Archivio Notizie dalla Diocesi
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Il racconto di don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di Capodarco, e il suo sogno di una rinascita dei piccoli paesi della montagna fermana
È stata una bella fatica, per me don Franco di Capodarco, partecipare alla processione che si sviluppava dalla chiesetta, l’unica che ha resistito al terremoto, la Madonna del Monte, verso il centro.
Una borsa pesantissima, ho resistito sino al Monastero delle Suore Benedettine. Era importante che ce la facessi perché rappresentavo, nella preghiera, un grande evento che ci doveva essere proprio il giorno della Festa con i Sindaci della Montagna, e che d’accordo con il Sindaco di Santa Vittoria in Matenano e il Vescovo di Fermo don Rocco avevamo rimandato, per prepararlo meglio a settembre.
Nella Chiesa strapiena della Madonna del Monte, con il simbolo bellissimo delle “canestrelle” delle donne giovani e non, che all’offertorio hanno adornato di fiori l’altare, tutte vestite di abiti bellissimi, in una liturgia potente e ben preparata dal parroco, con le parole appropriate al testo liturgico del nostro Vescovo, ho concelebrato con in mano un giornale, l’Avvenire del 20 giugno, l’avevo fatto vedere prima al Vescovo e lui sapeva che questo è il mio compito che l’articolo del giornale approfondiva, quello di dare con la Chiesa una speranza ai giovani sul loro futuro.
L’articolo riportava le parole del Papa che sta organizzando ad ottobre in Vaticano tutto un Sinodo straordinario per i giovani, ed io presente alla liturgia speravo di potere almeno nella preghiera dei fedeli, pregare per salvare attraverso i giovani, la nostra terra da pericolo della sua “desertificazione umana”, soprattutto dai giovani costretti a lasciare la nostra terra ed andare altrove a cercare futuro.
L’avevo vissuto al mattino stesso dialogando con una mamma che conoscevo, del destino dei suoi due figli costretti a migrare nonostante la loro preparazione e passione di lavoro. Ciò è assurdo con tutta la ricchezza di valori e di risorse che il nostro territorio offrirebbe. Se proprio dalle vicende del terremoto, insieme, con un empito di buona volontà di tutti, di una cittadinanza attiva “ricostruiamo la comunità”.
Era questo l’avvenimento che dovevamo vivere il giorno 20 prima della Processione con gli 11 Sindaci dei piccoli paesi della montagna fermana per lanciare il programma anzitutto nella preghiera.
Tanti erano già coinvolti come interlocutori attivi e disponibili, alcuni nel loro bisogno, come i genitori dell’Anffas Fermana, o come quelli di Montepacini di Fermo, bisognosi per il futuro dei loro figli disabili quando essi non ci sarebbero stati più. Bisogno da superare proprio con i giovani che nelle loro disponibilità sarebbero potuti essere gli interlocutori attivi del progetto e trovare così futuro.
Abbiamo tutto rimandato a settembre per prepararci bene a farlo. Era nel programma che io al mattino presto sarei stato a Santa Vittoria ma sul tardi sarei dovuto andare ad Ancona per coinvolgere nella Regione l’Assessore Loretta Bravi, martedì sera ero stato a far conoscere il progetto dal Prefetto di Fermo, Maria Luisa D’Alessandro, che ho trovato disponibile a dare una mano ai Sindaci. Ma sono rimasto a Santa Vittoria per l’appuntamento rimandato di Ancona, ed ho potuto così partecipare di più alla festa religiosa.
C’erano anche i Sindaci del Reatino, Monteleone Sabino e Castelnuovo di Farfa, e di Pisoniano (Rm), perché Santa Vittoria è la patrona anche di essi, e i monaci Farfensi che nella storia ci hanno unito al Lazio proprio attraverso Santa Vittoria, sono ora il monito che tutti i Sindaci devono recepire, sul loro esempio, per ricostruire nelle Marche unite al Lazio, il valore dell’accoglienza che l’agricoltura può offrire oggi, anche per le persone in difficoltà come è il senso del nostro riprogettare la comunità.
Rifare la comunione tra gli uomini che oggi abbiamo perduto nel razzismo imperante. Sentire dagli anziani, come mi accadeva, il rifiuto assoluto dei migranti mi è stato veramente doloroso. Se dobbiamo lavorare seriamente in questo tempo di preparazione dobbiamo rifare la cultura cristiana dell’accoglienza. Nel rifiuto, che con la paura che ci hanno instillato verso il diverso, anche il problema di avere emarginato i nostri giovani dal loro futuro, nell’egoismo, nell’indifferenza, nella passività verso i problemi sociali, nella corruzione imperante di una politica personalistica, è lo scotto di una inciviltà che stiamo tutti vivendo e che ci avvolge in una grande negatività.
Di una Europa persino che non corrisponde più agli ideali cristiani, per cui abbiamo abbandonato i giovani a sé Stessi, al nichilismo di molti di essi che non studiano e non lavorano senza prospettive.
Era bello lo spettacolo delle canestrelle, ma forse era pura ritualità. L’unica giovane che seguiva la processione si sentiva, pur nella sua fede a cui non voleva rinunciare, stonata e a disagio per la sua solitudine. E su ciò che stiamo tradendo i valori cristiano e l’articolo che portavo e di cui volevo esprimere il valore nella preghiera diceva proprio il valore della Chiesa che vuole aiutare i giovani a sognare cose grandi.
Papa Francesco ce lo dice da anni. Tocca a noi, aiutando le istituzioni a renderlo vivo, sostenendo la speranza dei giovani che si è attenuata. La Speranza è la virtù bambina che cresce se c’è fede ed amore forti a sorreggerla, come un bambino tra le mani dei genitori e che li spinge ad andare avanti perché è sicuro nelle loro mani, le mani della Fede e dell’Amore che devono nutrire la Speranza. Questa è la crisi che abbiamo da risolvere più di tutto. Tutti siamo responsabili di ricreare un Cristianesimo in cui si affronti il Sociale e lo si rilanci anche come lavoro possibile per i giovani.
Il nostro Progetto vuole che a settembre a Santa Vittoria, nel Palazzo Monti che il Comune ha, i giovani come hanno già elaborato possono gestire, aiutati da esperti, l’impianto e lo sviluppo del Distretto dell’economia sociale nelle Terre dei Farfensi, con i loro protagonismo e creatività, preparati e formati, ricostruire il sociale in un’economia che promuova la dignità delle persome deboli da accogliere con la loro progettualità possibile.
Affrontando i problemi scoperti di questa Società nelle emarginazioni che purtroppo ci sono. La Chiesa di Papa Francesco nelle sue idealità, ci può aiutare ma gli adulti ritrovino il loro spirito di veri cristiani, in un Cristianesimo non solo rituale.
Ci rivedremo così a luglio e agosto per realizzare a settembre veramente l’opera che ci avevamo proposta. A luglio il Festival delle Parole della Montagna a Smerillo sarà sulla parola “radici”. Approfondiamo la radice cristiana per non deludere la speranza dei giovani. Per parte mia per quello che posso cercherò di dare il meglio di me per la rinascita della nostra terra così come è stato il senso della mia partecipazione alla Processione.
Don Franco di Capodarco
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