Il pomeriggio di domenica 2 gennaio, con alcune famiglie ci siamo trovati in chiesa per avviare il “cammino sinodale”. Dopo aver richiamato la metodologia indicata nella lettera dell’équipe diocesana per il percorso sinodale, ciascuno ha risposto alle domande indicate nel testo del 13 dicembre: A) Con chi hai camminato e con chi stai camminando insieme in questo momento segnato dalla pandemia? B) Come desideri che la Chiesa ti sia vicina e possa camminare accanto a te? C) Ti senti coinvolto nella vita della comunità cristiana? Quali suggerimenti vorresti dare? Si offre di seguito una sintesi dell’ascoltarsi e parlarsi, dopo una preghiera iniziale.
Nella situazione che viviamo dobbiamo chiederci se stiamo facendo le cose importanti. Corriamo il rischio di farci sommergere da notizie negative e dimentichiamo la certezza dell’amore di Dio e la gioia che ne deriva. Dovremo invocare lo Spirito Santo affinché ci aiuti a superare le tensioni sorte, anche per le divergenti opinioni sui vaccini.
Dovremmo, insieme al coltivare la vita di fede, impegnarci a fare delle opere che mostrino la nostra attenzione a chi è in difficoltà, non solo economico. Lanciare ad esempio la proposta di una “banca del tempo” o mettere più a servizio degli altri le nostre qualità?
Molti hanno camminato in famiglia e da soli e non sempre ci si è sentiti coinvolti e per questo c’è bisogno di una “conversione del cuore e della mente” affinché siamo aiutati a sentirci maggiormente Chiesa coltivando quelle relazioni con gli altri che potrebbero di certo aiutare a vincere le paure e le preoccupazioni così diffuse.
La pandemia ha accresciuto la frenesia delle tante cose da seguire. Pur partecipando alla Messa e pregando, corro il rischio di perdere l’anima con la quale fare le cose. Pur sentendomi parte della Chiesa non riesco a fare molto in parrocchia per impegni di lavoro e di famiglia. Inoltre, devo dire che, come madre, sperimento il disagio di vedere dei figli che non partecipano … Forse potremmo impegnarci a rivolgere queste domande ai giovani, vedendo la loro assenza dalla vita della parrocchia.
Per chi ha sperimentato il covid, è cambiata la vita. Il senso di isolamento, rimane, anche guariti. Bisogna far crescere il senso della comunione e della condivisione, e questo è uno degli impedimenti a sentirci comunità. Bisogna tornare alla semplicità che è descritta negli Atti degli Apostoli.
Si partecipa alla Messa domenicale e si fanno diversi servizi in parrocchia, ma si desidera una Chiesa più trasparente e capace di azioni concrete che mostrino che non siamo “spenti”; una Chiesa madre che accoglie sempre e tutti, corregge ma non scaccia. I giovani sono spaesati per gli scandali riguardanti la Chiesa. Dovremmo impegnarci di più a testimoniare tra associazioni e movimenti la comunione e la vita del Vangelo. Si tratta di fare più insieme affinché la Chiesa sia sempre più attraente per i giovani; questo chiede agli adulti di vincere quel chiuderci in noi stessi e quel distanziarci che è devastante per una comunità, e essere più autentici nel testimoniare la presenza di Gesù. Dare l’esempio è decisivo per i giovani. Nella comunità bisogna cercare di coinvolgere ma è anche vero che le persone dovrebbero (accettare di) lasciarsi coinvolgere. Forse la seconda domanda doveva essere formulata diversamente, così sembra che la Chiesa non siamo anche noi.
Rocchi don Emilio