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Al cuore della democrazia
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Il contributo dei delegati diocesani dell’Arcidiocesi di Fermo alla 50esima edizione della “Settimana Sociale dei Cattolici”, svoltasi a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024

Domenica 7 luglio si è conclusa a Trieste la 50esima edizione della Settimana Sociale dei Cattolici Italiani 2024, dal titolo “Al cuore della democrazia”. Anche l’Arcidiocesi di Fermo era presente con i suoi delegati diocesani: Marco Malaccari, Beatrice Ciavarella, Anna Rossi.

 

Scopo della settimana sociale è riunire i cristiani per ricercare insieme sempre nuove vie per costruire il Bene Comune.

 

Il titolo dell’edizione 2024, “Al cuore della democrazia”, vuole esprimere con forza l’idea che la democrazia deve essere al centro del nostro cuore e delle nostre attenzioni. Come ha affermato Michele Nicoletti, professore di Filosofia dell’Università di Trento, “se vogliamo andare al cuore della democrazia, dobbiamo avere la democrazia nel cuore”. Oggi purtroppo la democrazia è in crisi e soprattutto è in crisi la sostanza e la qualità democratica.

 

Ad aprire i lavori è stato invitato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale è tornato spesso, nel suo discorso, alla sostanza della Democrazia, sottolineando che essa deve garantire i diritti dell’uguaglianza tra cittadini italiani e stranieri. Egli ha inoltre ricordato i numerosi personaggi di ispirazione cristiana che hanno attuato la Democrazia, ponendo infine l’accento sul pericolo che la “democrazia della maggioranza” rischi di prevaricare e di non tutelare le minoranze. Dopo aver ringraziato le Settimane Sociali per l’impegno nei confronti della Democrazia, ha auspicato che molte persone possano partecipare a questo processo che parte dal basso, dall’ascolto dei bisogni.

 

Democrazia, infatti, vuol dire proprio camminare insieme; tutti devono partecipare alla vita democratica e devono avere lo stesso spazio di autorità e parola. Per fare questo, è necessario favorire una educazione all’ascolto; il passaggio dall’ “io” al “noi”, infatti, nasce dall’unione di consonanze e dissonanze, in un processo che non ignora i conflitti e che avvia processi partecipativi che hanno bisogno di essere supportati ed accompagnati.

 

In tutta la settimana sociale è riecheggiato il bisogno di partecipazione, di essere antenne per ascoltare i bisogni e le sofferenze delle persone senza diritti, intercettare i luoghi in cui la dignità umana è offesa. È emerso che il primo compito della Chiesa è quello di scrutare e leggere i segni dei tempi, partecipando attivamente e con responsabilità per rimettere al centro dell’agire il rispetto della vita umana, il rifiuto della guerra, la costruzione di percorsi di pacificazione, lo sviluppo umano integrale, la giustizia intesa come riparazione e l’uguaglianza sociale. Queste sono state le tematiche trattate nelle Piazze della Democrazia e nei Laboratori della Partecipazione durante la settimana.

 

La prof.ssa Annalisa Caputo dell’Università di Bari, ha indicato come abitare e costruire la casa comune della Democrazia. Ella ha individuato la causa della non partecipazione nel fatto che non ci si sente più parte di una storia più grande di noi e non ci si sente capaci di costruire un tessuto ecclesiale e sociale. Di conseguenza ha indicato come il compito dei cattolici sia quello di ricercare i fili mancanti, le persone che non hanno voce e che, invece, reclamano la partecipazione. Per recuperare le persone alla partecipazione va praticata “la democrazia del Noi”, che permette a ciascuno di sentirsi riconosciuto come soggetto; va dato spazio non tanto ai progetti, alla leadership, quanto al pensiero di ognuno, e curare tutte le relazioni e le reti che creano collante.


