Archivio Notizie dalla Diocesi
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Un invito a cercare Dio in tutte le cose, e quindi anche in una canzone, nel commento al testo della canzone vincitrice del recente Festival di Sanremo di don Andrea Verdecchia, direttore dell'Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali
“Cercare Dio e in tutte le cose trovarlo”. Il fondamento della spiritualità di Sant’Ignazio di Loyola ha il sapore di un invito e allo stesso tempo di una regola di vita per il cristiano. Edoardo Bennato in un suo celebre testo cantava: “sono solo canzonette”. Il riferimento giocava su un doppio binario di lettura proprio sfruttando il testo di una canzone che voleva essere seria e impegnata ma pur sempre dilettevole. Forse molti di noi davanti a un testo musicale – seppure bello e magari pluripremiato – faticano a leggervi e a trovarvi, come Ignazio ci dice, la presenza e l’afflato di Dio. Non c’è dubbio: alcuni testi (siano essi letterari, artistici, musicali, cinematografici, ecc…) si prestano di più a una tale lettura e profondità; altri molto meno. Antonio Diodato – vincitore dell’ultimo festival di Sanremo – ci ha offerto una canzone dalle proficue possibilità di lettura: spirituale e anche pastorale. Non è un caso se il quotidiano dei Vescovi ‘Avvenire’ ha dedicato all’autore alcuni approfondimenti. “Fai rumore” come sappiamo è il titolo (testo in calce all’articolo). In un mondo già abbondantemente rumoroso perché tale spassionato imperativo? Risulta molto interessante in questo senso accostare a questo ‘comando’ una sorta di preghiera, richiesta, intercessione. Non è forse ciò che l’uomo chiede a Dio – di farsi sentire, percepire, ascoltare – dentro alla grande confusione che a volte la vita ci riserva? Il testo non a caso gioca su due dinamiche fondamentali della spiritualità ebraico-cristiana, ovvero il ‘silenzio’ e la ‘parola’. Diodato ha giocato un mix eccezionale di tali dimensioni proponendo un testo altamente spirituale il quale, seppure rivolto come è evidente a una persona particolarmente cara, in realtà trattiene diversi connotati di una preghiera assimilabile in molti aspetti all’esperienza dell’uomo credente. L’incipit del testo pone da subito una netta distinzione tra ciò che è l’istinto dell’essere animale e l’elevazione dell’anima spirituale: “Che se poi penso sono un animale e se ti penso tu sei un’anima”. Proseguendo nell’ascolto (e nella lettura) ci troviamo davanti a un rincorrersi tra colui che parla (o meglio canta) e il destinatario del messaggio: una dinamica che attraversa tutta la Sacra Scrittura dalla Genesi – che si apre con il nascondersi dell’uomo per il peccato – alle ultime parole dell’Apocalisse dove Dio conferma la celerità del suo avvento ultimo: “Si: vengo presto!”. Un passaggio ricco della ‘memoria’ lo si incontra nel cuore del testo della canzone: “e faccio finta di non ricordare e faccio finta di dimenticare”. Siamo riportati all’esperienza della ‘memoria’ del ricordo di una presenza via, la quale invita prorio a ricordare: il memoriale cuore di tutto l’Antico Testamento fino alla Pasqua di Gesù il Buon Pastore che ricorda all’umanità smarrita la verità, la via e la vita del Padre, ovvero la memoria dell’Amore Trinitario. Diodato si interroga fino alla fine del testo se tale rumore “mi fa bene”, ma esso è talmente pieno di una presenza – anche se non se ne coglie da subito l’effetto benefico - che certamente risulta più amabile di un silenzio sinonimo di assente indifferenza. Conosciamo quanto di frequente accostarsi a Dio – o meglio lasciarsi da lui toccare – possa avere anche l’effetto del sale che purifica le ferite dell’anima o del tizzo rovente che le rimargina. Eppure l’uomo – più o meno consapevolmente – cerca e desidera tale presenza salvifica, aperta sicuramente alla vita e alla Risurrezione, piuttosto che l’assordante silenzio di un’assenza egoica e ripiegata su se stessa. In questo senso il testo della canzone si apre a molte declinazioni spirituali e pastorali. Soprattutto dentro al panorama giovanile: intreccio e incontro di silenzi e di rumori dove solo apparentemente Dio fatica a farsi sentire. Una pista pastoralemte fruttuosa – visto anche l’approssimarsi del tempo liturgico della Quaresima – potrebbe essere quella di un accostamento del testo della canzone alle situazioni di vita dei nostri ragazzi, quotidianamente immersi in quella che Papa Francesco chiama ‘la piazza virtuale’ (Christus Vivit). I social media infatti, le piattaforme social, possono essere un ambiente ‘bulimico’ di rumore (bombardamento di messaggi/immagini) ma ‘anoressico’ di contenuti che saziano autenticamente il cuore dei ragazzi. “Fai rumore”: ovvero immergersi nel silenzio, nel digiuno dalla confusione, per ascoltare la voce di Dio che sempre parla dentro le pieghe dell’esistenza. Sempre Papa Francesco nell’ultimo messaggio per le Comunicazioni Sociali ha centrato l’attenzione sull’esperienza della narrazione, dello storytelling: il racconto. Una canzone è anch’essa narrazione: di un vissuto, di un sentimento, di un moto spirituale. In tale senso possiamo leggere l’iniziale invito di Sant’Ignazio – nella sua speciale vocazione di apertura all’umano – a cercare Dio e a farlo ‘dentro’ e ‘a partire’ da ogni realtà umana: anche da una semplice ‘canzone’.
Don Andrea Verdecchia
Direttore Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali
FAI RUMORE
Sai che cosa penso?
Che non dovrei pensare
Che se poi penso sono un animale
E se ti penso tu sei un'anima
Ma forse è questo temporale
Che mi porta da te
E lo so, non dovrei farmi trovare
Senza un ombrello anche se
Ho capito che
Per quanto io fugga
Torno sempre a te
Che fai rumore qui
E non lo so se mi fa bene
Se il tuo rumore mi conviene
Ma fai rumore, sì
Che non lo posso sopportare
Questo silenzio innaturale
Tra me e te
E me ne vado in giro senza parlare
Senza un posto a cui arrivare
Consumo le mie scarpe
E forse le mie scarpe
Sanno bene dove andare
Che mi ritrovo negli stessi posti
Proprio quei posti che dovevo evitare
E faccio finta di non ricordare
E faccio finta di dimenticare
Ma capisco che
Per quanto io fugga
Torno sempre a te
Che fai rumore qui
E non lo so se mi fa bene
Se il tuo rumore mi conviene
Ma fai rumore, sì
Che non lo posso sopportare
Questo silenzio innaturale tra me e te
Ma fai rumore, sì
Che non lo posso sopportare
Questo silenzio innaturale
E non ne voglio fare a meno oramai
Di quel bellissimo rumore che fai
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