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Racconto del pellegrinaggio a S.Rita dei bambini di S.Caterina di Fermo
Siamo bambini e ragazzi della parrocchia di S.Caterina di Fermo, di età fra i quattro e i dodici anni, i figli delle comunità del Cammino Neocatecumenale. Vogliamo raccontarvi il pellegrinaggio che abbiamo fatto con il nostro parroco Don Sergio e con gli educatori. Vogliamo raccontarvelo perché è stata un’esperienza molto bella per noi, piena di allegria e di meraviglia, perché veramente siamo stati bene.
In quasi… perfetto orario, alle 7 del mattino di venerdì 2 settembre, siamo partiti in quarantatre, compreso il parroco e gli educatori, a bordo di un bel pullman verdemare, dalla nostra città di Fermo, diretti niente popò di meno che a Cascia, nel cuore dell’Umbria. C’era un bel po’ di strada da fare, ma il viaggio è sembrato più breve dei circa 150 km della cartina, grazie alle lodi fatte subito dopo la partenza e al successivo racconto di Don Sergio della storia di Santa Rita.
Abbiamo scoperto che la vita di questa santa donna è stata tutt’altro che una storiella qualsiasi, bensì un’umanissima vicenda terrena costellata da innumerevoli prodigi e miracoli, che le sono valsi il titolo di “santa dei casi impossibili”. In S.Rita, il Signore ci ha dato un meraviglioso esempio di Amore, che è sempre stato per lei forza vitale e guida in tutte le vicende della vita, prima come moglie e madre e poi come monaca agostiniana. In particolare, ci colpivano la sua disponibilità al perdono, il suo desiderio di pace e la sua capacità di vivere la sofferenza.
Giunti a Cascia verso le 9, una volta scesi dal pullman, ci siamo incamminati verso il santuario che abbiamo raggiunto in breve. Per prima cosa, abbiamo visitato il monastero agostiniano di clausura, dove S. Rita visse per quarant’anni.
Superata la porta di entrata, ci siamo trovati nell’antico cortile interno, dove abbiamo visto il pozzo da cui, secondo i racconti della tradizione, la novizia Rita attingeva l’acqua per innaffiare una pianta secca, come da comando della superiora. Dopo molti giorni in cui Rita, in umile obbedienza alla superiora, costantemente innaffiò, mattino e sera, la pianta secca, questa germogliò prodigiosamente producendo foglie, rami e succosi grappoli d’uva, a simboleggiare la fecondità spirituale di Rita. Una grossa vite di oltre duecento anni ricorda ancora oggi quel prodigio.
Poco distante, abbiamo visto l’antico muro in pietra con i fori ancora oggi abitati dalle cosiddette api murarie, protagoniste di un miracoloso fioretto quando Rita giaceva ancora nella culla, appena nata.
Attraverso una porta, abbiamo avuto accesso al Coro Antico, abbellito da diversi dipinti sulla vita della santa, coro nel quale Rita fece la vestizione come monaca e ove pregava giorno e notte assieme alle sorelle della sua comunità.
Superata una scalinata, siamo giunti nell’Oratorio del Crocifisso, dove abbiamo visto l’antico affresco di Gesù sulla croce, dal quale S.Rita ricevette una stigmata sulla fronte mediante una spina che si staccò dalla corona sul capo di Cristo.
Riscendendo, abbiamo visto una cella con le reliquie della santa: l’anello nuziale, la corona del Rosario e l’urna dorata bellissima, dove riposò per alcuni secoli il corpo di S.Rita. A fianco, la sua cella, povera e angusta ma pregna di santità, ove abbiamo contemplato altre reliquie: la tonaca, il velo e le fasce usate per tergere la stigmata sulla fronte, nonché l’importante sarcofago di legno interamente dipinto, ove fu riposto inizialmente il corpo della santa alla sua morte.
Prima di uscire, abbiamo visto diverse altre tele, fra cui quella del prodigio della rosa e dei due fichi, al cui ricordo è stato piantato un magnifico roseto che abbiamo potuto ammirare all’uscita del monastero.
Ci raccontava Don Sergio: “…Nel più aspro rigore dell’inverno, essendo ogni cosa ricoperta dalla neve, una parente di Rita le fece visita sul finir della vita. Nel congedarsi, le chiese se desiderasse qualcosa della sua casa di Roccaporena e Rita rispose che le sarebbe piaciuto avere una rosa e due fichi dal suo orto. La parente obiettò che si era in pieno inverno e quindi ciò non era possibile, ma Rita insistette. Tornata a Roccaporena, la parente si recò nell’orticello e sulle spine spoglie e cariche di neve del rosaio, vide una bella rosa sbocciata, e sulla pianta del fico due frutti ben maturi. Stupita a quella vista, colse il fiore e i due frutti miracolosi e li portò a Rita, fra la meraviglia delle consorelle”.
All’uscita del monastero, siamo entrati nell’adiacente Basilica, una meravigliosa chiesa, piena di luci e di colori, dove ci ha colpito tantissimo il corpo di Santa Rita posto in un’urna di cristallo: un enorme stupore ha colto tutti noi nel vedere quel corpo rimasto prodigiosamente “incorrotto” (ci ha spiegato Don Sergio), assolutamente intatto a distanza di oltre 500 anni dalla morte avvenuta il 22 maggio 1447.
Con compunzione e in devoto silenzio, siamo rimasti a lungo in preghiera davanti a Santa Rita e tutti le abbiamo chiesto l’intercessione presso il Signore per una grazia. Siamo sicuri che ci abbia ascoltato, se non altro perché le stavamo molto vicino mentre lei riposava nella sua urna, come dormendo dolcemente.