Il prof. Pizzolati dell’Università di Padova ha mostrato come, in questo momento, si stia andando nella direzione sbagliata nelle riforme istituzionali: egli ha affermato che la Costituzione fonda la Repubblica sul lavoro e non sul voto. Quindi al cuore della democrazia ci deve essere la partecipazione quotidiana dei cittadini alla costruzione della società. È necessario coinvolgere anche chi non vota, come i giovani e gli stranieri. Egli ha parlato di un popolo sovrano concreto, plurale, capace di tessere, attraverso la convivenza, le trame e gli orditi della società. Solo così si potrà avere una democrazia generativa e trasformativa.

 

Durante tutta la durata della Settimana Sociale, in ogni momento e luogo (al Centro Congressi, nelle “Piazze della Democrazia”, nei “Laboratori della Partecipazione”) è riecheggiato forte il bisogno della partecipazione a difesa della Democrazia.

 

Da 50 anni la Settimana Sociale dei cattolici è l’occasione che si dà la Chiesa per esprimere un proprio pensiero; il mondo è in continua evoluzione quindi se vogliamo dire qualcosa alla società in maniera efficace bisogna intercettare il linguaggio, le persone, i bisogni. Le comunità cristiane sono spazi dove ci si impegna per la vita degli altri: è necessario riconfigurare questi “luoghi” sulla base di un nuovo stile di rinnovata attenzione perché è in questi contesti che nascono le vocazioni alla vita politica. L'impegno della democrazia non deve mai rimanere estraneo alla vita cristiana.

 

Papa Francesco ha concluso la Settimana Sociale, incontrando i delegati delle varie diocesi d’Italia presenti alla Settimana Sociale e celebrando una messa in Piazza.

Nell’incontro al Centro Congressi, il Papa ha evidenziato alcuni punti essenziali: l’indifferenza come cancro della democrazia, l'invito alla partecipazione che va allenata con solidarietà e sussidiarietà perché la fraternità fa nascere i rapporti sociali; l’importanza di prendersi cura gli uni degli altri avendo il coraggio di pensarsi come popolo. In conclusione, ha riflettuto su come i cattolici non debbano accontentarsi di una "fede marginale", ma piuttosto essere “voce che denuncia e che propone”, in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce, agendo senza la presunzione di essere ascoltati ma avendo "il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico".

 

Egli ha sottolineato inoltre che “Trieste è un crocevia di popoli e di culture, terra di frontiera che parla di una nuova civiltà fondata sulla pace e sulla fraternità”.

La bellezza della città che mantiene viva, con le sue sculture ed architetture, la memoria delle culture passate ed ancora presenti in questa città, ha fatto da cornice al meraviglioso spettacolo delle buone pratiche di Partecipazione che da tutta Italia sono venute a Trieste a raccontare i valori e i mille modi della partecipazione.

 

Durante l'omelia invece, il Santo Padre ha ricordato il bisogno di una fede umana, che entra nella storia, che accarezza la vita della gente, che risana i cuori spezzati, che diventa lievito di speranza e germe di un mondo nuovo. L'infinito di Dio si occulta nella miseria umana, il Signore si rende visibile nella carne ferita degli ultimi, dei dimenticati, degli scartati. Noi solitamente ci scandalizziamo per piccole cose ma non ci sconvolgiamo delle problematiche inerenti al lavoro, alle sofferenze dei migranti. Perché restiamo indifferenti alle ingiustizie del mondo? Perché non contempliamo le miserie, il dolore, lo scarto di tanta gente nelle città? Abbiamo paura di trovare Cristo lì! Anche noi cristiani siamo chiamati ad essere come Lui, essere fedeli alla missione, essere profeti in tutte le situazioni che viviamo, in ogni luogo che abitiamo. L’augurio del Papa alla Chiesa di Trieste è stato quello di continuare a impegnarsi a diffondere il Vangelo della Speranza, soprattutto per chi arriva dalla rotta balcanica e per tutti quelli che soffrono.

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