Archivio Riceviamo e pubblichiamo
Riceviamo e pubblichiamo
di Francesco Maria Moriconi
Gent.mi della Redazione,
vi scrivo per ricordare che il 1 aprile saranno 5 anni dalla morte del ns don Ettore Colombo.
Mi piacerebbe vederlo ricordare sulle pagine della VdM. Tutti voi lo conoscevate e apprezzavate, ma mantenere vivo il ricordo di un uomo così grande che è stato fra noi e con noi è fondamentale per chi non lo abbia mai conosciuto davvero. Eppure bastava poco per percepirne la profondità umana e spirituale. Io, per es,, ricordo ancora il primo giorno che ci incontrammo ed egli volle sottolineare il saluto prima di andarmene da casa sua con parola che suonavano più o meno così: "Ci siamo incontrati, guardati negli occhi, anche se non dovessimo più reincontrarci... ci siamo conosciuti." Come a sottolineare che quell'amicizia era già nell'eternità.
Da allora, anche grazie all'amico don Antonio Nepi che me lo aveva fatto incontrare, ho continuato a vederlo, a parlarci (era un vero ascoltatore), a confessarmi con lui (era un vero padre spirituale), a piangere con lui che piangeva con me (sapeva farsi immagine del Cristo in mezzo a noi). Aveva una parola ed un aiuto per chiunque. Prendeva a cuore le situazioni: i suoi amici, i suoi giovani seminaristi, i giovani sacerdoti che lui ha in certo senso allevati, gli scout, l'UNITALSI, i Monaci e le Monache. Stare insieme a lui dava la stessa impressione che, è stato scritto di recente in una biografia di Paolo VI, dava parlare con Papa Montini: ti dava la sensazione che fosse tutto per te in quel momento, che tu fossi il centro del mondo, come ognuno di noi è al centro del mondo perché il Padre ci tiene (amava ripetere don Ettore) sul palmo della sua mano, sua creatura amata.
"Ricordati che lui ti ama - mi ripeteva sempre-" Quanti ricordi vivi e che vivo dentro me e quanta tristezza in questi giorni di anniversario. Invidio chi lo ha potuto conoscere prima di me, ma me ne rimane tanto, tante frasi, tanti sorrisi appena abbozzati con delicatezza. "Custodisciti - mi diceva, salutandomi ogni volta che me ne andava da via Bertacchini; e ogni volta ne uscivo risollevato, ma anche con un po' di rimpianto di non potermi fermare ancora. E tutto questo non è che un pizzico della santità che ti faceva percepire. E non mi vergogno di dire che a volte, scendendo per i vicoli che portano a casa sua, vado a suonare, pur sapendo che non si affaccerà più dalla sua finestrella.
Saluti
Francesco Maria Moriconi
Porto San Giorgio, 26 gennaio 2012
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