Infine, ci è rimasto giusto il tempo per ammirare le bellissime cappelle e absidi piene di affreschi e dipinti della Madonna, di Gesù e di molti santi, le splendide volte, le vetrate colorate e le sculture di bronzo, tutte accomunate in un insieme di armonia e vivacità di colori che riempivano il cuore di festa e di pace.
All’uscita, abbiamo fatto ritorno al pullman che in breve ci ha portati a Roccaporena, il paese natale di Santa Rita. E’ un piccolo villaggio incantevole, ben curato, immerso in un ambiente naturale incontaminato, su di un verde pianoro racchiuso fra le rocciose pareti delle colline circostanti.
Non ci è stato difficile trovare un provvidenziale spazio-giardino dove ci siamo fermati per consumare il tanto desiderato pranzo al sacco. Poi, mentre i “grandi” si riposavano all’ombra degli alberi, noi “piccoli” ne abbiamo approfittato per correre e giocare un po’, anche divertendoci, data la calura, con l’acqua di una fresca fontana.
Nel pomeriggio abbiamo visitato la casa in cui S.Rita abitò da sposata, prima di consacrarsi monaca. Infatti, Don Sergio ci ha raccontato che, ancora giovane, Rita fu data in sposa ad un uomo iroso e violento, di cui a lungo sopportò con pazienza i maltrattamenti, finché, mediante la sua dolcezza e sottomissione, lo condusse alla riconciliazione con Dio. In seguito, il marito le morì in circostanze tragiche e morirono per malattia anche i due figli avuti dal matrimonio.
Rimasta sola, Rita poté rispondere alla chiamata per la vita consacrata, vocazione che sempre sentì fin dalla tenera età. Non le fu per niente facile, però, essendo stata respinta, inizialmente, dal monastero cui si rivolse per essere accolta, a causa delle sue vicissitudini matrimoniali.
La tradizione narra come, tutte le notti, Rita si ritirasse in preghiera sullo “Scoglio”, uno sperone roccioso che s’innalza vertiginosamente sopra il borgo di Roccaporena. Una di queste notti, i suoi tre santi protettori, Sant’Agostino, San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino, la condussero prodigiosamente dallo “Scoglio” fin dentro le mura del monastero, introducendola a porte chiuse: quando le monache se la ritrovarono in preghiera nel coro, stupite per il prodigio e rapite dal suo sorriso, l’accolsero benevolmente fra loro.
Lasciata la casa di S.Rita, con in testa l’instancabile Don Sergio, ci siamo messi in cammino proprio verso la vetta dello “Scoglio”. Nonostante la pendenza del percorso ed il caldo non indifferente, abbiamo scalato i 120 metri di dislivello, raggiungendo la cima dello sperone, sulla cui sommità una cappella racchiude una grande pietra: l’altare del sacrificio e dell’amore di S.Rita a Gesù Crocifisso.
Dopo un breve riposo e dopo esserci dissetati alle freschissime acque di una fontana, abbiamo pregato con Don Sergio e gli educatori nella cappella, recitando un antico inno a S.Rita.
Terminata la preghiera, di gran lena abbiamo intrapreso la via del ritorno in giù verso il borgo. Naturalmente, la discesa è stata meno faticosa e più rilassante, dandoci la possibilità di ammirare il magnifico panorama tutt’intorno con viste mozzafiato che si aprivano fra gli alberi, dall’alto dello “Scoglio” giù per i ripidi pendii incombenti sui verdi prati del fondovalle.
Tornati al borgo di Roccaporena, abbiamo avuto un tempo per diverse attività… necessarie: la merenda, un po’ di riposo, giochi in libertà, acquisto di souvenir per i nostri genitori, e altro ancora.
Infine, risaliti sul pullman, siamo partiti per ritornare a casa. Anche durante il viaggio di ritorno, il tempo è passato in fretta, e in men che non si dica siamo arrivati a Fermo, la nostra cara città. Quando il pullman si è fermato davanti al supermercato vicino ai locali della parrocchia, i nostri genitori erano già belli “schierati” tutti lì in attesa, sicuramente con il cuore in ansia; ma appena scesi, ci siamo abbracciati e allora anche i più ansiosi si sono rasserenati e noi tutti eravamo felici di stringerci al loro abbraccio.
Cos’ha significato questo pellegrinaggio per noi bambini e ragazzi di S.Caterina? Innanzitutto, siamo rimasti sorpresi di come siamo stati bene per l’intera giornata senza le nostre cose quotidiane, e cioè la casa, il babbo e la mamma, i fratelli più grandi, ma anche la tv, i videogiochi, le vacanze, il mare, ecc. Inoltre, siamo contenti di aver fatto qualcosa senza l’immancabile e affettuosa protezione dei nostri genitori: per un giorno, siamo stati un po’ più “grandi” anche noi piccoli.
Indubbiamente, però, la cosa più bella è stata la conoscenza di questa donna così ricca di virtù quali l’umiltà e l’obbedienza, ma anche la fedeltà nel matrimonio e nell’unione al Signore, la fortezza nel sopportare le avversità e la sofferenza, la profonda disponibilità al perdono, il desiderio forte per la pace fra tutti gli uomini, la generosità nel servizio al prossimo e l’incrollabile attaccamento alla preghiera fiduciosa e incessante.
Insomma, veramente Santa Rita è per noi un modello bellissimo da imitare; da Cascia ritorniamo alla vita di tutti i giorni con una speranza nel cuore: lei ci aiuterà ad amare di più il Signore e il prossimo e a trovare la felicità vera per la nostra vita.
I bambini e i ragazzi della parrocchia di S.Caterina.
Dario Rinaldo Contarino
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