiti di cose di cui si dovrebbe veramente arrossire e vergognare, e che invece si arrossisca per «tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode» (Fil 4,8), per dirla con san Paolo. Qui non è in gioco un moralismo d’altri tempi, superato; è in pericolo il bene stesso dell’uomo.
L’esempio di santa Maria Goretti ci riporta ad alcune verità umane e cristiane fondamentali: la dignità e l’identità della persona, la grandezza del corpo, la bontà della sessualità, la natura della libertà. Non ci spinge alcun disprezzo del corpo, alcuna tabù circa la sessualità, alcun timore della libertà; ci sollecita la pena che suscita lo spettacolo quotidiano di degrado morale che si consuma in tante immagini proiettate dai mezzi di comunicazione e nelle cronache di vite senza fine devastate.
Abbiamo bisogno di riscoprire che il corpo non è un oggetto di cui usare dissennatamente, che anche il corpo è persona; e la sessualità ne è la dimensione più profonda e intima, che orienta e dirige all’amicizia, all’amore e alla comunione. Abbiamo bisogno di riscoprire che siamo fatti per amare nel rispetto di noi stessi e degli altri, secondo l’ordine scritto nella nostra natura prima che nelle pagine della Bibbia. A questa capacità di amare autenticamente, cioè nella logica del dono e non del consumo egoistico e dello sfruttamento, abbiamo bisogno di educarci e lasciarci continuamente rieducare. Una libertà intesa come sfrenatezza e sregolatezza non porta affatto all’autentica espressione di sé e alla gioia dell’amore, ma all’uso dell’altro, alla sua sottomissione e all’annullamento come persona. La violenza che giunge ad uccidere si colloca in continuità con l’alienazione di relazioni disordinate, anzi ne costituisce la logica conseguenza. Se l’altro è solo un oggetto del mio desiderio, e uno strumento del mio piacere, allora posso farne quello che voglio. Se l’altro invece è il destinatario del dono di me stesso e una persona che risponde con il libero dono di sé al mio amore, allora non posso usarlo e sfruttarlo a piacimento. Se l’altro è un altro me stesso, se è immagine e somiglianza di Dio, allora la relazione d’amore dona gioia e libertà, diventa perfino manifestazione dell’amore creatore di Dio, che vediamo pienamente compiuto nel matrimonio e nella famiglia.
Al senso di una tale esperienza della sessualità, della corporeità e della dignità della persona umana ci si educa lungo un processo che dura tutta la vita. E l’educazione all’amore abbraccia atteggiamenti come il rispetto del corpo, la custodia della sessualità, insieme alla preparazione alla capacità di donarsi totalmente in una autentica relazione di amore che trova nel matrimonio e nella famiglia il luogo del suo compimento. Purezza e castità riappaiono come valori costitutivi di un tale percorso formativo, in cui ci sono responsabilità di genitori ed educatori, e responsabilità di istituzioni e della società intera. Come ha ricordato anche di recente il cardinale Bagnasco: «Le responsabilità sono di ciascuno ma conosciamo l’influsso che la cultura diffusa, gli stili di vita, i comportamenti conclamati hanno sul modo di pensare e di agire di tutti, in particolare dei più giovani che hanno diritto di vedersi presentare ideali alti e nobili, come di vedere modelli di comportamento coerenti».
E invece assistiamo ad un disprezzo esibito nei confronti di tutto ciò che dice pudore, sobrietà, autocontrollo e allo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile che invera la parola lussuria, con cui fin dall’antichità si è voluto stigmatizzare la fatua esibizione di una eleganza che in realtà mette in mostra uno sfarzo narcisista; salvo poi, alla prima occasione, servirsi ipocritamente del richiamo alla moralità, prima tanto dileggiata a parole e con i fatti, per altri scopi, di tipo politico, economico o di altro genere.
Nessuno deve pensare che in questo campo non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati; soprattutto quando sono implicati minori, cosa la cui gravità grida vendetta al cospetto di Dio. Dobbiamo interrogarci tutti sul danno causato e sulle conseguenze prodotte dall’aver tolto l’innocenza a intere nuove generazioni. E innocenza vuol dire diritto a entrare nella vita con la gradualità che la maturazione umana verso una vita buona richiede senza dover subire e conoscere anzitempo la malizia e la malvagità. Per questa via non c’è liberazione, come da qualcuno si va blaterando, ma solo schiavizzazione da cui diventa ancora più difficile emanciparsi.
Abbiamo dinanzi a noi un compito educativo enorme, che è anche e anzitutto autoeducativo, se non in tanti casi autocorrettivo. È l’invito che raccogliamo, innanzitutto per noi, dalla parola di Dio e dalla festa di oggi, sicuri che su questo cammino abbiamo la compagnia e la preghiera di santa Maria Goretti.
+ Mariano Crociata
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